di Amnon Kapeliouk - Al Hamishmar,
Tel Aviv, 30 - 5 - 1980
Le celle - 3 metri per 6, con soffitto molto basso e piccoli fori al posto di finestre - sono sovraffollate. In un angolo della cella c'è un rubinetto, un WC aperto, e - sopra quest'ultimo - una doccia. In questo servizio, senza un mobile di qualsiasi genere né materassi, sono rinchiuse 10 persone, per 23 ore al giorno. «Non ho nemmeno cinque centimetri di spazio privato, si lamenta Abdel Aniz Ali Shahin che ha trascorso gli ultimi 12 anni in diverse prigioni israeliane. Agli avvocati, lo stesso vice-direttore della prigione ha ammesso che il «sovraffollamento qui è terribile».
Il cibo è sempre uguale e deve essere consumato per terra. Due volte al giorno i prigionieri sono condotti in un minuscolo cortile di cemento-armato 5x15 metri per 30 minuti «d'aria». Gli è vietato, tuttavia, di compiere qualsiasi esercizio di ginnastica o sport. Dicono gli avvocati: «abbiamo visto come i prigionieri si sforzano di beneficiare più possibile dal poco movimento che gli è consentito: camminano su e giù velocemente, come un film di Charlot».
Un certo numero di prigionieri è affetto di malattie cardiache. Per esempio, Abdallah Ajami, di 44 anni, proveniente da Gaza, in carcere dal 1967 (cioè dal momento dell'occupazione israeliana dei territori palestinesi), e Adbdel Razek AI Kutub di Gerusalemme, un giovane che si è ammalato in prigione. Nel carcere non c'è un medico. Il più vicino ospedale è a 80 chilometri di distanza, a Beersheba.
La prigione di Nafha è situata in una zona esposta a ogni genere di angherie naturali. Le tempeste di sabbia, spesso violente, sono la causa di costanti infiammazioni oculari. Il cibo è sempre misto a sabbia. Di notte prevale un freddo intenso e di giorno il caldo è intollerabile, tanto più nelle celle sovraffollate e non-ventilate. Serpenti e scorpioni - gli abituali abitanti del deserto - s'infilano spesso nelle celle. «Fin dal 1967 abbiamo lottato per migliorare le nostre condizioni di prigionia». dicono i palestinesi detenuti, «abbiamo fatto scioperi e scioperi della fame, abbiamo subito punizioni, celle d'isolamento, sospensioni delle visite e molte altre pene fino a che, poco a poco, abbiamo conquistato alcuni diritti elementari. Adesso siamo stati nuovamente privati di ogni diritto. A Nafha, dobbiamo cominciare tutto daccapo».
I prigionieri palestinesi chiedono cose elementari: un letto invece di un pavimento sparso con sabbia, insetti e rettili; un tavolo su cui poter mangiare e scrivere; la fine della terribile congestione nelle celle, un lavandino per potersi lavare: un'ora d'aria più lunga e la possibilità di esercitarsi, l'uso della carta igienica, la possibilità di farsi la barba. uno specchio, libri, giornali, il permesso di ascoltare la radio, di portare la biancheria, di ricevere roba per cambiarsi. Insomma, la fine delle condizioni disumane prevalenti a Nafha. «Hanno imprigionato i nostri corpi ma non possono spezzare «il nostro spirito», dicono, annunciando una lotta per i miglioramenti: e comunque, nelle attuali circostanze, non abbiamo nulla da perdere».
Il mondo in cui sono detenuti i prigionieri palestinesi è un mondo isolato e chiuso. La stampa israeliana non ha accesso a queste prigioni e tutte le informazioni accessibili sono ottenute dai familiari o dagli avvocati dei prigionieri. Queste informazioni dettagliate sono sinistre, e non sorprende che la richiesta di miglioramenti delle condizioni di vita viene continuamente ripetuta. Scioperi della fame sono mano frequenti tra i prigionieri palestinesi, il cui numero si aggira attorno ai 3.000 e a cui non si accorda nulla di quanto viene concesso ai prigionieri ebrei, compreso la lettura dei giornali e di libri e l'ascolto della radio.
Le prigioni israeliane hanno una graduatoria di durezza. Ramleh, è una prigione durissima, ma i prigionieri la considerano confortevole in confronto ad Ashkelon e Beersheba. In quest'ultima. il sovraffollamento è intollerabile. Lo spazio stanziato a ogni prigioniero è minuscolo. I prigionieri sono costretti a consumare i pasti per terra. Non hanno il diritto di portare della biancheria o dei pigiami anche quando questi sono forniti dalle famiglie (anche questa umiliazione viene inflitta soltanto ai prigionieri palestinesi). In contrasto con Ramleh, non vi sono lenzuoli. Le cure mediche sono praticamente inesistenti - per qualsiasi malanno viene prescritta l'aspirina. La carta igienica non viene fornita, e, se portata dai familiari. viene sequestrata.
Secondo gli avvocati che difendono i prigionieri palestinesi le visite dei familiari finiscono invariabilmente per essere un incubo per i visitati quanto per i visitatori. La visita è consentita una volta al mese: due fitte e spesse reti separano il prigioniero dai suoi cari, in modo da renderli praticamente invisibili gli uni dagli altri.
Tuttavia, in confronto alla nuova prigione di Nafha, impiantata in mezzo al deserto, anche quella di Beersheva sembra tollerabile. Questa 17.a prigione israeliana è stata designata fin da principio allo scopo di «spezzare» quei prigionieri che a parere delle autorità sono i leaders. La prigione di Nafha è stata inaugurata all'inizio di maggio e in essa si trovano oggi circa 100 prigionieri palestinesi dai territori occupati. Nafha è stata costruita su una collina arida, a circa 8 chilometri da Mnzpe Rarnon, al centro del deserto del Neghev. Le costruzioni sono circondate da molteplici recinti di filo spinato e molti cani da guardia abbaiano incessantemente giorno e notte.
L'intenzione è, a quanto pare, di trasformare Nafha in una prigione centrale per i detenuti palestinesi. Attualmente vi sono incarcerati i prigionieri condannali a lunghi periodi di prigionia, o all'ergastolo, e coloro che sono considerati i capi.
in Lotta come Amore: LcA giugno 1981, Giugno 1981
Luigi Sonnenfeld
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