Nonviolenza come resistenza

Per questo numero «estivo» del nostro giornalino mi piaceva tentare di esprimere qualche riflessione sul tema della nonviolenza che spesso ha accompagnato il mio scrivere su queste pagine. Anche Sirio ha scritto diverse volte e in modo tutto «speciale»: con grande passione, profonde intuizioni, ricchezza di novità. I miei pensieri emergono da un insieme di frammenti raccolti un po' a braccio, come gusci di conchiglia scelti qua e là sulla spiaggia di giornate tirate forse troppo col fiato corto. Anche questo vivere sbriciolato può essere un modo di vivere la nonviolenza nel quotidiano (o forse è tutto sbagliato?).
Comunque, questi sono tempi in cui non è facile e semplice raccogliere il pensiero intorno a tutto ciò che si può ricollegare alla realtà della pace, soprattutto vista nella dimensione della nonviolenza. È sicuramente vero, come ha scritto Gandhi, che la verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne: valori e principi che stanno all' origine stessa della creazione, perché sono realtà costitutive dell' essere stesso di Dio Creatore.
Non è, però, molto semplice e facile, in questo nostro tempo carico di enormi difficoltà di rapporto fra tante diverse realtà umane, riuscire ad avere un'idea precisa su cosa voglia dire «oggi» la nonviolenza. Certamente questa può essere benissimo - e mi pare normale che lo sia - un'impressione ed una sensazione del tutto personale.
Ma in questo nostro «Lotta come Amore» sono le realtà personali, i pensieri del cuore, le vibrazioni del proprio spirito, il sapore e l'intuizione di alcuni frammenti del vivere che vengono espressi e messi in comunione con gli amici. Già questa maniera di scrivere nei pochi attimi di «silenzio» e di solitudine strappati ai piccoli ma tenaci impegni del quotidiano mi pare una dimensione di nonviolenza attiva. Un modo estremamente povero di offrire qualche briciola di vita, di comunione, di condivisione di un cammino di ricerca della verità delle cose, da quelle che nascono nella semplice terra di una giornata fino a quelle di dimensioni più vaste ed universali. Nonviolenza come dono di qualche parola scritta, che non presume davvero di sciogliere chissà quali nodi e problemi, ma raccontare a cuore aperto qualcosa di ciò che passa per la propria anima, deporre nel cuore degli amici qualche barlume di speranza, di fiducia, di stupore, di attesa a volte faticosa, a volte dolcissima di un compiersi di tutto quel misterioso mondo di cose belle che Gesù chiamava «regno di Dio».
Ma soprattutto, per me, lo scrivere su queste pagine esprime una dimensione che mi appare sempre più fondamentale per quanto riguarda un atteggiamento di vita che si voglia ispirare ai valori della nonviolenza: la resistenza.
Questa parola, quando è con la maiuscola, ricorda un tempo storico molto duro, amaro, do-loroso, certamente carico di valori e di significati grandi. Ma non è di questo, ovviamente, che intendo parlare né a questo mi voglio assolutamente riferire. Scrivo «resistenza» con la lettera minuscola, proprio perchè mi pare che questa realtà di tenace fedeltà ai valori più veri nei quali si è creduto e si continua a credere dà un particolare significato alla nonviolenza come atteggiamento essenziale della vita.
Nonviolenti e quindi «resistenti»: nel senso proprio di rimanere fortemente abbracciati alle radici, in mezzo al vento e alla tempesta, scrollati dalla violenza dei problemi, dalla fatica, dagli interrogativi della vita, dalla solitudine di tante creature, dalle sconfitte e dai fallimenti, dal tuono e dal fulmine. Come quegli alberi di montagna che mi hanno sempre impressionato per quel loro «stare»; a volte totalmente soli, sul crinale di un roccione, tutti esposti e indifesi, nel vento e nel sole. Non mi hanno mai parlato di superbia o di chissà quale forza particolare: sono stati sempre un richiamo ad un vivere coraggioso e fedele, là dove sono spuntati nel seno della poca terra, fra rocce dure e pericoli, come cosa del tutto normale e naturale. Resistenti nella semplice verità del loro essere, e quindi nonviolenti.
La dimensione della resistenza per una concezione nonviolenta della vita mi pare sempre più irrinunciabile e del tutto costruttiva di un atteggiamento nonviolento che non sia solo moda o cultura, anche raffinate. Mi viene in mente la resistenza del contadino che ad ogni autunno, fedelmente, come cosa del tutto naturale, compie di nuovo il gesto di seminare la terra anche dopo un'annata magra e tribolata. Certo, si tratta della dura necessità della sopravvivenza. Se al posto della «necessità» si è capaci di mettere l'amore e la tenerezza per ogni creatura credo che si possa comprendere cosa vuol dire «resistenza».
Sento molto chiaramente che nonviolenza e resistenza sono come due facce di una stessa me-daglia: resistere, magari in silenzio, in solitudine, dolcemente, quasi come se si lasciasse andare e invece rimanere saldi, tenacemente abbracciati al sogno che ci ha portato avanti lungo la strada. Uno ha visto una stella e continua ad andargli dietro, anche se nessuno muove un passo in quella direzione. Continua a camminare, anche se tutti dicono che è meglio fermarsi e fare un po' di sosta. Continua a credere che i miracoli li fa solo il Signore e che quindi non c'è bisogno di niente per vivere ed annunciare il suo Vangelo al mondo, se non di un cuore che bruci d'amore e di passione per il suo regno.
Resistere, e quindi continuare a pensare che neppure il re Salomone o chissà quale personaggio «bene» era vestito in modo più elegante di un filo d'erba, di un fiore di campo, di una primula sperduta chissà dove. Che una spiga di grano o di riso vale più di centinaia di carri armati, di missili, di aerei superdotati. Resistere, e quindi continuare a credere che la vita si difende solo con l'amore, con la bontà, con la giustizia e la verità. Che la vita di una creatura ha lo stesso peso e importanza dell'universo, che il male si vince solo col bene, perchè il deserto fiorisce solo con l'energia vitale della pioggia o con la potenza prorompente dell' acqua sorgiva. Che la notte può essere lunga e buia, ma nessuno può fermare lo splendore del mattino.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA luglio 1990, Luglio 1990

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