Il sogno antico e nuovo di Sirio

In questi mesi ho spesso ascoltato, sempre con profonda emozione, la narrazione del «salto del muro» all'inizio della missione di don Sirio tra gli operai. Quell' evento mi ha rivelato il cammino della sua vita, la sua aspirazione ad un mondo in cui le «mura» non bloccassero la solidarietà, non isolassero popoli e persone. Egli ha patito divisioni e ipocrisie, non ne è diventato vittima; non ha pensato di non poterci far nulla; non ha permesso che paralizzassero la creatività amica.
Il suo «salto» senza ritorno, senza pentimenti, sostanziali, lo ha immesso nel mondo della condivisione inventiva con l'umanità anonima, affannata di pace. Dopo quel salto non si appartenne più, la sua lunga «corsa ad ostacoli» non si è più fermata. Le situazioni che stancano e scoraggiano le persone pavide e calcolatrici, hanno reso ardita, pensosa e audace la sua fedeltà orientata dal «sogno»: 1'elemento determinante della sua storia. L'invito a non tradirlo, neppure quando molesta, è stampato su una piastrella che, da che l'ho conosciuto, ho sempre visto a capo del suo letto. L'antico-sogno-nuovo è il titolo del suo ultimo libro; coloro che ne hanno condiviso la genesi sanno quanto l'ha sofferto. Il suo sogno, motivo dominante di articoli, lettere, discorsi, non è frutto di immaginazione liberata nel sonno; è la trama della storia poliedrica della sua persona inquieta e intimamente pacificata, sempre in ricerca e tenacemente convinta; laica e visceralmente religiosa; esuberante e pensosa; dinamica e contemplativa; intenta a lavorare le cose e sempre in ascolto del mistero. Tentare di «narrare» questo sogno e di tracciarne il vissuto, è vivere 1'esigenza di entrare nella sua eredità più bella, di discernere la meta verso la quale avanzare, anche se in situazioni diverse, con lui. È rischio da correre con serenità nonostante la sua complessità.
«Sognare» con Sirio è vivere la dinamica della fedeltà. È coltivare il consenso operativo alla verità: su Dio, sulla realtà, sulla condizione umana; assecondare la liberazione da tutto ciò che contrasta il bene umano; coltivarsi nell'ubbidienza alla vita; nella solidarietà con donne e uomini, assetati di giustizia e di pace; autenticare la fedeltà alle persone senza steccati anagrafici o religiosi; promuovere il rispetto per la natura, il creato, 1'acqua, 1'aria, il mare, la materia, il mondo animale ecc.; accompagnarsi ai tempi di crescita delle persone e delle comunità che, nel rispetto delle prerogative dei loro membri, si sentano unite, non per vincoli o impegni giuridici, ma per la condivisione sincera e vera della lotta-amore per un' esistenza solidale e perseverante ai segni dei tempi; vivere l'«ira monacale» per il farsi delle cose e dei rapporti; la nostalgia per una Chiesa, segno autentico e sincero di Cristo, libera dalle collusioni con il potere.
Sono altrettanti aspetti della sua storia: nessuno ne esaurisce le valenze e tutti ne svelano la concretezza.
Da quanto mi è dato sapere, il principale alimento della sua fedeltà al sogno è stata la perseveranza nella sua scelta di vita; il non essersi sottratto alle attese delle innumerevoli persone che hanno bussato alla sua porta; la resa senza condizioni al bene dell'umanità anonima e smarrita; la vulnerabilità nei confronti delle vittime dell'ingiustizia, della discriminazione; l'attenzione vigile alla salvaguardia dell' ambiente umano. Queste realtà, insieme al loro carico di sofferenza, inquietudine e malinconia, hanno veicolato per lui la forza di non venir meno. Il quotidiano affrontato con sincerità e vigilanza, senza vittimismi e senza fughe, è come il veicolo attraverso il quale la forza di Dio che riconcilia con sé il cosmo e l'umanità, rinvigorisce coloro che lavorano seriamente per rendere giusto e umano il vivere associato.
Sirio ha lavorato per trasformare il ferro e i rapporti, ma è andato oltre. Ha lottato perché la suprema trasformazione della realtà, quella che la porta a diventare Corpo e Sangue di Cristo, non è cessare di esser ciò che si è, ma consentire alla dimensione più radicale di sé di restare inseriti nella storia per promuovere la crescita orientata. Cristo non prende le nostre realtà per sottrarle a se stesse e a noi, ma per condividere con noi, attraverso esse, la sua stessa vita. Al contatto con Sirio si intuiva come la celebrazione vera si struttura in continuità con il quotidiano che in Cristo è Carne e Sangue.
Celebrare non è compiere riti; è assecondare e vivere il processo di trasformazione della realtà in Cristo; è partecipare ad esso e non ridursi a restarne spettatori.
Non si è credenti per fare riti ma per lasciare che in noi e nella storia si incarni Cristo in modo che noi e la storia siamo pienamente liberi in Lui e Egli sia presenza umanizzante in noi e nella storia.
È l'eredità più ardua e complessa di Sirio, quella che ci trova più sprovveduti ma anche quella che, disattesa, tradisce lo slancio intimo della sua «passione».
La Chiesa è nel mondo per svelare questo mistero, per renderlo credibile e per sostenere uomini e donne nel renderlo vivo e concreto.
Su questo nucleo della personalità di Sirio dovremo centrare l'attenzione per non falsarne la portata e per assumerlo nel processo di crescita della comunità umana.
Anche se in questo cammino, inizialmente, certi atteggiamenti contrastano con quelli dei tempi passati, poco alla volta evidenziano la loro ricchezza e la coerenza con le esigenze più pro-fonde del bene umano e con la coscienza della comunità credente e inducono a disattendere gli stili di vita caratterizzati da celebrare fine a se stesso per orientarsi sempre più decisamente verso un vissuto in cui lotta per il quotidiano e celebrazione siano momenti diversi dell'unica unione con Cristo che libera l'umanità e la creazione dal male.
In Lui quelli che celebrano assecondano, fino alle estreme conseguenze, la trasformazione del vissuto e quelli che lavorano si coltivano nell' atteggiamento celebrativo.
La solidarietà interumana tra le persone che hanno fame e sete di giustizia amica e di pace, è il frutto e il contesto della celebrazione del Corpo e del Sangue del Signore.
È la componente principale del sogno antico e nuovo che Sirio fa sognare e gliene siamo profondamente grati.
Cristo pane spezzato e sangue versato, nutre e vivifica i figli e le figlie di Dio che operano pace e liberazione perché la storia non resti nemica e ingiusta e perché cresca il numero di coloro che patiscono l'avvento della giustizia.
Le celebrazioni che non assumono e incarnano queste attese sono riti che proclamano ver-balmente la comunione con il Dio-con-noi e non riescono a mascherare le resistenze che la impediscono e la tradiscono.
Farsi sfidare dal mistero è rendere concreto, effettivo, il segno umano di colui che fa nuove le cose e che sostiene nel cammino verso la «compiutezza umana» la «grande innocenza».
Sirio non ha voluto prendere le distanze da uno stile religioso del vivere, ma ha cercato stili di vita che non distano da quelli che incarnano vera comunione; ha mangiato il pane e bevuto il vino che nutre l'umanità adottata in Dio, che ubbidisce a Lui, che rende giusto e umano il mondo che Egli riconcilia con Sé.
La sua coerenza, solitaria, vissuta fino alla fine, non è frutto di metodi o di scorciatoie, ma di compromissione e di affidamento.
Ci vuole ancora tanto per capire Sirio a questa dimensione.
Il suo vissuto è il dato che ci interpella; esso, però parla non a chi ne cerca letture teoriche, ma a chi lo vive con coinvolgimento esistenziale.
Egli non chiede imitatori che scimmiottano i suoi modi di fare o che si distinguono dagli altri per il fatto che ne criticano gli orientamenti.
Invita a vivere da creature nuove. Questa sua eredità ci sfida.


Padre Dalmazio


in Lotta come Amore: LcA marzo 1989, Marzo 1989

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