Campo della pace

Sabato 10 giugno di è svolta nel giardinetto intorno alla Chiesetta una manifestazione di solidarietà con il popolo cinese. Questo piccolo pezzo di terra appartenente al demanio marittimo è stato concesso in uso al Comune di Viareggio: dovrebbe sorgervi il Campo della Pace, luogo simbolico della volontà e dell'opera di pace nella e della città. Ne abbiamo già parlato su queste pagine e con tanti amici.
Il luogo non è stato ancora sistemato, ma abbiamo deciso ugualmente di utilizzarlo in questa occasione. Inizialmente per raccogliere in modo poverissimo l'angoscia che ci andavamo comunicando l'un l'altro. Poi, piano piano, per esprimere i segni della pietà, della memoria, della con-danna e della lotta.
Ci dispiace che non abbia espresso ciò che nella città si è andato manifestando in modo sbriciolato, talvolta assurdamente vuoto, di parte.
Abbiamo cercato di riprendere qualcosa di ciò che è stato fatto e di esprimere, attraverso la pluralità dei segni, una coralità popolare.
Un gruppetto di persone ha lavorato per una settimana, raccogliendo materiale, componendo-lo e preparandolo per quella che è poi stata la veglia di sabato sera. Altra gente si è aggiunta man mano con i contributi più diversi. E il pomeriggio di sabato il campetto, già ripulito da mani vo-lontarie, è fiorito di luci, di colori, di suoni.
E di gente; non tanta, ma sufficiente perché una piccola folla al calar della notte si radunasse intorno a dei canti, dei testi - elaborati dagli studenti cinesi - proclamati, un piccolo schermo dove scorrevano le immagini crude e terribili.
Il piccolo campo ha raccolto e protetto la concentrazione e il silenzio; quasi da stupirsi perché di fronte - di là dal canale - si compiva il rito chiassoso e consumista del sabato sera.
La gente era la «solita»: quella che si muove in occasioni simili. Ma apparteneva a raggruppamenti diversi che di solito si trovano divisi. Ed è stato sorprendente quando un coro - quasi tutto parrocchiale - ha intonato l'Internazionale. Le stesse parole, la stessa musica fiorita sulle labbra dei coetanei cinesi. È stato un momento cui il rispetto ha vinto antichi e mai sopiti timori. Ed insieme ai segni diversi che le persone potevano compiere scrivendo su grandi fogli, accendendo lampioncini, mettendo fiori, firmando appelli, ecc.; anche il microfono, e quindi gli interventi, sono stati semplici, intensi, misura comprensibili: di gente che parla alla gente. Ed è apparsa in tutto il suo spessore umano la tragicità della storia ed il mistero del piccolo gregge.
Il piccolo campo ha ridato ad una piccola folla la nostalgia di essere popolo.



Luigi


in Lotta come Amore: LcA luglio 1989, Luglio 1989

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