Questo articolo prosegue il racconto che nel numero precedente era rimasto senza firma per un refuso tipografico. Ma sono certo che i lettori avranno riconosciuto in "Chiedete pace per Gerusalemme" la mano e soprattutto il cuore di Beppe. Credo che sia tutto allo scoperto - come sempre del resto in lui - il significato del viaggio compiuto quest'estate in Palestina: un lungo respiro a pieni polmoni che gli ha riossigenato il sorriso, la battuta e, perché no?, anche l'inguaribile ostinazione di essere se stesso. (Red.)
Sono salito una mattina, molto presto, sulla piccola collina che si alza dolcemente vicino alla bella abbazia trappista di Latroun, sulla strada che da Tel-Aviv conduce a Gerusalemme. Un amico mi ha dato un passaggio in auto fino al monastero alle prime luci dell' alba: piano piano, nella frescura del primo mattino, mi sono incamminato tenendo gli occhi fissi alle bianche case di Neve' Shalom - Wahat as-Salam (l'Oasi di pace) circondate di pini, cipressi e campi di olivi. Andando in Terra Santa mi ero proposto di fare una visita alla piccola comunità che da parecchi anni porta avanti tenacemente, il sogno di una pace possibile fra ebrei israeliani, palestinesi, musulmani e cristiani.
Mi sono messo in cammino su questo pezzo di terra sconosciuto ma al tempo stesso familiare: il luogo rassomigliava molto alla campagna in cui sono nato e cresciuto. C'era un silenzio bellissimo, abitato dal volo e dal canto di tanti uccelli. Ho fatto un largo giro intorno all' abbazia; sono salito sulla prima collinetta per dare un' occhiata al panorama. Da lì, ho visto uno dei monumenti più osceni alla guerra e alle vittorie militari: sopra una specie di obelisco, gli israeliani hanno voluto mettere in bella mostra una grossa autoblindo, armata di cannone. Praticamente, in prospettiva, questo "albero della morte" si trova di fronte alla bella facciata dell'abbazia di Latroun.
In mezzo a questi campi di olivi e di vigne, di grano e di frutteti, fu combattuta una delle prime durissime battaglie fra arabi e israeliani nel '48. Ho cercato di dimenticare, passo dopo passo, questa visione davvero assurda e mi sono lasciato andare a "pensieri di pace" . Volevo allargare il cuore alla visione dolce e buona del profeta Isaia che la comunità di Neve' Shalom ha voluto tentare di incarnare nella realtà di un piccolo popolo di famiglie "diverse" che cercano di vivere la vita nella dimensione della pace.
Quando sono arrivato in cima alla collina, le stradine del piccolo paese erano ancora deserte. Solo qualche operaio si stava mettendo proprio allora all'opera.
Un sorriso, un saluto con la mano, poi mi sono seduto in uno spazio verde, con l'erba rasata di fresco, sotto un pino bellissimo. Ho guardato con pace profonda tutta la pianura sottostante, verde di alberi e di coltivazioni. Il primo "shalom" (pace) l'ho ricevuto da un cane molto affettuoso che mi è venuto a salutare, scodinzolando come tutti i cani "buoni e pacifici" .
Sono stato in pace su questa "collina della pace" ed ho pensato con grande tenerezza a questa gente che ha tentato di dare corpo ad un sogno di convivenza e di fraternità in mezzo ad una situazione davvero difficile e poco aperta alla speranza. E' bello davvero attraversare il deserto e trovarvi un'oasi di pace e di riposo. Un piccolo spazio disponibile all'accoglienza, al dialogo, alla comprensione.
Quando il sole era già un po' più avanti nell'arco del cielo azzurro, senza ombra di nuvole, mi sono incamminato per le piccole stradine del villaggio.
Ho cercato di farmi capire, nonostante la non conoscenza della "lingua". Sono stato anche molto fortunato, perché ho potuto fermarmi nella piccola casetta dove ha la sua residenza il padre domenicano Bruno Hussar che è stato uno dei fondatori di Neve' Shalom. E' stato bellissimo poter parlare con lui, con semplicità, fiducia, realismo. Ma anche con molta speranza. Questo incontro inaspettato, mi ha riempito di forza interiore, mi ha fatto capire ancora una volta che i sogni si possono realizzare se ad essi si crede intensamente e profondamente; se si ha il coraggio di giocarvi con passione la propria vita. L'impossibile può divenire realtà.
Nella pienezza del sole, sono ridisceso piano piano verso l'abbazia di Latroun, biancheggiante fra gli olivi. Prima, però, mi sono fermato dentro la bianca "dumia"; una specie di iglù di cemento bianco, con molti oblò che lasciano filtrare con dolcezza la luce. E' uno" spazio sacro" dedicato al silenzio della preghiera, dell'adorazione, dell'ascolto di Dio. Nella diversità delle fedi, delle culture, delle storie, il "silenzio" vissuto insieme da gente che cerca una vita di pace, può essere un modo per pregare l'Unico Dio ed accoglierne il pressante appello alla riconciliazione, al cambiamento radicale, per una condizione umana abitata dall'amore e dalla giustizia.
Nel Villaggio di Neve' Shalom - Wahat as-Salam c'e' da molti anni una attiva scuola per la pace, attraverso la quale molti ragazzi e ragazze israeliani (ebrei e palestinesi) si incontrano, cercano di conoscersi e di capirsi. Da quando si è messa in moto l'Intifada, molti problemi si sono aggiunti sul piano della convivenza e dell' intesa. Nel bollettino che uno dei dirigenti del villaggio mi ha gentilmente donato ("lettere dalla collina", due numeri all'anno) ci sono molte interviste che affrontano questo complesso problema.
Mi è sembrato cosa buona proporre una di queste alla nostra comune attenzione.
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA dicembre 1990, Dicembre 1990
Luigi Sonnenfeld
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