Nel marzo del 1977 - più di dieci anni fa - così Sirio apriva il primo numero della nuova serie di "Lotta come Amore". Abbiamo voluto riprendere questo scritto perché misura quanto il camminare di questi ultimi anni (e vorremmo dire anche di questi ultimi mesi) non sia stato casuale o improvvisato di fronte all'emergere di nuove situazioni e condizioni di vita.
Ci è sembrato di vivere la scoperta quotidiana di una intuizione, e forse sarebbe meglio dire vocazione, maturata e cresciuta in questo tempo a misura di fedeltà di vita. Questo radicalizzare il proprio coinvolgersi nella umanità in totalità di misura quale deve essere la misura dell'amore.
Ed insieme questo stare davanti a Dio allo scoperto.
La strada è ancora questa: precisata, dilatata, arricchita di volti conosciuti durante questi dieci anni, vissuta ed aperta giorno per giorno nella meraviglia di un dono sempre rinnovato.
Un nuovo cammino
Arrivati a questo punto di una già lunga storia di ricerca per una verifica personale e di gruppo a seguito di un bisogno, giudicato assolutamente importante nella propria vita, di vera autenticità, viene inevitabilmente da domandarsi se c'è e quale nel caso affermativo, il cammino da seguire ancora.
Tanto più poi per il fatto che la propria verità personale o di gruppo o di comunità che sia, impone e costringe ad una verifica di rapporto con una realtà nella quale stiamo vivendo e per la quale è più che giusto e doveroso significare qualcosa, o almeno tentare di significare qualcosa.
Può succedere - è buona cosa che succeda - che ci si avveda che qualcosa va radicalmente mutato. E può essere - ognuno veda cosa più gli conviene o meglio ciò che più gli sembra giusto - può essere che risulti che sia arrivato il momento di dare un colpo di barra alle vele, una sterzata al timone, e invertire la rotta della propria barca. Oppure semplicemente correggerla. E può anche darsi che sia sopraggiunto il tempo in cui un forte vento si è levato e allora convenga spiegare tutte le vele, fino all'ultimo velaccio, e dare il via alla barca sulla cresta delle onde.
Sta il fatto che un processo di liberazione deve essere assolutamente inarrestabile.
La libertà, se libertà è, deve dilatarsi aldilà di qualsiasi orizzonte. E se spazio proporzionato non ha, è perché ancora non ha forzato e non riesce a rompere grettezze di imprigionamenti, scioccamente giudicati conquiste di spazi.
L'analisi corretta delle proprie vittorie e sconfitte è assolutamente indispensabile e incredibilmente preziosa, per stabilire se il punto dove siamo arrivati è qualcosa di definitivo o è semplicemente l'aver posto - ma spesso non si tratta di una nostra volontà - le condizioni per un andare avanti, a costo di tutto.
Questo essere abbandonati, in balia del vento e dello spirito che non si sa dove viene e dove vada, è condizione fondamentale per costruire la serietà di una libertà che sia autenticamente liberazione per se stessi e per gli altri.
Non sappiamo bene cosa possa essere quel qualcosa che ci sta forzando a raccogliere i nostri stracci, un tozzo di pane e una borraccia d'acqua e rimetterci in cammino.
Non c'interessa nemmeno se la sosta è stata lunga o no, e se la terra è stata un po' dissodata e qualcosa è stato seminato. Tanto meno vale stare a controllare i frutti raccolti. Può anche essere stato tutto a vuoto. Anzi forse sembra che sia andata così. Non ha nessuna importanza. Siamo rimasti vivi, vuol dire che abbiamo mangiato e bevuto e il cuore è forte, l'anima aperta e gli occhi sanno ancora guardare lontano.
È il cammino di Abramo, a differenza di quello di Mosè, quello che ci interessa. La strada cioè ancora lontana dalla Terra Promessa. Perché ci sembra sempre più che il camminare più vero è quello nella Fede e intendiamo scommettere semplicemente sulla Promessa, e cioè sulla Fedeltà di Dio.
Non abbiamo bisogno di miracoli o di segni prodigiosi. E ci deve guidare un fuoco acceso in cielo di notte e una nube luminosa di giorno.
Ci basta la parola che ci è stata sussurrata nel segreto dell' anima. E su questa parola leviamo le tende con la mano sugli occhi a scrutare l'orizzonte, muoviamo i piedi nello sterminato deserto.
Il deserto di Dio.
Perché lo spazio della libertà dove la liberazione deve condurre ad abitare è quello di Dio. Crediamo che nonostante qualsiasi apparenza contraria, è in questo spazio che abita l'uomo e l'umanità. E se cerchiamo di camminare in questo deserto - l'assolutizzazione dei valori fondamentali, la liberazione di tutto ciò che è l'appartenenza, contingenza, temporalità ecc. - è perché nella conoscenza dell'adorazione di Dio, vi si trova senza equivoci o compromessi, la coscienza e l'adorazione dell'uomo.
Perché fra Dio e l'uomo, l'unità è perfetta.
E noi cristiani lo sappiamo bene in Gesù Cristo. Non è quindi un'evasione e tanto meno una disincarnazione abbandonarsi alla contemplazione di Dio. Vuol essere anche un guardare di più assai, perché senza distrazione, nel cielo e sulla terra, nel cuore di ogni creatura e nel groviglio di ogni e qualsiasi vicenda della storia, i segni di un volto in cui deve pur esistere immagine e somiglianza, sotto il velo delle cose e dell'umanità e ascoltare la Parola che ha parole di pienezza di vita fino alle misure estreme dell'eternità.
Si diceva visione di Dio e dell'uomo senza distrazioni. Quindi non ci occuperemo più della Chiesa intesa come realtà di clero, istituzione ecclesiastica, ingranaggio gerarchico, attrezzatura e bagaglio di tutto quel complesso più o meno macchinoso di temporalismi messo insieme in tanti secoli e terribili resistenze, nonostante l'usura del tempo e gli attacchi delle forze di purificazione del nostro tempo.
Rimane chiaro ed intatto e sempre più fedeltà assoluta, un rapporto di fede con la Chiesa. Nella visione di Dio la Chiesa si rivela immediatamente come il suo popolo, incessantemente e appassionatamente richiamato ed essere nel mondo segno di Lui. E la chiarezza di questo segno è tutta in Gesù Cristo.
E Gesù Cristo va semplicemente accolto e vissuto. Per noi tutto un tempo è passato ormai. Tempo in cui la lotta e sempre, è stata motivata e guidata dall' Amore, sia pure - ma come dovrebbe essere se è Amore? - da Amore duro, tenace, ardente, appassionato.
Ma era inevitabilmente una lotta di scontro, di polemica, di risentimento, di angosciosa sofferenza, di bruciante desiderio perché Chiesa fosse cuore di Dio e e cuore di popolo e assolutamente nient'altro. Ora questo tempo di lotta per noi si è forse concluso. Non è per abbandono o per stanchezza o perché ci è caduta perfino la Speranza e tanto meno l'Amore e la Fede.
Ma anzi è perché un più vero rapporto con la storia, una presenza più concreta, richiede ed esige motivazioni più profonde, quelle che stanno più a monte, si direbbe oggi. La serietà e la gravità di una lotta perché possa risultare veramente Amore, ha bisogno di essere causata e guidata da ragioni che nascano dalla roccia viva di una sorgente che scaturisca sempre più da Dio e dal suo Mistero, non da realtà di carne e volontà d'uomo, chiunque sia quest'uomo, anche se è sacra gerarchia.
Non sappiamo bene per il momento ma è esperienza che vorremmo fare - e nella nostra persona, concretamente, è già molto avanti, anche se tutt'altro che compiuta - di cercare l'adorazione di Dio «non in Gerusalemme o su questo monte, ma in spirito e verità perché sta venendo il tempo ed è ora, nel quale questa è l'adorazione che il padre vuole». E di cui l'uomo ha profondamente bisogno per ritrovare il vero senso di Dio nella liberata conoscenza di Lui e l'Essenzialità di un rapporto di Fede e di Amore che non crei una religione ma una realtà di vita per totalità di comunione fra creatore e creazione come luce di sole e i colori di fiori, la terra riarsa e la pioggia dal cielo.
Vorremmo raccogliere in una comunità, che può nascere dalla solitudine di eremitaggi dispersi e nascosti in questo marasma di confusioni che è il nostro tempo, chi ha scelto il deserto (vivere fuori, separato e solo, dall' abitato della civiltà attuale e dalla religiosità ufficiale) per poter radicalizzare il proprio coinvolgersi nell'umanità al di la di ogni condizionamento in totalità di misura quale deve essere la misura dell'amore, e stare davanti a Dio allo scoperto, a faccia a faccia nella Fede come sarà un giorno nella visione, al di là di ogni liturgismo e pastoralismo e per ascoltare la sua Parola pronunciata oggi e parlargli la parola che sale su dal cuore di ogni essere umano e dall'angoscia di tutta l'umanità.
Con umiltà e semplicità come uno che con la mano fa un cenno e dice: vieni, facciamo il giro del mondo, quello dell'universo... fin là dove certamente non finisce il camminare.
Sirio
Abbiamo voluto aprire questo numero con uno scritto di Sirio non tanto per rendere atto di una memoria fedele, quanto per riallacciarsi ad una storia vissuta insieme e che insieme intendiamo continuare a vivere. In una dimensione nuova, intensa, ricca di energie forse liberate proprio nonostante il morire. Parlando con alcuni amici è venuta fuori una sensazione comune per cui la morte di Sirio non è sentita come termine, annullamento, scomparsa, fine. Certo in questo può giocare la difesa psicologica contro tutto ciò che atterrisce nella novità non sperimentata. ma è difficile spiegare una sensazione di serenità che non porta affatto i segni dell'eccitazione interiore, dell'artificio di una mente che cerca di nascondere a se stessa la verità. La morte appare ridimensionata da spazi nuovi che. si aprono, da una vita che si scopre assetata di nuove ricerche. E una presenza che non sapremmo ben definire, ci rende assai più presenti a noi stessi.
Così non diventerà una abitudine questo riportare nel giornalino uno scritto di Sirio, comunque sia, in modo rituale. Ma l'inoltrarsi a cuore aperto nella storia porterà talvolta a rileggere parole nate per aprire un cammino.
Ci perdoneranno ancora gli amici se siamo restii a fare qualcosa "per" Sirio. Se non ci entusiasmano iniziative per anniversari e commemorazioni. Non certo per attenuare la memoria o pretenderne un assurdo monopolio.
Molto più semplicemente siamo ancora convinti di fare le cose "con" Sirio. Sarà la vita a giudicare se questa nostra sensazione è solo velleità spiritualeggiante o verità che la carne e il sangue non può credere di poter in sé contenere.
Non abbiamo fretta: la vita ha i suoi ritmi, le sue stagioni: i tempi nascosti della gestazione e i tempi gioiosi della novità.
Fare memoria è vivere nella continuità rendendo vero oggi quello che è stato ieri, colmando la frattura del tempo e dello spazio fino a rendere identico ed insieme nuovissimo ogni gesto compiuto.
"Con umiltà e semplicità come uno che con la mano fa un cenno e dice: vieni, facciamo il giro del mondo, quello dell'universo... fin là dove certamente non finisce il camminare".
La Redazione
in Lotta come Amore: LcA luglio 1988, Luglio 1988
Luigi Sonnenfeld
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