Non mi posso dimenticare la dolcezza solenne del deserto di Giuda, il suo vasto silenzio, l'ombra delle sue pietrose colline che si distendevano piano piano davanti alla luce del sole del mattino.
Ho avuto la gioia di fare una lunga camminata pochi giorni prima di rientrare a casa, in completa solitudine, lungo le stradine segnate dalle capre e dai pastori beduini in quella parte di deserto che scende da Gerusalemme verso Gerico (la tradizione vi colloca il luogo dove Gesù ha ambientato la parabola del "buon samaritano"), Volevo arrivare fino al monastero di S. Giorgio in Kossiba, antichissimo luogo di preghiera chiuso fra le rocce che lo sostengono e lo raccolgono come un bimbo nel seno materno. Ho camminato senza fretta, lasciandomi andare alla dolcezza di un mattino luminoso di sole, all'azzurro limpidissimo di un cielo vasto e profondo, all'onda di pensieri di pace, di ascolto, di accoglienza, di comunione con ogni essere. Il deserto ha una voce potente, anche se espressa col suo tenero linguaggio di silenzio e di "assenza" quasi assoluta. E' un silenzio che può diventare miracolosamente "parola" ed è assenza che si può manifestare come dolcissima "presenza". Forse è per questo che Mosè vide e ascoltò il Dio Vivente nella grande solitudine del Sinai; ed è sicuramente per questo che i profeti parlano spesso di un "ritorno al deserto" del popolo infedele al suo Dio. "Ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore": è stato molto bello camminare una intera mattinata, passo dopo passo, nella fresca brezza delle prime ore del giorno e poi nella forte fiamma di un sole bruciante, con l'anima dilatata ad accogliere, ad ascoltare, a percepire questo "sussurro" del mistero profondo dell'esistenza che saliva da quelle colline d'argento che si perdono fino alla profonda vallata del Giordano. Ricordo soprattutto lo splendore della luce, il riverbero del sole sulle pietre, la gioia di una palma fiorita lungo uno straordinario canale d'acqua che circonda la vallata, passa dal monastero e discende fino alla pianura di Gerico. "Fiorirà la steppa, germoglierà il deserto": miracolo stupendo quello di un piccolo corso acqua che scende cantando la sua viva canzone in mezzo al "niente". Parabola indimenticabile di Colui che è "acqua viva" e nutre e da forza a qualsiasi solitudine che si apre ad accoglierlo e a lasciarsi abbracciare come una sposa dal suo amato sposo.
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Questa visione del deserto l'ho raccolta primi giorni di agosto della scorsa estate... Ora invece in tutto questo tempo crudele che ci è precipitato addosso col la guerra del Golfo, il deserto visto da lontano, immaginato come spazio privilegiato dell'incontro e della scoperta dell'essenzialità della vita, ha rovesciato totalmente la sua immagine. "Tempesta nel deserto", "scudo nel deserto": parole nate dalla fantasia malata dei generali e degli strateghi che hanno definitivamente sconsacrato quello spazio divenuto ormai "teatro di guerra". Ho visto immagini di quel grande deserto arabico solcato dai carri armati, dai camion militari, calpestato da uomini in armi pronti ad uccidersi per' "pezzo di terra".
Il silenzio ormai è stato rotto dal rombo supersonico dei bombardieri carichi dì tonnellate di bombe: uccelli di morte costruiti da abilissimi ingegneri e operai, guidati da piloti eccellenti, miracoli di scienza e di tecnica. " Il deserto fiorirà...": dopo questa sciagurata e folle "operazione di polizia" nata e cresciuta fra mille inganni e bugie senza fine, il deserto non richiama più spazi stupendi di silenzio dolcissimo, vuoto ricolmato di pienezza e di luogo adatto all'incontro e alla comunione con l'Eterno Vivente.
Ora il deserto è divenuto luogo maledetto, simbolo di morte, di distruzione, campo seminato di odio e di assurda violenza.
Sento con estrema chiarezza che l'unico deserto da custodire con tenace gelosia è il deserto cuore, dell' anima, della coscienza. Solo lì, nell'intima e fragile profondità del proprio essere, nello spazio segreto del proprio mistero, può stabilirsi l'ascolto e l'incontro, l'accoglienza e l'intesa, la fioritura e la crescita di ogni valore buono e autentico. L'incontro con Dio, Creatore e padre, come con ogni essere vivente è "dentro" il deserto del proprio cuore. che può. e deve avvenire. Nell'immenso spazio della mia fragilissima anima, fra le sabbie così evanescenti del mio "io" mi è consentito pronunciare parole di pace, di amore, di fraternità, di tenerezza, di rispetto, di giustizia, di comunione con tutti. E' "dentro" che sempre più mi rendo conto occorre avere una sorgente d'acqua viva a cui poter attingere nei momenti in cui tutti pretendono di vendere l'acqua marcia dei propri inganni e delle proprie terribili strategie di potere. Bisogna imparare a custodire sempre più questo "spazio sacro" della propria anima, della mente, dello spirito da ogni tentazione di facile accondiscendenza alla cultura dominante, alla saggezza di questo mondo, alla logica raffinata dei maestri di turno.
Il deserto diventa, almeno per me, il mio stesso fragile e debolissimo essere in cui è necessario potermi guardare e scoprire quello che è vero, giusto. buono, autentico. E' lì dentro che scopro che la guerra non è necessaria, giusta, inevitabile, santa: la guerra è morte, è macchina ben studiata, progettata, voluta e messa in moto da uomini che sanno benissimo ciò che vogliono. Sono uomini costruiti da una cultura di potere, di forza, di culto idolatrico del denaro, di obbedienza alle leggi dello sfruttamento dei piccoli e dei poveri. Il "dio" di cui parlano e al quale si appellano (sia il "dio cristiano" o il "dio del Corano") non ha niente a che fare con il Dio Vivente, il Dio di Gesù Cristo, il Dio clemente e misericordioso, tre volte santo. E' il dio della morte e delle tenebre, non della vita e della luce.
E' nel deserto della mia anima che devo scoprire la forza di dire di "NO" alla cultura di morte espressa in concreto dai mercanti di cannoni, di carri armati, di bombe terrificanti, di missili, di additivi chimici e batteriologici. Ed è dentro di me, nel deserto della mia coscienza, che devo imparare a difendermi dagli ipocriti e falsi politici nostrani ed esteri, che tranquillamente prendono in giro la povera gente, il povero popolo di ora e di sempre, con i loro fumosi giochi di parole, rimbalzate in mille modi attraverso i mezzi di comunicazione. Devo fare "deserto" dentro di me, ascoltare la fragile voce dell'anima, lasciarmi andare alla "stoltezza" di una parola custodita miracolosamente in fondo alla caverna del cuore: "Non di solo pane vive l'uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". "Non uccidere... amate i vostri nemici... rendete male per male... Chi di spada ferisce di spada perisce... il lupo pascolerà con l'agnello... Non impareranno più il mestiere della guerra...". Sogni, utopie, speranze, poesia, esaltazioni: semplici verità come l'acqua di sorgente, il sole limpido al mattino, la musica della pioggia, il fragore del mare, la maestosità delle montagne, una stretta di mano sincera, gli occhi di un bambino, una rondine a primavera, una spiga di grano...
Nel deserto della mia anima, oggi (18 febbraio 91) ho fatto Pace.
Domani non so quello che accadrà: è una vigilia carica di attesa, di angoscia, di trepidazione. Pochi uomini hanno in mano la vita di migliaia di altri uomini. Pochi uomini possono decidere, nello spazio di questo giorno, la sorte di migliaia di altre vite e di una storia che sarà di sangue, di odio, di violenza e di morte, oppure far rinascere "dal deserto" il sogno della pace e della giustizia. E' un'attesa dura, opprimente. Non mi resta che incamminarmi nel deserto del mio cuore e chiedere al mio Dio "grande e misericordioso" di avere pietà di tutti noi.
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"Nel deserto
preparate la via
al Signore,
appianate nella steppa la strada
per il nostro Dio"
Isaia 40,3
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA marzo 1991, Marzo 1991
Luigi Sonnenfeld
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