Lettera aperta a Mons. Giovanni Marra

Vescovo Ordinario militare

Eccellenza,
mi sono deciso a scrivere questa lettera "aperta" dopo aver atteso inutilmente segnale di cambiamento di rotta da parte dei cappellani militari italiani e soprattutto da parte sua che è il vescovo e quindi "il pastore di quanti, o per scelta professionale o per adempiere gli obblighi di leva, vestono la divisa militare" (così è scritto in modo molto preciso sul settimanale "Toscana oggi" del 3/2 91 all'inizio di una intervista con lei).
Quando parlo di "un segnale" di cambiamento mi riferisco a scelte e indicazioni molto diverse da quelle fatte da lei stesso nella sopracitata intervista di fronte a tutto ciò che di terribile, di disumano, di assurdo è accaduto dal 15 gennaio fino al momento in cui mi sono messo a scrivere. Per liberare il Kuwait dall'esercito iracheno è stata messa in opera la distruzione massiccia delle così dette "infrastrutture" nel territorio dell'Irak e si è cominciato con il durissimo bombardamento di Bagdag, per proseguire senza sosta su questa strada criminale rovesciando sul territorio e sulla popolazione un carico di morte superiore a quello di tutta la seconda guerra mondiale. Di fronte a questo fatto di una gravità spaventosa ho sperato che da parte sua e dei sacerdoti cappellani militari venisse un segnale di rifiuto, di respinta, di "obiezione di coscienza". Un invito evangelico chiaro e preciso ai capi di stato maggiore con i quali lei ha pregato il 13 gennaio nella chiesa di S. Caterina a Roma, ponendo giustamente una domanda che però non ha avuto alcuna risposta: "Può oggi la guerra essere considerata uno strumento moralmente accettabile, quando si conoscono le conseguenze drammatiche che essa comunque comporta per vincitori e vinti, per colpevoli e innocenti?"
I due cappellani militari presenti nel Golfo, uno con la Marina ed un altro con il personale dell'Aeronautica, non avrebbero dovuto (almeno loro!) saper dare una risposta al suo preciso interrogativo, dopo che la "logica" della guerra totale contro l'Irak stava crescendo di giorno in giorno con partecipazione dei "nostri ragazzi"? Nessun segnale è venuto né da lei, eccellenza, né da loro. L'unico che ha rotto questo assurdo silenzio è stato il contro ammiraglio Buracchia che ha "osato" dichiarare che questa guerra poteva essere evitata e, per questo, è stato rimosso dall'incarico. Speravo che almeno lei che è il "suo" vescovo lo appoggiasse pubblicamente, riconoscendo il valore della libertà di pensiero e di parola che è garantito dalla nostra Costituzione ad ogni cittadino. Non mi risulta che nessuno dei cappellani italiani (dovrebbero essere circa 200) abbia speso una parola pubblica per questo loro illustre "parrocchiano".
Eccellenza, questa mia lettera vuol essere portatrice alla sua coscienza di vescovo di domanda che riguarda tutta la comunità cristiana, tutta la Chiesa del Signore Gesù.
La domanda è semplice; ed anche la risposta sarebbe semplice, se andassimo ad attingere le parole alla Sorgente viva e vera: "Un cristiano può partecipare alla guerra, a questa guerra, a qualsiasi guerra, senza tradire e calpestare il suo Dio che da millenni ha proclamato "NON UCCIDERE"? Che cosa ci vorrà ancora di atroce, di assurdo, di folle, di immorale per ritrovare la chiarezza di una coscienza cristiana che dichiari la guerra "fuorilegge" almeno per coloro che intendono seguire la via indicata dal Vangelo di Cristo?
Mi hanno veramente impressionato le sue parole riportate nell'intervista di "Toscana oggi" alla domanda che le è stata fatta "Cosa si sente di dire ai giovani che in questo periodo sono impegnati in operazioni militari o che comunque corrono il rischio di esservi coinvolti", lei risponde in maniera davvero preoccupante: "Prima di tutto invito a pregare per la pace... Al giovane dico che compia il proprio dovere e che abbia il coraggio di compierlo, perché nella vita ci sono momenti in cui non ci si può tirare indietro. Quindi davvero non mi sento di invitare né all'obiezione di coscienza né tanto meno alla diserzione come qualcuno ha fatto. Li invito a pregare, ad essere sereni ed anche ad avere il coraggio di essere cittadini dell'Italia e del mondo in quanto parte delle Nazioni Unite".
Devo dire che da un vescovo, anche se della diocesi militare, in questo momento della storia mi sarei aspettato un "invito" molto diverso: che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini che ordinano di distruggere e di uccidere; che il "giovane cristiano", anche se è militare, deve amare i propri nemici (ammesso che ne abbia) e non rendere male per male; che "uccidere" è sempre un gravissimo peccato contro Dio e contro l'Umanità (infatti coloro che uccidono si chiamano "criminali"). Le sue parole, eccellenza, potevano star bene in bocca ad un generale (americano, iracheno, italiano, francese, inglese, israeliano...) oppure a qualcuno dei nostri politici che non hanno esitato a calpestare la Costituzione della Repubblica nata dai milioni di morti della seconda guerra mondiale.
Credo che le sue parole spieghino molto bene l'atteggiamento tenuto da tutto il gruppo dei cappellani militari italiani nei confronti dei "nostri ragazzi" di leva e di professione inviati nel Golfo o rimasti nelle caserme: a me pare che "nei fatti", nelle scelte concrete sulle quali si misurano i valori profondi che danno senso alla vita, la sua posizione sia una completa smentita della stessa "linea" portata avanti dal papa Giovanni Paolo II. Ma soprattutto viene rimessa in gioco la "credibilità" di una Chiesa che mentre prega Dio per il dono della pace, dà il benestare ai giovani di far tuonare i cannoni in obbedienza "alla patria e alle Nazioni Unite".
Questo "nodo" va sciolto: le chiedo di fare il possibile perché si apra in tutta la Chiesa italiana un capitolo nuovo, diverso, che renda onore a tutto il messaggio di pace e di verità portato da Gesù Cristo e pagato da Lui sulla croce.
Nessun cristiano e tanto meno nessun vescovo può permettersi di legittimare la guerra e l'obbedienza delle coscienze a chi la comanda e la impone, senza negare le proprie "radici cristiane".
Bisogna sciogliere coraggiosamente questo nodo secolare perché sia possibile ritrovare la limpidezza della scelta cristiana: "Non si può servire a due padroni"; non si può amare la pace e nello stesso tempo fare la guerra; non si può pregare il Dio della Vita e nello stesso tempo seminare la Morte.
Questo nodo va sciolto, questo "muro" va finalmente abbattuto, per la gioia di tutti i popoli: e penso che sarebbe bellissimo che i primi a prendere il piccone in mano fossero proprio i cappellani militari guidati dal loro vescovo.
Eccellenza, se un giorno dovesse prendere questa evangelica decisione, vedrà che saremo in tanti a darle una mano.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA marzo 1991, Marzo 1991

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