Una scuola per la Pace

In questi mesi travagliati dal dopo guerra del Golfo, dalle sue amare conseguenze per il popolo Kurdo e per tutta la popolazione dell'Irak, dal protrarsi della situazione di guerra quotidiana fra israeliani e palestinesi, dalle vicende somale, etiopiche... è venuta maturando l'idea di costituire in Versilia una "scuola popolare per la pace" come strumento permanente che aiuti ad approfondire i problemi legati alla convivenza umana costruita sulle ragioni del dialogo, della comprensione, della giustizia e non su quelle della forza e del potere. Questo progetto è appena agli inizi e la speranza alimenta il desiderio che sia possibile realizzarlo insieme a tante persone della nostra città e "dintorni": mi sembra un progetto che cammina sulla linea di quella Lotta come Amore che è sempre stato il filo rosso di tanti ideali, sogni, utopie, piccole ma significative realizzazioni.
Per questo vorrei condividere con gli amici qualche pensiero intorno a questo piccolo progetto, perché pensare ad una scuola per la pace mi sembra cosa interessante e nello stesso tempo può accendere qua o là la fantasia per dei suggerimenti, illuminazioni, idee, intuizioni... La parola "scuola" in questo progetto assume un significato molto largo, poiché vorrebbe esprimere il tentativo e la possibilità offerta a più gente possibile di leggere i fatti, i problemi, le ricerche del presente, in una luce di seria conoscenza, comprensione culturale, accoglienza che abbia la caratteristica di essere profondamente "umana". Per abbattere i muri di ogni genere che inevitabilmente producono e rafforzano le ragioni della guerra è senza dubbio importante conoscere più in profondità la realtà umana,economica, politica che ci circonda. Una maggiore conoscenza reciproca, a tutti i livelli, può aiutare a scoprire che in definitiva è della pace che tutti abbiamo bisogno e che solo la pace, intesa come totale capacità di accoglienza, di integrazione, di rispetto della diversità, di sforzo verso una "unità" più grande, è la vera condizione di una piena umanità: mi è rimasta nel cuore una frase molto "vera" di Sirio che esprime intensamente questo pensiero: "Non c'è umanità se non c'è pace".
Lo strumento della scuola per la pace vorrebbe tentare di mettere in movimento una serie di energie sul piano della conoscenza e sul piano dello scambio delle idee, del dialogo, dell'incontro fra la gente che vive in uno stesso territorio per riuscire a non lasciarsi ingabbiare in quella logica di massa che può portare a dare il proprio consenso a ciò che in realtà è totalmente falso, ingiusto, assurdo, inutile e disastroso.
Un esempio per me molto significativo è il discorso che ormai si va facendo con disinvoltura sulla necessità di un "esercito professionale" al posto dell' ormai logoro esercito di leva. Dal punto di vista di una politica di pace, di rapporti tra i popoli basati sul reciproco rispetto e sulla fraterna solidarietà, sullo scambio delle culture e delle loro risorse. questo progetto di un esercito di professionisti bene addestrati ed armati, pronti e disposti senza dubbi morali ad intervenire là dove venga loro ordinato perché quello è il loro "mestiere" (così si è espresso tranquillamente il comandante italiano dei Tornado) è una scelta che non può che aumentare lo spirito di guerra e un atteggiamento generale di dominio del più forte.
Guardare sinceramente alle ragioni della pace, ad un modello di rapporti quotidiani, nazionali, internazionali, che vadano nel senso dell'incontro, dello scambio, del "mutuo soccorso", non può che fare sognare ad un popolo senza esercito, senza armi, senza strutture legalizzate ad esportare la morte e la distruzione in nome del diritto e della democrazia, della libertà e addirittura della pace. Questa utopia di un popolo "disarmato" militarmente credo meriti di essere costruita attraverso strumenti di vario genere; uno di questi potrebbe essere questa scuola per la pace che diventi lo spazio culturale in senso più ampio possibile ("popolare") in cui poter scoprire che la guerra fra i popoli è una delle più grandi assurdità della storia umana e non una necessità storica. In tutti i tempi la guerra ha rappresentato una tragedia senza fine, non ha risolto i problemi per cui era stata voluta e comunque ha sempre richiesto un prezzo che solo una "cultura folle" può ritenere giusto e doveroso. Questo tipo di cultura della guerra come "necessaria, giusta e doverosa" è realtà molto attuale: la sua ultima manifestazione si è avuta con il rientro dei soldati americani dal Golfo accolti come eroi e difensori della democrazia e del diritto violato.
Può essere allora apprezzabile e da sostenere con tenacia e decisione questo tentativo di progettare uno strumento che faccia crescere una cultura di pace, di conoscenza dei problemi reali che fondano i rapporti tra i popoli, di presa di coscienza di quanto il nostro modo di vivere, la nostra economia, il nostro spreco, il consumo dei beni della terra da parte di noi "nordisti" sia in stretta rela-zione e debba fare i conti con la situazione di povertà, di sfruttamento dei paesi del sud del mondo. Se questa presa di coscienza è sincera e senza preconcetti, può certamente contribuire a preparare un terreno di incontro e non di contrapposizione: essa può aiutarci a scoprire che il "nemico" non va cercato "fuori" ma "dentro" le maglie intricate del sistema sociale in cui tutti siamo compromessi a diversi livelli. Si tratta senza dubbio di uno sforzo collettivo di liberazione da un sistema di vita che ci costringe a star bene nel senso materiale e di quantità) sulla pelle milioni di uomini sottomessi all'impoverimento e alla sudditanza politica. Forse la scuola per la pace potrebbe venirci in aiuto nella scoperta più chiara e documentata di quanto il "nemico" da battere e sconfiggere (per usare termini della cultura militare) non vada tolto di mezzo con armi ancora più precise, chirurgiche e tecnicamente più avanzate, ma cambiando i rapporti sociali, il sistema economico, il modo di procurarci le materie prime, le relazioni commerciali, una "diminuzione generale dei bisogni" - come insegnava il mahatma Gandhi e molto prima di lui il Signore Gesù - piuttosto che uno stile vita basato sull' accumulo e sul consumo sen misura. Il nemico da battere e' senza dubbio il modello di sfruttamento capitalistico, il sistema militare, la cultura della forza e della potenza, l'assoluto dominio del denaro e de finanza. C'è una grande "scuola" che prepara ed alimenta questo tipo di cultura e sorregge efficacemente questa costruzione sociale e storica: questa scuola produce guerra a tutti i livelli, sia sul piano dell'esistenza quotidiana sia nei grandi rapporti internazionali.
Non sono così ingenuo da pensare che la futura, sperata, desiderata "scuola per la pace" della Versilia possa riuscire ad arrestare la crescita di un modello di vita e pensiero che innesca meccanismi di potere economico e politico capaci di un "dominio a dimensioni mondiali": essa può essere vista come la piccola pietra nascosta nella fionda del giovane pastore David, oppure come seme della quercia robusta che germoglia lentamente affondando le radici dentro buona terra. Oppure, anche come il "lievito" di memoria evangelica che ha l'energia capace di fermentare una grande massa di farina: è dalla sua segreta ed invisibile potenza che ne verrà del buon pane. La scuola per la pace dovrebbe appartenere a quel genere di cose che aiutano a riprendere coraggio, a riaccendere speranze, a dilatare orizzonti, a far scoprire nuove possibilità di rapporti e di progetti concreti. In un dizionario che si rispetti, l'espressione "scuola per la pace" dovrebbe trovarsi fra i diversi significati di parole come". "lotta", "resistenza", "utopia", "futuro": essa nasce sicuramente dalla stessa sorgente da cui è scaturita la vita. Se la guerra rappresenta in così larga parte il passato recente e lontano della storia umana, non c'è che la pace - nella sua pienezza e profondità - a dare Speranza per il presente e il futuro.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA giugno 1991, Giugno 1991

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