E' saggezza non drammatizzare anche perché la storia si svolge nel tempo e il tempo è come l'acqua, lava tutto arrotonda i sassi e i macigni che dalla montagna precipitano nel fiume e se non altro tutto sfocia al mare. È vero anche però che il mare - e quindi anche il gran mare della storia - s'inquina sempre più, si ricolma e si satura di rifiuti, di rottami, di espurgati chimici, di veleni e rischia di non essere più mare, ma un'immensa, orrenda cloaca.
Così sta succedendo a questo nostro tempo storico. Rischia di saturarsi di troppi orrori, di troppo schifo. E l'azzurro di umanità, o se non altro la sua speranza, sta riducendosi a melma cupa, verdastra, stomachevole, che perfino le onde nel loro perpetuo frangersi, rincorrersi, scavalcarsi, non sono spumeggiare di creste bianche, luminose di luce, ma rotolarsi pesante e grigio, affaticato e oppresso di troppo lordume.
Sta venendo sempre meno e pare che abbia a scomparire, la poesia del vivere umano, la dolcezza di un'aurora, la serenità del tramonto, in questo vivere quotidiano e tanto più in quello storico. Non è valore di poco conto perché è lo spengersi del palpitare, aperto, fiducioso, del cuore. E senza cuore o col cuore rattristato, stanco, depresso, non più è l'umanità a vivere, ma la forza d'inerzia, il meccanismo freddo di congegni artificiosi, surrogati assurdi, pazzeschi a sostituire la spontaneità, lo slancio, l'entusiasmo del vivere.
La tecnologia scientifica produce tutto - e qui sta la sua maledizione. La cultura sofisticata si sostituisce ai valori naturali e soffoca le intuizioni semplici, umili - e l'appesantimento delle sue razionalizzazioni schiaccia lo spazio dello spirito. La politica strumentalizza, senza pudori e riguardi, ogni possibilità del nuovo nella convivenza umana, a tutti i livelli, mondiali e individuali e riduce a calcolo spietato d'interessi, ogni e qualsiasi promessa di libertà cioè di umanità, riducendo tutto (che disperazione!) a politica. E sopra ogni cosa, valore verità, giustizia, rapporto umano, sensibilità individuali, collettive, di popoli... regna, domina, impera, il profitto economico: e qui sta consumandosi, fino alle misure della crudeltà più spietata, la schiavizzazione più disumana che mai forse è avvenuta nella storia che pure è sempre stata racconto spaventoso di schiavitù.
Non è il caso qui - siamo cosi niente di fronte alla fiumana che il modello di sviluppo sta dilagando, sempre più imperante e in modi e misure assolutamente inarrestabili, nel nostro tempo e in quello futuro - non è il caso di tentare chiarimenti e argomentazioni, per dimostrare la fondatezza di un giudizio tanto pessimista e quasi disperato, sul povero e sciaguratissimo mondo dove cerchiamo, se ce lo consentono, di sopravvivere se non proprio di vivere. Ma anche se non siamo niente - io, tu, noi, popolo, acqua di fiume che fa girare le pale del mulino abbiamo pure il diritto di respirare, cioè di credere in qualcosa che abbia in sé speranza, giustificazione, volontà di vita umana. Perché è pur vero che di poco si campa ma di nulla si muore.
Pensiamo che il bisogno, il desiderio, la voglia di trovare qualcosa - la famosa tavola, uno scoglio a cui sorridere, una mano pulita e forte da stringere, un qualcosa, qualsiasi possa essere, insomma, che aiuti il palpitare commosso di Speranza e più ancora di Amore - distingua l'umano dal disumano, qualifichi e costruisca un resto di umanità di fronte alla degenerazione generale.
Non per essere separati, diversi, arroccati in un perbenismo stupido che arriccia il naso, nauseato, davanti alle brutture del secolo, alla ricerca affannosa dell'acqua nel catino del proprio egoismo per lavarsi le mani, purificandosi, oltre che del crimine della passività, anche del peso di tremende responsabilità, che, sia chiaro, pesano sulla coscienza di ognuno, ma specialmente di chi è chiamato a caricarsi del "peccato" per tentare redenzione e salvezza, sia pure camminando sulla via della croce.
Si tratta invece della voglia - bruciante e appassionata - di trovare pane da spezzare e offrire, acqua di sorgente da versare inesauribile sul deserto che avanza. Valori umani cioè capaci di tenere accesa la speranza, come popolo di Dio che custodisce gelosamente la fiamma accesa nel buio della cisterna, mentre imperversa la deportazione.
Poiché a nostro umile avviso, è il tempo questo in cui bisogna giocare tutto più la Speranza e l'Amore, nel valore supremo dell'attesa.
La parabola del Vangelo è luminosissima: il servo fedele, mentre tutta la casa gozzoviglia, rimane dietro la porta, in fiduciosa, vigilante attesa.
Due cose importanti e decisive per l'autenticità dell'attesa .
Non lasciarsi travolgere nello sbandamento generale. Coinvolgersi sì e a gran cuore per una fedeltà di Amore a costo di tutto. Fino ad esserne schiacciati, annientati. Perché la paura è non Amore. E il tentativo di salvarsi da soli è già tradimento oltre che stupidità e orgoglio.
Lasciarsi coinvolgere è sincerità di partecipazione attiva, è rischio che significa onestà, fraternità, accoglienza e dedizione. L'incarnazione, fino alle misure più estreme, è umanità e cristianesimo.
Lasciarsi travolgere, no. L'arrendersi è segno di calcolo egoistico. L'abbandonarsi alla violenza della fiumana, è passività e consenso. Tanto è ladro chi ruba che chi para il sacco. La pigrizia è imperdonabile quando la casa brucia.
Il pericolo più grave, la minaccia più micidiale che incombe sul nostro tempo, è il potere, lo strapotere - nelle mani di chi? - di avvelenamento di tutta la realtà umana in questo processo di disumanizzazione: dagli individui, alle collettività, ai popoli, alla cultura ai mezzi di comunicazione, dalle esigenze sempre più assolute e assolutizzanti del benessere materiale al raffreddarsi, al congelarsi del sentimento umano individuale, all'inaridirsi terribilmente progressivo della solidarietà.
Il risucchio è praticamente irresistibile. Salva unicamente una profonda chiarezza di idee, un progetto a tutta prova di scelte assolute, la saldezza di una permanenza di respinta insieme ad una coraggiosa e allegra volontà di lotta. E, seconda qualità del servo vigilante nell'attesa, è la fedeltà. Fedeltà a se stessi nel conoscimento e nella convinzione del proprio destino e cioè ai motivi legati alla ragione d'essere, all'essenzialità, della propria vita. L'Amore alla Verità di se stessi è antecedente a qualsiasi altro valore. E giustifica e normalizza il pagamento di qualsiasi prezzo. Fedeltà agli altri realizzando la fedeltà a se stessi per offrire (questo coraggio dell'offrire e non dell'imporre) i valori essenziali, decisivi per la salvezza di umanità nel concreto cammino della storia. Fedeltà da verificarsi incessantemente nella pazienza, nella fiducia, nell'ottimismo inesauribile e cioè nell'Amore. E vorrei aggiungere, ma non è valore marginale, semplicemente aggiuntivo, fedeltà a Dio. Vivere e camminare sulla strada di Gesù Cristo dietro a suoi sogni adorabili, accogliendo le sue dolcissime utopie, bruciando del fuoco del suo instancabile, inesauribile Amore.
in Lotta come Amore: LcA giugno 1981, Giugno 1981
Luigi Sonnenfeld
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