Parole non dette

È impossibile prevedere ciò che papa Giovanni Paolo Il dirà durante il suo viaggio in Argentina riguardo al drammatico problema della guerra.
È possibile invece riflettere sul suo messaggio di pace durante i sei giorni trascorsi in Inghilterra: come sempre non riesco ad avvertire il soffio dello Spirito, il profumo di lievito nuovo del Regno che fermenta la massa, il calore del fuoco acceso nel freddo della notte. Ho la chiara impressione che il papa esprima molto concretamente la difficoltà della grande maggioranza dei cristiani a prendere coscienza del profondo legame che esiste fra l'amore di Dio e l'amore per l'uomo, fra la terra e il cielo, fra la preghiera e la vita. Io non posso pregare per la pace, chiedendola ad un dio lontano sperduto aldilà delle nuvole, quando le mie mani sono impegnate a costruire strumenti di morte, a premere i pulsanti dei missili, dei siluri, delle bombe al napalm, a benedire i soldati sulle portaerei o nei quadrati delle caserme militari. Perché se è vero che la Chiesa è un corpo (il corpo del Signore) allora è anche vero che finché in essa avranno libera cittadinanza i generali, i costruttori di armi, i soldati, i cappellani militari, i vescovi militari, le polizie di ogni specie, i potenti delle nazioni, fino ad allora ogni parola che parli di pace sarà equivoca se non addirittura menzognera.
Anche l'ultimo papa della Chiesa di Gesù Cristo porta davanti nelle nostre coscienze i segni di un dramma secolare che ancora non trova soluzione: l'incapacità di sciogliere all'interno del popolo di Dio i nodi che la storia ha legato in modo inestricabile.
Ci sono parole non dette, un annuncio evangelico rimasto sepolto sotto la cenere della potenza, del denaro, dell'orgoglio, della ragione personale, della paura di perdere il prestigio e la stima dei potenti. Non c'è stato che Gesù Cristo a dire parole chiare e limpide come acqua di sorgente, a insegnare l'obbedienza al Padre e la disobbedienza ai padroni di questo mondo. In questo nostro secolo disseminato di guerre terribili, di armi micidiali (fino a quelle chimiche e nucleari), di campi di sterminio, di stragi feroci, non un papa ha avuto la grazia di poter gridare dal tetti ciò che lo Spirito certamente agita nel cuore dell'umanità lacerata. Abbiamo pregato per la pace, abbiamo scritto, parlato, manifestato per la pace, e poi siamo andati tranquillamente alla tavola del dittatori cristiani, dei mercanti (di cannoni) cristiani, degli eserciti cristiani. Abbiamo insegnato l'obbedienza per amore della patria invece che la disobbedienza per amore di Dio e dell'umanità. Abbiamo proclamato che "tutto è perduto con la guerra", ma non abbiamo detto, "Disertate, disobbedite, state a casa, non andate". Si capisce allora perché i potenti di questo mondo ci mettono a disposizione i loro elicotteri, le loro polizie, le loro macchine blindate: ci sentono alleati nell'identico sforzo di tener buone le coscienze.
Rimane però il fatto amaro che una chiesa amica del faraone non potrà liberare il popolo dal giogo della schiavitù.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA settembre 1982, Settembre 1982

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