Questo corpo che fu un corpo non vagherà più lungo il Tigri e l'Eufrate.
Raccolto da una pala che non si ricorderà più di alcun dolore
messo in un sacco di plastica nero
questo corpo che fu un'anima, un nome e un viso
ritorna alla terra delle sabbie
detrito e assenza.
Questo corpo che fu una parola non guarderà più il mare pensando a Omero.
Non si è spento. E' stato colpito da una scheggia del cielo che ha spezzato la parola e il fiato.
Questi cristalli confusi alla sabbia sono le ultime parole pronunciate da questi uomini senza armi.
Questo corpo che fu un riso
brucia adesso.
Ceneri portate dal vento fino al fiume
e l'acqua le riceve come i resti di lacrime felici.
Ceneri di una memoria dove si delinea una piccola vita ben semplice,
una vita senza storia, con un giardino, una fontana e qualche libro.
Ceneri di un corpo sfuggito alla fossa comune
offerte alle tempeste di sabbia.
Quando il vento si leverà, queste ceneri andranno a posarsi sugli occhi dei vivi.
Costoro non ne sapranno niente.
Cammineranno trionfanti con un po' di morte sul volto.
Tahar Ben Jelloun
Tahar Ben Jelloun è considerato in Europa il più famoso scrittore del Maghreb. Marocchino, vive a Parigi. I versi che presentiamo sono tratti dall'inizio di un lungo poema al quale Ben Jelloun sta ancora lavorando. Partendo dalle immagini dei corpi carbonizzati dai bombardamenti su Baghdad, Ben Jelloun ricostruisce quel che è stato, prima della guerra, uno di questi corpi ora ridotto in cenere.
Il pensiero va a tutti i morti senz'armi provocati prima, durante e dopo questa ormai dimenticata operazione di polizia del nuovo ordine mondiale...
in Lotta come Amore: LcA giugno 1991, Giugno 1991
Luigi Sonnenfeld
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