Uno di loro

È ormai un mese che con un gruppo di amici stiamo preparando la presentazione in città del libro di Sirio «Uno di loro», la cui ristampa l'Amministrazione Comunale di Viareggio ha voluto sostenere come atto di pubblico riconoscimento ai valori di giustizia, di amore, di libertà e di pace che Sirio ha vissuto con passione in tutto il suo cammino.
Abbiamo voluto tentare di far conoscere meglio, soprattutto ai giovani, il contesto storico, sociale, umano del quale sono maturate le riflessioni, i pensieri, la ricerca colma di sofferenza e di amore di cui sono piene le pagine di questo piccolo libro che abbraccia un arco di circa l0 anni e nel quale Sirio ci offre alcune delle ragioni profonde, delle «radici» alle quali era ancorata profondamente la sua ricerca di cristiano, di prete, di uomo tra gli altri uomini. Soprattutto il suo grande, appassionato amore alla realtà povera, umile, semplice del mondo operaio al quale si è sentito sempre legato da un rapporto indistruttibile. Se pure attraverso racconti di esperienze e si-tuazioni molto diverse tra loro, il libro è come la storia di un cammino al quale Siri o voleva essere fedele ad ogni costo.
«Sono, è vero, come un povero viandante che oggi è qui e domani è là e tendo la mano a mendicare il tozzo di pane e il bicchiere di acqua fresca offrendo a mia volta non più di una stretta di mano o di una parola di fiducia, ho bisogno però di seguire una strada, di sapere dove passa il mio cammino, dove vuole arrivare la fatica e spesso la stanchezza del mio camminare. E allora mi nasce nell'anima un dovere semplice e profondo, quello della fedeltà... Il libro che offro ai miei compagni di lavoro dei tempi della mia vita operaia, agli amici che hanno vissuto e sofferto con me una ricerca d'impegno umano e cristiano in condizioni spesso soltanto di rischio e d'angoscia, vuole essere semplicemente questa fedeltà». (dalla «Introduzione»).
***
Questo tempo che ho dedicato a ripensare i tempi e i momenti nei quali sono maturate le pagine di «Uno di loro» mi hanno riaperto nell'anima come delle vene d'acqua nascoste nel profondo e mi sono ritrovato quasi costretto a riprendere anch'io il filo di un cammino che penso non si sia mai interrotto, ma che a volte poteva sembrare come sepolto sotto la spinta della quotidianità del vivere.
È stato per me come un riandare alla ricerca di tracce antiche, di pezzi di vecchie strade sepolte sotto la terra, di sentieri di montagna tracciati da chissà quanto tempo e da quali mani, che sono sempre alloro posto anche se nascosti sotto strati di terriccio e di foglie. Tra le pagine di «Uno di loro» ho avuto la gioia di ritrovare freschissima la sorgente che mi ha dissetato, il pane buono che mi ha nutrito, i sogni nei quali ho creduto con passione profonda e che ho ritrovato intatti ancora oggi nel fondo del cuore e dell'anima.
Anch'io ho voluto essere «uno di loro»: con umiltà, con gioia, con sofferenza, con innamoramento giovanile. Mi sono ritrovato a constatare che nonostante i tempi tanto cambiati, il progetto di fondo rimane, per me, sempre e quello di un tempo. E non per un voler rimanere ancorato a tutti costi al passato: ma per una limpida volontà di appartenenza serena e semplice - per la vita - a quella realtà umile, piccola, senza potere, formata dall'immensa moltitudine che abbraccia tutta la terra e attraversa in lungo e in largo l'intera umanità. L'immensa moltitudine degli uomini e delle donne che ogni giorno lottano e soffrono sulla loro piccola zolla di terra, che si guadagnano il loro pane con il sudore della fronte, che non hanno particolari poteri o privilegi se non quelli di continuare con tenacia una lotta per amore di una realtà umana più giusta, più libera, più fraterna.
Certo sono lontani i tempi in cui mi alzavo al mattino e mi piegavo sulla terra o nei filari di viti come bracciante agricolo. È ormai molto tempo che non timbro più il «cartellino» all'ingresso del cantiere navale, quasi sempre di corsa. Non sono più imbarcato sul peschereccio, di notte o di giorno, con i miei amici pescatori siciliani o viareggini, con lo stomaco sempre un po' in subbuglio e l'odore di pesce eternamente addosso.
Vivo una realtà molto meno faticosa e meno esposta al vento, al sole o alla pioggia; non sono più dentro la conflittualità operaia, come ai tempi del cantiere. Ma «dentro» mi ritrovo con assoluta semplicità «uno di loro»: lo dico senza orgoglio e senza falsi pudori, senza ostentazione, ma con semplice sicurezza di una appartenenza che si è maturata piano piano ed è diventata un normale modo di vivere, di sentire, di camminare il sentiero della vita.
Di questo ne sono felice, perché credo che tutto sia stato dono ricevuto dalla mano di Dio che mi ha fatto incontrare Gesù Cristo, il suo Amore, la sua Parola, il suo essere Uomo tra gli uomini, Fratello tra fratelli, Compagno di viaggio tra compagni di destino.
E sono ugualmente sicuro che è la stessa mano di Dio che mi ha fatto entrare piano piano in questa condivisione e comunione di esistenza cristiana e sacerdotale con la realtà semplice e quotidiana della vita di questo grande popolo di lavoratori che in ogni angolo del mondo, da millenni, soffrono, lottano, gemono cercando il volto di una umanità liberata dall'oppressione, dallo sfruttamento, dall'ingiustizia, dalla sopraffazione del denaro e della ricchezza, dall'emarginazione e dal disprezzo dei potenti. Certamente la strada è lunga e si perde sulla linea dell'orizzonte: so bene di averne percorso un piccolissimo tratto, con passo spesso incerto e forse con molti ritorni all'indietro. Ma mi sento «uno di loro» e «uno di loro» voglio rimanere sino in fondo, anche dentro la realtà della mia Chiesa che oggi non mi pone più ostacoli su questa strada, anche se non so quanto essa abbia realmente accolto di questo appassionato cercare una fedeltà concreta, storica, visibile, sperimentale ai piccoli, ai poveri, ai senza potere, alla condizione dei lavoratori, alle mani indurite dal vento, dalla fatica, dallo sforzo di modellare la materia, dallo sfruttamento del capitale privato o collettivo... So bene, però, che la Chiesa di Gesù Cristo è abitata dalla luce dello Spirito perché sempre sia sospinta a cercare e vivere questa fedeltà: perché il Vangelo è annuncio di liberazione, di amore, di pace, di fraternità per tutti, ma specialmente per i poveri, gli sfruttati, gli oppressi e gli emarginati da ogni potere.
«Uno di loro» è stato in modo unico e straordinario il Signore Gesù, Lui che da ricco che era si fece povero, Lui che annientò se stesso prendendo la condizione di servo di tutti, di ultimo fra gli ultimi, per poter essere il primo di una nuova umanità.
Mi pare in tutta sincerità di non desiderare altro che una fedeltà semplice, quotidiana, piena anche di momenti di stanchezza e di nebbia, a questo cammino vissuto con gioiosa e sofferta tenacia anche con Sirio e con molti altri compagni di strada. Questa fedeltà mi interessa e mi appassiona ancora e spero che essa sia sempre ragione profonda di ricerca, di accoglienza, di condivisione, di incarnazione sincera e totale dentro la pasta della vita.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1989, Dicembre 1989

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