Tempo accorciato

Provo, in questi ultimi tempi, la curiosa sensazione di una ulteriore accelerazione degli avvenimenti che rompono l'equilibrio faticosamente costruito nel quotidiano di questi anni. E non più per fatti, decisioni, scelte che hanno attraversato la mia storia personale o le sue intersezioni col vivere sociale. La guerra delle Malvine, i missili di Comiso, la rottura degli equilibri sociali in Italia, il decadere dei vertici della Chiesa, sono alcuni degli elementi che da diverse parti, costituiscono il segnale di allarme di una realtà che incalza e precipita a dimensioni impensabili.
Se ripenso alla fatica di questi anni per accogliere e normalizzare tutta una serie di tensioni dal rapporto fede e politica a quello uomo e donna, dall'emergere del personale alla convivenza con le contraddizioni presenti nel sociale; se ripenso al fatto che alcune cose si sono chiarite nella serena atmosfera della contemplazione e della riflessione, altre nell'oscurità dolorosa degli avvenimenti che si impongono con la inevitabilità dell'accaduto; se quindi sento particolarmente "miei" questi ultimi anni nella tranquilla accoglienza di un quotidiano a volte amaro, ma sempre palpitante e che dà un senso alla mia vita: allora non vorrei perdere ciò che ho acquisito su una memoria e su una storia che mi sono ancora davanti momento per momento.
Eppure sento che non sono più misure sufficienti ad illuminare il tempo che sta venendo, quasi come luce che batte sul piede nel punto dell'appoggio e non nella ricerca del nuovo equilibrio per avanzare. L'analisi dell'esistente non mi basta più se non è attraversata dalle sensazioni di ciò che avanza dalle profondità della storia ritrovando echi antichi e stimoli dalle novità. Non penso necessariamente al terremoto di una guerra a dimensioni mondiali, ma allo stabilirsi comunque di nuove regole di civiltà e nuove condizioni di rapporti umani tali da ridefinire il senso della libertà e soprattutto della giustizia. E non riesco ad intravedere quali possono essere a meno di non lasciarsi condizionare da visioni del tutto pessimistiche che non pensano affatto a raccogliere possibili germi di speranza.
Il quotidiano e l'universale non appartengono più a due sistemi differenti, a scelte divaricanti: si incrociano nella concretezza dell'esistenza, non sono più un polo di scelta per nessuno se non come evidente mascheratura di fughe e strane rinunce.
La vita è quella vissuta, la verità è quella che è espressa, la giustizia quella realizzata e il tem-po è oggi: E questo non più per la sopravalutazione nel confronti della speranza o del sogno, di tutto ciò che è immediato e tangibile, ma al contrario per la fiducia che tutto ciò che è atteso, lottato, amato, invocato o è già con noi in questi nostri tempi "accorciati" o non lo sarà mai. Cosi la pace come la vita come l'amore.
E mentre percorro in serena laicità di confronto e di verifica la strada dell'esistenza in compagnia di uomini e donne, mi rendo conto che quando la storia restringe i tempi della vita e della morte, laicamente devo affrontare la totalità.


Luigi


in Lotta come Amore: LcA settembre 1982, Settembre 1982

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