...Ormai più di dieci anni or sono, conobbi don Sirio e rimasi stupito e scosso dalla sua personalità. E a onore della sua memoria vi racconto perché.
Vissuto fin da giovane in seno alla Chiesa e nel mondo del lavoro come operaio prima e poi come studente lavoratore, ho attraversato dal vivo la storia degli anni '60 e '70. Ho vissuto la contestazione operaia e quella nella Chiesa. Ricordo don Mazzi, Franzoni e alcuni sacerdoti giovani di mia conoscenza che sentivano lo spostamento che operava in loro il vento della storia. Così avevo sentito parlare di don Sirio preteoperaio e, avendo vissuto anch'io l'esperienza operaia per lunghi anni, mi rendevo conto di quale coraggio avesse avuto quest'uomo nel fare certe scelte in quanto per me il prete era stato sempre quello con la tonaca, altolocato, nella riservatezza della sua canonica o, al più, in un campo sportivo a dar due calci al pallone con i ragazzi dell' oratorio, ma sempre con la tonaca.
Così da questo stereotipo nella mia mente, si può capire il perché del disagio che la conoscenza di don Sirio mi procurò.
Ricordo che facevo parte della lega antimilitarista di Carlo Cassola e partecipavo ad un convegno di questa lega presso il Palazzo dei Congressi a Firenze. Carlo Cassola salutava un po' tutti con il suo fare assai schivo, ma gentile e affettuoso. La signorina Pola, che poi sarà sua moglie, aiutava a intrattenere i primi arrivati al convegno.
Fu in questo contesto, in una grigia mattina d'inverno, che vidi don Sirio.
Stavo infatti parlando con Cassola e la signora Lucia (una fantastica signora che faceva parte del gruppo) quando la signorina Pola arrivò con un uomo di una certa età, con in testa un basco blu, capelli bianchi, una camicia di lana a scacchi chiari, dei pantaloni di velluto, con sulle spalle un giaccone blu impermeabile. Mi ricordo che aveva un bastone in mano e non sono certo se avesse un sigaro in bocca. Quando Pola me lo presentò come don Sirio io ne rimasi, ripeto, veramente sconvolto. Sì perché nonostante avessi vissuto tante cose, non sembrava proprio possibile alla mia mente stereotipata che quello fosse un prete.
Capii come sia determinante nella vita rimanere condizionati da schematismi imposti. Quanto in quel momento io fossi razzista perché proprio non lo riuscivo ad accettare quel prete con la camicia di flanella a scacchi e i pantaloni di velluto. Fra l'altro con scarpe alte di cuoio rossiccio. Non sarei mai andato da lui a confessare i miei peccati... ecc. ecc.
Compresi però da allora, da questo incontro, che cosa era veramente accaduto nella chiesa di quegli anni. Compresi come la Grazia Divina operasse tra noi poveri uomini e sconvolgesse le nostre abitudini e convenzioni.
Nella mia mente si aprirono porte ermeticamente chiuse, si stralciarono sipari di pesanti tessuti: si squarciarono veli che senza questo incontro sconvolgente per il mio animo sarebbero probabilmente rimasti a coprire sepolcri imbiancati.
Veramente io penso che tramite quell'incontro la mia mente fu totalmente sconvolta perché quella realtà delle cose, della religione, della Chiesa mi furono rivelate dal segno molto tangibile rappresentato da quell'uomo vestito in modo semplice e ordinario che aveva abbandonata la tonaca e aveva fatto 1'operaio, la vita dura dell' operaio, come avevo fatto anch'io.
L'amarezza di cui parlavo all'inizio è dovuta al fatto che tanti eventi seguirono subito dopo quel breve periodo e che nonostante avessi promesso a don Sirio di venirlo a trovare a Viareggio (proprio per ascoltarlo da solo, per capire meglio la sua forza, la sua straordinaria personalità, e come la Grazia scenda per le strade più impensate tra gli uomini), nonostante questi miei desideri, a Viareggio non venni mai.
Così quando un pomeriggio trovai tra la posta il giornale «Lotta come Amore» dove si annunciava la scomparsa di don Sirio, sentii che avevo perduto per sempre la possibilità di approfondire la sua conoscenza che tanto aveva influito e influisce tuttora nella mia vita. Non credo sia una debolezza dire che piansi amaramente mentre leggevo il giornale.
Riuscii di casa e andai alla messa delle ore 18 in parrocchia con nel cuore l'immagine di quell'uomo sconvolgente che ora mi sembrava di veder dilatato ad occupare tutta la grande chiesa dove un sacerdote, con la tonaca, lassù all' altare, celebrava i Divini Misteri.
Se pensa che questa esperienza possa dare un contributo alla santità di quest'uomo, che certamente era tale poiché ritengo non avrebbe potuto dire tanto al mio animo, al mio cuore...
S.G. Pontedera 6.1.1990
in Lotta come Amore: LcA marzo 1990, Marzo 1990
Luigi Sonnenfeld
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