Sirio e il mondo delle cose

Vogliamo offrire anche agli amici di Lotta come Amore alcuni piccoli documenti scritti di ciò che è stato l'incontro a Viareggio in occasione del secondo anniversario di Sirio. Non proviamo neppure a dare una descrizione dell' ambiente e del clima. Possiamo forse solo dire che mai prima d'ora il capannone dove lavoriamo ci è apparso così grande e i quattro «punti» posti all'attenzione, realizzati con essenziale semplicità, hanno offerto un ambiente diverso dal solito. L'incontro è iniziato in un silenzioso imbarazzo: poi, a poco a poco, il confluire della gente, il ritrovarsi di amici, ha permesso di lasciarsi trasportare dai segni, dall'ambiente, dal desiderio di comunicare emozioni prima che parole.
Ecco comunque il testo dell'Invito;
«Don Sirio e il mondo delle cose. E questo il tema dell'incontro che si terrà domenica 18 febbraio dalle l0 in poi presso il capannone dell' ARCA/CREA in Darsena, via Virgilio 222.
Un incontro in un luogo di lavoro che ha visto don Sirio creare - con la sensibilità di artigiano ricco di umanità - non solo piccole opere d' arte, ma anche un ambiente di rinnovamento e di costruzione di rapporti sociali improntati a dignità e uguaglianza.
Parleranno oratori in una commemorazione rivolta al passato. Parleranno le cose. I materiali, i lavori, i disegni, lo scrivere di Don Sirio che sono sempre stati espressione di un sincero coinvolgimento con la vita non separata tra il mondo delle cose e della materia e il mondo delle idee, dello spirito.
Un prete, sempre provocato dalla sua Fede, ed insieme sinceramente e scopertamente un uomo. Dal suo rapporto con il ferro, il rame, l'argilla, alla materia tutta, alla attenzione vigile per la salvaguardia del nostro ambiente, alle appassionate lotte antinucleari nonviolente.
Non solo negli anni raccontati in «Uno di loro», libro degli anni '60 ristampato e diffuso re-centemente nella città ad iniziativa del Comune, ma sempre, nella condivisione del lavoro manuale, don Sirio ha fortemente amato la capacità operaia di produrre con le proprie mani. Questa capacità fatta di mani e di cuore che ha connotato con forza la classe operaia e ne è forse una delle radici di identità più profonde.
L'amore per la bellezza, la visione di cieli nuovi e terre nuove, di rapporti diversi, di tempi dilatati, è stata la sua forza, la sua caratteristica, la fonte che gli ha permesso di essere pienamente uomo muovendosi liberamente fra realtà e desiderio interiore.
E la Messa che sarà celebrata nello stesso luogo alle 12 non vuole essere un rito doveroso, ma un invito a guardare sempre e comunque «oltre».
Beppe, Elena, Eleonora, Luigi, Maria Grazia e tutti gli amici che hanno collaborato e partecipato.


SIRIO E I MATERIALI
Dal rapporto con il ferro il rame l'argilla alla materia tutta l'acqua l'aria il mare gli alberi il mondo animale. L'attenzione vigile alla salvaguardia dell'ambiente
le grandi battaglie ecologiche
le appassionate lotte antinucleari, Capalbio, il processo per l'occupazione della ferrovia, Montalto di Castro...



OTTO ANNI E CINQUANTA
Vorrei ma non l'ho voluto che i bambini di oggi
avessero il mondo del primo giorno
il primo giorno di mille migliaia di anni.

Sole nuovo ad attraversare
cielo tersissimo
o velato di nubi
non caligine da fumaioli.

A me questo mondo nuovo
fu consegnato quand'ero bambino.
lo ho visto l'acqua dei fiumi.
le strade sterrate e bianche
i carri tirati dai buoi

il contadino a raccogliere lo sterco dietro il cavallo
per l'insalata del suo orticello
I! lavoro duro, quello della vanga e la creazione fatta dal fabbro
le tavole uscite dal tronco
la nave dall'ascia sapiente.

Porto adorabile l'odore nell'anima
del pane uscito dal forno
rotondo e caldo allineato
sulla lunga tavola coperta
tenuta a bilico dal cercine
sulla testa impettita della donna.

Gli operai a covare con gli occhi
il tubo colmo di vino di vite
a parlare anarchico
di circoli di mutua assistenza
e santamente ubriachi
la domenica sera.

I! sillabario sotto il braccio
il quadernetto e gli zoccoli in mano
ragazzi di scuola
e scazzottate sul sagrato.

Tu non sai bambino di oggi
com'era l'acqua dei fossi
cristallina e verde d'acquatiche
i ranocchi e le anguille.

Non conosci il tozzo di pane
e la bocca affondata nel ruscello
e il nido di fringuello
sull'incrocio del ramo d'ulivo.

Tu hai incredibilmente di più
e infinitamente di meno
i miei cinquant'anni
hanno ammazzato il tuo mondo.

I! sole, l'aria, l'acqua
e perfino le stelle
perché i lampioni accecanti
le hanno spente su in cielo.

Ti posso dare aerei a razzo
bombe nucleari nascoste
dagli imperi che dominano il mondo
e il progresso che conduce alla morte.

Ora respiri petrolio bruciato
la tua casa è periferia di città
e senza un filo d'erba e un raggio di sole
la piazza dove giuochi la tua ribellione.

Ho ucciso spietatamente il tuo domani
e fatta tramonto la tua aurora
ti ho costretto ad essere adulto
ragazzo, di appena otto anni.

Non ti chiedo perdono
perché non puoi perdonarmi
lo so che mi maledici e mi odi
non ti ho dato quello che ho avuto
ti ho rubato quello che ti saresti donato.

È per via di te che ho terrore
e vergogna d'essere adulto
ho inventato il mondo
e te lo lascio, ragazzo,
ma non è di più che un cimitero.

Dove i cipressi scheletriti
sono senza preghiera
la preghiera dei passeri la sera.
Sirio

SIRIO E I MANUFATTI
Sirio ha fortemente amato la capacità operaia e artigiana
di produrre con le proprie mani.

'la coscienza operaia', 'il mestiere che entra',
'le maestranze che fanno la ricchezza del cantiere',
'i vecchi carpentieri raffinati fino al miracolo'...

Questa capacità fatta di mani e di cuore
così tipicamente maschile
ha connotato con forza la classe operaia
ne è forse una delle radici di identità più profonde.
Riconosco ormai i diversi rumori. Sono come una fuga classica, i primi colpi di mazza.
Ve ne rispondono altri più lontani, colmati di eco profonde. Il martellare secco dei calafati. Le lamiere battute a suono metallico. Si accende qualche motore di peschereccio. E fanno coro, spesso, quelli dei grossi motoscafi in prova. E poi si alzano le voci delle seghe a nastro che cantano l'ultima pena del legno. E a un certo punto irrompe violento l'inno trionfale dei martelli pneumatici che ogni altro lavoro raccoglie ed unisce in un a solo potente. E rispondono gli operai nelle officine e nei cantieri e negli stabilimenti da cui mi arriva il fragore della loro fatica, o il suono della loro sirena e di cui so la dura storia di ogni giorno, legati a catena all' attrezzo di lavoro .
... Grazie, compagno operaio quando mi vedevi piegato dalla fatica e mi venivi a dare una mano. Una manata cordiale sulla spalla. Due parole soltanto, un minuto o poco più eppure mi hanno tanto aiutato. Non c'è gelosia nel mestiere che costa fatica. E è dono infinito insegnare agli altri a lavorare. E insegnare a guadagnare di più, col minor tempo possibile, e con la fatica ridotta al minimo come vuole la vecchia saggezza operaia. Ci scappava sempre una presa di bavero e fors'anche una parolaccia alla viareggina, ma intanto mi insegnavano a lavorare, a tenere la lima, a sistemare bene il pezzo, a prendere bene le misure, a usare la macchina come si deve.
Ero disoccupato da mesi ormai, dopo il licenziamento dal cantiere navale, e avevo deciso di passare l'estate fra gli scaricatori di porto. Ne conoscevo alcuni, ma troppo alla lontana. Questo gruppo di uomini rotti ad ogni fatica, mi incuteva un vero timore. Li guardavo a volte dalla porta della mia chiesetta, ritti sugli autotreni carichi di laterizi. E facevano catena, uno a due metri dall' altro, e si passavano i mattoni, gli embrici, i tabelloni, con gesto elegante e preciso e l'altro vicino raccoglieva con leggerezza, anche quando erano tanto pesanti, quei tabelloni di un metro e sessanta, a due per volta, o erano una mezza dozzina di embrici, che ci voleva una presa pronta e tenace da quanto è difficile tenerli insieme. E la catena si allungava su tavole in bilico fino alla muratura della nave, continuava sul ponte e si perdeva dentro - e non vedevo fin dove - l'enorme bocca spalancata del boccaporto. Avevo una voglia pazza di essere una maglia di quella catena. Di aprire le braccia ad accogliere ed immediatamente ridare.
Sirio da «Uno di loro»



SIRIO E I DISEGNI
La bellezza, la visione di cieli nuovi
e terre nuove, di rapporti diversi, di tempi dilatati,
è stata la sua forza.
Il sogno la sua caratteristica
la fonte che gli permette di essere pienamente uomo
muovendosi liberamente fra realtà e desiderio interiore.
L'abbandonarsi al movimento del desiderio
alimentato costantemente nel suo dilatarsi
inseguito come la chimera
custodito come l'amore geloso
fino a portare, come sempre
quando si è uniti profondamente con se stessi
a comunicare con la vita
nello stupore di una creazione sempre continua.


Ho sempre sognato un modo di vivere disperso nel mondo. Un abbandonarsi alla vastità della terra. Come l'acqua d'un fiume che scorre calma e serena e non sa dove va: l'aspetta l'immensità dell'oceano e si abbandona alla corrente lasciandosi portare. Poi il sole la solleverà in vapore trasparente, invisibile. Il vento la raccoglierà nell'azzurro del cielo. Correnti d'aria fredda ne faranno nuvole bianche, strati immensi e tornerà ad essere acqua, pioggia dolce e burrascosa sulla terra riarsa, neve candida sulle montagne e sorgenti freschissime e poi lungo altri fiumi verso il mare in un dono perpetuo come per misterioso Amore. Il vento che passa come qualcuno che non si ferma mai, come se fosse una schiera di angeli a volare dovunque sospinti dal desiderio di carezzare tutto di voli.
Così tutto quello che arriva dovunque e è per tutto e per tutti mi ha sempre aperto l'anima all'ammirazione e all'invidia. Mi piacciono gli uccelli migratori perché hanno bisogno istintivo di sconfinare, di volare via, di abitare sempre lontani, di arrivare e di partire sempre per gioia di perfetta libertà. Così i pesci nelle profondità del mare in banchi immensi navigando verso il mistero.
...Ho tanta nostalgia per gli antichi pellegrini. Dovevano avere la voglia di essere nell'universo intero. La gioia di camminare e camminare sperduti in perfetta libertà. Mi pare di sentire l'amore affettuoso, materno della terra verso questi suoi figli così interamente suoi.
E l'acqua che bevevano alle sorgenti doveva essere come offrire loro il suo petto gonfio di latte e il pane che mangiavano era raccolto nel suo grembo. Il loro dormire era abbandono fra le sue braccia, sul suo cuore misterioso di palpiti immensi.
Sirio (da «Una zolla di terra)


SIRIO E LO SCRIVERE
Scrivere è parlare nella solitudine. È raccogliere, ascoltare nel segreto profondissimo dell' anima e gridare quando nessuno ascolta. Soltanto un'eco si ricama sulla carta. Come sangue che fila giù dalla ferita e lascia segni dove passa.
Un cammino lungo e faticoso sulla distesa assolata, a perdita d'occhio di solitudine e uno cammina da solo e lascia segni dei suoi piedi e della sua fatica di vi andante sulla sabbia, non si volta indietro, a guardare il tracciato delle sue impronte. Perché scrivere è inondare il foglio di anima, lasciare dilagare lo spirito in una effusione di sé fino al dono totale.
E diventare filo di scrittura, un disegnare l'invisibile, lasciare cadere nell' abisso il lento li-quefarsi del proprio mistero e di quello del mondo.
E stringere tutte le mani. Un abbraccio a misure universali. Percepire la voce dell'umanità.
Quella silenziosa, timida, infinitamente paziente. La voce della moltitudine, a scroscio di ma-rosi a frangersi sugli scogli, o per lo straripare, finalmente, del fiume della storia .
...Questo scrivere le parole ascoltate nel terzo cielo che orecchio non ha mai ascoltato e parola non ha mai raccontato. Sono parole che possono essere scritte, se scrittura non è vocabolario, grammatica, sintassi, cultura e scienza, nemmeno teologia, ma profezia, cioè manifestazione del nascosto, rivelazione del segreto, visione dell'invisibile, racconto del Mistero dell'uomo e di Dio.
Sirio (da «Lotta come Amore»)


in Lotta come Amore: LcA marzo 1990, Marzo 1990

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -