...dagli amici

Carissimi,
nel nostro ashram, Swarga Dwar, tentiamo di fare il dialogo delle religioni, poiché abbiamo persone di diverse religioni e leggiamo insieme le differenti Sacre Scritture.
Sappiamo dalla nostra rivelazione che «Dio illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv. 1,9). Ogni uomo potrebbe accontentarsi della propria illuminazione, ma, comunicandoci le nostre esperienze interne, possiamo arricchirci vicendevolmente. Questo è quello che hanno fatto alcuni uomini che hanno avuto illuminazioni speciali. Così Abramo, Mosè, Gesù, Maometto, Zoroastro, Confucio, Krishna, Buddha ed altri che sono all'inizio delle grandi religioni. Nessuno si meravigli se abbiamo messo Gesù in linea con gli altri. Per dialogare bisogna sempre partire da un minimo comun denominatore: sono tutti uomini straordinari che han visto la realtà da un punto di vista particolare, originale, e che hanno comunicato la loro esperienza interna a quelli che hanno creduto in loro. Ognuno ha una sua particolarità, una sua unicità. Ma uno è sicuramente fuori serie. Voi forse pensate che mi riferisca a Gesù. No. Do' per scontato che tutti voi sappiate dell'unicità di Gesù: Figlio di Dio. Io vi voglio parlare di Buddha. Buddha è fuori serie poiché tutti gli iniziatori di grandi religioni hanno parlato in modi differenti di Dio, mentre Buddha, da cui prende il nome buddismo, non ha mai parlato di Dio. Capite allora che qui il nostro minimo comune denominatore per iniziare un dialogo, casca. Come fare un dialogo religioso senza parlare di Dio? Recentemente ho avuto occasione di fare un viaggio in Sri Lanka dove la maggioranza della gente segue il buddismo ed ho avuto la possibilità di confrontarmi con questa realtà. Come è possibile per un cristiano fare posto per il Buddha? Sarebbe troppo semplice evitare il problema dicendo che il buddismo non è una religione ma una filosofia. Ma milioni di persone con il buddismo risolvono quei problemi esistenziali che noi risolviamo con la nostra religione. Da ormai 25 anni ripetiamo con il Vaticano II che «la Chiesa Cattolica non rifiuta nulla di quello che c'è di buono in queste religioni»; ma penso che sia il tempo di fare un passo avanti e cercare di definire quello che c'è di buono, altrimenti rimaniamo sempre nel generico. Ora è facile riconoscere il monoteismo e la fede profonda dei musulmani, il senso storico della salvezza degli ebrei, il misticismo e la devozione degli hindu e tanti altri aspetti positivi di altre religioni teistiche. Ma che cosa si può salvare di una religione ateistica?
È mia opinione personale che la Chiesa Cattolica, se vuole iniziare un dialogo serio con le altre religioni, deve almeno riconoscere i fondatori di queste religioni e la loro ispirazione basilare. Per i fondatori bisognerebbe forse creare una nuova categoria di santi a fianco dei martiri, confessori e vergini. Quanto a riconoscere le ispirazioni originali, la difficoltà maggiore viene forse dal buddismo: come accettare l'ateismo di Buddha? Come astenersi dal parlare di Dio? Forse questo sforzo di legittimare l'ateismo dei buddisti potrebbe servire a purificare il nostro teismo eliminando quello che è immaginazione e sentimento nel descrivere Dio, da quello che è esperienza e rivelazione. Buddha nacque in un periodo in cui la religione bramica era ridotta a ritualismo, casteismo e sacrifici cruenti. Un dio, che divideva gli uomini in caste e si dilettava del sangue degli animali, non interessava a Buddha. Evidentemente era un dio creato al 99% dalla fantasia umana. L'altro uno per cento Buddha lo trovò in se stesso. Noi cristiani diciamo: ma il nostro Dio è quello che si è rivelato in Gesù. La sfida del buddismo sta proprio nel farci esaminare quanto c'è di rivelato e quanto c'è di immaginato. Un concetto tipicamente buddista è quello di togliere la scorza della cipolla per vedere via via cosa c'è dentro. Ognuno deve farlo per sé.
Carlo Torriani
Swarga Dwar, Rohinjan, TALOJA 410208



In questo clima così asettico, falso e qualunquista di Referendum (siamo al 2 giugno dell' anno in corso), provo un grande disagio e dolore nel constatare come tanti amici di cammino di estrazione cattolica, molto aperti socialmente e politicamente non si sentano coinvolti di fronte ai problemi della Natura, della Vita fisica. Mi domando se può essere una Rimozione alla Corporeità della Natura e Nostra.
Di fronte a questi Referendum, come del resto a quelli del Nucleare, forse molto ambigui e limitati, esce un grande desiderio di purezza e assolutezza, anche giusta, ma perché su altri problemi politici e sociali si accetta di andare a patti, di fare compromessi con l'idealità. Sembrerebbe che su questi problemi anche pratici, non essendoci abbastanza idealità e ideologia, diventi normale omologarsi al Potere e alla Cultura corrente.
Sui problemi sociali, politici, etici, forse perché rispecchiano aspetti più spirituali e «umani (P)», ci si coinvolge, ci si mette più in attivo, invece sui problemi della Natura e della Sua e della Nostra vita non ci si coinvolge, sembra non ci riguardi. E come se non fosse un Nostro problema primario, essenziale come il Corpo. Non ci riguarda in prima persona, è un problema degli altri, si delega. Come si delega sul Corpo.
Senza voler vedere o capire che stiamo giocando la possibilità di vita sulla Terra per le prossime generazioni. Ed allora rimoviamo, non vediamo, non pensiamo.
Sembra che non si riesca ad assumere l'uno e l'altro. Il politico, il sociale, l'etico e non l'ecologico che permea tutto. Lo si distacca, è Altro, è diverso. Come il Corpo è diverso, è altro dallo Spirito e dall'Intelligenza.
Ma questo mi sembra un totale imbarbarimento dell'Umano.
Non posso non pensare con estrema e profonda nostalgia e gratitudine a Sirio, alle sue lotte contro il Nucleare, alle sue sofferenze per l'incomprensione e l'indifferenza generale e per la sua condanna. E ricordare la «corporeità» delle sue scelte...
G.




in Lotta come Amore: LcA ottobre 1990, Ottobre 1990

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