PROCESSO DI CONDANNA
Il processo alla Corte d'Appello di Firenze del 16 dicembre 1980 si è concluso, dopo una giornata di intenso, appassionato dibattito, alle 18,30, con una condanna per tutti gli otto imputati, a sei mesi di carcere, pena sospesa con cinque anni di condizionale. Alle parole, come sempre atone e incolori, del presidente della corte, è calato un silenzio da cimitero sugli avvocati, gli imputati, le centinaia di giovani che per tutta la giornata si sono accalcati dietro le transenne del tribunale. Il giudice prendeva subito le carte di un altro processo e chiamava il nome di un borseggiatore ma nessuno si muoveva, bloccati e come scioccati dall'assurdità, dalla violenza della sentenza.
Perché quella condanna uccideva una lunga speranza: che le ragioni del popolo possano an-che creare "diritto" e quindi prevalenza nei confronti delle ragioni del potere, di qualsiasi potere, politico, economico, militare, religioso. Quell'antica speranza, sempre riaccesa, in mille modi, nei secoli e sempre puntualmente e freddamente spenta. Una legge di un codice del 1930, attualizzata nel 1948 e sempre per ovvie ragioni contingenti di potere politico, ha governato e deciso, in questo nostro tempo, in cui si programmano e si tenta di realizzare progetti di micidialità assolutamente nuova, di cui non vi è traccia nei tempi passati e di irreversibilità tale che, per diverse migliaia di anni rimarranno segno e realtà di morte. Si gioca l'abitabilità della terra, la salute di popolazioni, la sopravvivenza delle generazioni future, imponendo il silenzio, ricacciando la protesta nel criminale, soffocando per quattro parole di un codice fascista, la speranza e la fiducia nella giustizia. "Perché non li hanno trascinati questi imputati al banco dell'accusa, i carabinieri, ma spontaneamente sono venuti qui per un'autoaccusa, determinata dalla fiducia nella giustizia", diceva un avvocato.
E mi sgomentava fino all'angoscia, ritrovandomi affogato dall'amarezza di quei giovani, sentir mormorare, fra i denti, ma vedevo che saliva su da coscienze turbate e oppresse: ma allora che si deve fare? Si deve sparare?
Perché la condanna era calata su tutto il Movimento Non Violento, sulla scelta di un metodo di lotta, assolutamente fondato sul rispetto anche della legge, e condotto in totale obbedienza alla propria coscienza, alla condivisione e partecipazione ai problemi di umanità alla ricerca di sollecitazione delle centrali di potere attraverso la promozione dell'opinione pubblica.
Questa Non Violenza è nel vuoto, nella carenza, spesso nella respinta della mediazione amministrativa e politica (amministrazioni comunali, provinciali, regionali, dei sindacati e dei partiti!) che è venuta facendosi lo spazio per lo stabilirsi della necessità di supplenze nelle realtà popolari, oppresse da interessi a livelli mondiali e di gruppi di potere, ormai scopertamente al di là di ogni limite morale, umanitario, di legalità. E' in questo spazio, è in questa mediazione che la lotta Non Violenta realizza la fedeltà e la coerenza ai valori di umanità, quali la dignità di ogni essere umano, la libertà, l'uguaglianza, la fraternità ecc. e quindi tutti quei valori che si riflettono sul rapporto uomo e ambiente nella lotta contro gli armamenti, il nucleare militare e civile, i modelli di sviluppo impazziti, la corsa verso l'esaurimento delle risorse naturali, l'inquinamento ecologico e tanto più quello morale ecc.
E' stato momento particolarmente faticoso dover ascoltare la requisitoria del Proc. Generale e non poter alzare nemmeno un dito. Manifestava ignoranze paurose circa il nucleare e raccontava assurdità impossibili a sopportarsi. E nel frattempo raccomandava di continuare su questa strada della non violenza e di attaccare manifesti, di distribuire volantini... fate cultura, paternamente sollecitava, fate cultura perché in fondo la causa dei mali che travagliano il mondo, è la mancanza di cultura... E capivo perché la giustizia spesso commette ingiustizia o almeno non è giustizia, perché le regole le trova in un libro e non le scruta nella storia. Su un piatto della famosa bilancia un codice, cioè la legge e infiniti interessi da difendere e sull'altro piatto un'ipotesi, una utopia e cioè un pericolo capace di insidiare la tranquillità del sistema.
La condanna della corte di appello fa retrocedere la «giustizia» fino all'assoluzione del 19 marzo del tribunale di Grosseto, «per aver agito in stato di necessità putativa, la ribalta totalmente, cancellandola con una condanna e stabilendo che siano pagate le spese processuali anche di quel processo che si concluse con l'assoluzione. Un tribunale condanna un altro tribunale, dei giudici danno del cretino ad altri giudici...
La cosa lascia perplessi e non può non venire in mente la parola del Vangelo: "Se gli abitanti di una città si dividono e si combattono tra loro, quella città non può continuare ad esistere. Se in una famiglia manca l'accordo e ci si divide, quella famiglia non potrà più durare. Se dunque Satana si mette contro Satana e non è più unito, non può andare avanti; il suo potere è finito" (Mc. 3, 24-26).
E' chiaro che il nostro processo e noi stessi siamo un ombra, un niente, nei confronti di quello che sta succedendo in Italia e nel mondo, ma è anche vero che le piccole cose sono un segno sbriciolato di quelle grandi e che il mare è fatto di gocce d'acqua e ogni rigagnolo cresce l'inquinamento.
don Sirio Politi
Questo appello alla Corte del Tribunale è stato letto, in apertura di dibattito, da Don Sirio, a nome di tutti gli otto imputati.
Signori Giudici,
abbiamo deciso comunitariamente un solo intervento. un intervento che non vuole assolutamente avere il benché minimo sapore di comunicato o di pronunciamento ideologico. Ognuno di noi risponda come persona indipendente, obbedendo, secondo la propria coscienza, a motivazioni che ci hanno condotti alle medesime scelte.
Questo compito di precisare ancora una volta, davanti a questa Corte di appello, le motivazioni che ci hanno convinto all'azione che ci viene contestata come reato è stato affidato a me (e io vorrei assolverlo con particolare intensità) forse per i miei capelli bianchi, segno evidente di una già lunga vita e per il fatto che, essendo io sacerdote da trentotto anni, mi conferisce forse una particolare credibilità nel garantire che il nostro essere qui è semplicemente e unicamente in risposta ad un chiaro imperativo di coscienza. Coscienza che particolarmente in me, credente e sacerdote, è determinata, anche in questa lotta contro il nucleare, da un dovere di fedeltà e di coerenza ad una scelta di Fede in Dio, come norma fondamentale di impegni pratici e quindi di comportamento.
Per me o per questi miei fratelli e sorelle questo valore inalienabile della dignità umana che è la coscienza, è criterio determinante di rapporto con il mondo e il tempo in cui viviamo, con la realtà storica nella quale siamo chiamati ad operare.
Su questo problema di coscienza, che noi abbiamo vissuto e sofferto, vorremmo che questa Corte ci giudicasse. Perché la nostra responsabilità, se di questa si vuole parlare, sta tutta nell'avere agito secondo coscienza, rispondendo e affrontando i gravissimi problemi morali che il nucleare, e quindi le centrali nucleari, ci hanno imposto, in misura tale di gravità da renderci impossibile, perché risulterebbe disonesto e immorale, non raccogliere.
Mi permetto appena fare qualche accenno a questi motivi di obbligo morale, umano e civile: problemi del resto ormai abbondantemente trattati dalla scienza responsabile, dall'economia ragionata, e da una politica sana e libera:
1) Questa nostro opposizione alle centrali nucleari in progetto di costruzione in Maremma, siamo nell'anno 1976, maturata con l'occupazione del sito ferroviario di Capalbio, è ovvio che non è per motivi personali, né per arrecare danno alle FFSS, ma unicamente per raccogliere e potenziare tutto un popolo, teso a salvare la propria terra e la sua abitabilità. Semplicemente non siamo rimasti indifferenti, chiusi nel privato e nel tepore della nostra tranquillità.
2) Ci incoraggiava la fiducia di un ascolto da parte dei poteri costituiti, fino allora rimasti insensibili e sordi a qualsiasi richiesta di interessamento. Fiducia del resto non inesaudita dal fatto che la Regione Toscana non ha concesso il nulla osta per la costruzione della centrale "Coredif" nel territorio del comune di Capalbio, diversamente dal comportamento della Regione Lazio per Montalto di Castro
3) Siamo convinti della sismicità dei siti prescelti per la costruzione di centrali nucleari nel nostro paese. Vedi il recente disastro sismico nell'Irpinia precedentemente indicata dal CNEN come territorio disponibile per centrali e per depositi di scorie radioattive.
4) E' ormai certo, per ricerche scientifiche anche recenti, realmente impressionanti, che il rilascio radioattivo di centrali in normale funzionamento comporta un progressivo aumento di cancro e di leucemie. E' semplicemente assurdo pretendere che una coscienza popolare non si muova per bloccare l'incremento di questo male spietato: tutta l'ansia dell'umanità e lo sforzo della scienza è teso nella speranza che sia vinto questo micidiale nemico della vita e nel frattempo disinvoltamente viene incrementato e dilatato.
5) E' immoralità sconcertante che sia imposto alle generazioni future un inquinamento radioattivo atmosferico, di acque, di alimentazione, in aumento incontrollabile e irreversibile. Che siano lasciate ai figli dei nostri figli, fino a migliaia di anni, depositi di scorie radioattive equivalenti a depositi di morte.
6) Una sana e retta coscienza non può accettare che la ricerca di una fonte di energia, che otto centrali nucleari non possono soddisfare che nell'irrisoria misura del 5% del fabbisogno nazionale, possa compromettere il diritto ad una terra dove sia possibile la vita: se è vero, come è vero, che «il fine non giustifica i mezzi» e che il benessere materiale dell'oggi, abbia il diritto di distruggere la vita del domani.
7) Non può lasciare indifferente sapere che l'energia nucleare inizia la sua storia con Hiroshima e Nagasaki e che il tentativo di farle perdonare un orrendo massacro cercando di utiliz-zarla in usi civili, non ha impedito la continuità della sua maledizione arrivata fino al punto di accumulare un potenziale di armamento nucleare sempre in aumento, capace di distruggere già l'umanità 15 volte. Nel 1985 saranno 45 le nazioni che avranno fra le loro armi la bomba atomica.
E' ormai lampante, agli occhi che vogliono vedere, che la costruzione di centrali nucleari nel mondo non è determinata da scelte civili, ma militari. Nel nostro paese la costruzione e il commercio di armi pone l'Italia al quarto posto fra le nazioni: questo disumano profitto sulla morte ha necessità di centrali nucleari: davanti a queste scelte che richiedono investimenti di oltre 30000 miliardi, chi ama la pace e non accetta che l'umanità giochi la propria sopravvivenza, non può che prendere un posizione di resistenza e di lotta.
8) Siamo consapevoli e angosciati della rovina e devastazione che questo modello di sviluppo, centrato su una progressiva industrializzazione, ha imposto alla convivenza umana e siamo profondamente convinti che il tutto nucleare come già, ma spaventosamente in misura incalcolabilmente maggiore, il tutto petrolio degli anni '50, completerà la sua opera di disumanizzazione del vivere civile e della abitabilità della terra che ci ospita.
Signori Giudici, dichiariamo di riconoscere, come già nel Tribunale di prima istanza di Gros-seto, il reato contestatoci. Dichiariamo di avere agito nello spirito e nella pratica della Nonviolenza che noi tutti professiamo e di cui siamo e intendiamo essere indicazione e testimonianza, anche in tutta questa vicenda penale, specialmente davanti ai giovani e in questi tempi dominati dalla violenza occulta di questa nostra cosiddetta civiltà e dalla violenza che insanguina le nostre strade e abbrutisce questo nostro tempo di storia.
Dichiariamo l'onestà della nostra coscienza e il suo primato nel determinare la realtà della convivenza umana per profonda convinzione e linearità di vita, ma anche per testimoniarne tutto il valore umano in tempi come questi dove pare che non ci sia più posto e rispetto per una coscienza umana.
Dichiariamo di accettare, se questa Corte lo riterrà opportuno, le nostre punibilità, secondo la parola dei Codici, della nostra azione di blocco ferroviario, anche se di treni in ritardo sono piene le nostre stazioni e senza incriminazioni di sorta. Respingiamo però e con tutta la nostra forza, a nome della nostra coscienza, e delle migliaia e migliaia di firme che ci hanno dimostrato solidarietà in tutta Italia, la identificazione di una punibilità giuridica con un giudizio di condanna per immoralità di comportamento.
In questo nostro tempo, per i motivi più che noti, si dibatte il problema della moralità delle istituzioni e degli uomini che le rappresentano: ci permettiamo dichiarare di sentirci sereni e di essere qui a testa alta per la convinzione di avere agito per Amore di questa umanità che, ed è angosciante doverlo riconoscere, è spesso soltanto sgabello per sostenere interessi e privilegi: sgabello al quale si è poi disinvoltamente disposti e pronti a dare un calcio e farlo rotolare. E sempre più, Signori Giudici, maturano i tempi in cui sotto i piedi dell'umanità e della sua storia si sta scavando l'abisso.
Contro questa sentenza della corte d'appello di Firenze è stato fatto ricorso in cassazione. Tutto il processo si sposta quindi a Roma e tanto per una speranza di rivincita, quanto per una tenace fiducia nella Giustizia e per mantenere più viva che sia possibile questa lotta contro il nucleare.
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1981, Febbraio 1981
Luigi Sonnenfeld
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