Obiezione di coscienza e la fabbricazione di armi

Chi non conosce Maurizio Saggioro? Ci siamo incontrati la prima volta, in piena notte, alla stazione di Milano, quasi alla maniera dei cospiratori. Lei è don Sirio? Si, sono proprio lui. Devo assolutamente parlarle... e io quasi, quasi mi guardavo d'intorno piuttosto preoccupato.
Poi ci siamo incontrati in casa di amici e ho conosciuto il ragazzo (sposato e una bambina, adesso sono due) più sereno e tranquillo del mondo. Tenace però e durissimo nell'affermare le sue convinzioni e nel tirare avanti le sue scelte. Mi raccontava della sua obiezione di coscienza. Impossibile continuare al banco di lavoro nella sua fabbrica con quel maledetti stampi che sapeva destinati a produrre elementi per mine militari. Come se le mani si rifiutassero e più il cuore non poteva rassegnarsi a questo diventare anello della disumana catena che stringe l'umanità nella morsa di morte della guerra. E guerra ormai vuoi dire annientamento, distruzione dell'umanità intera. Un incubo che non può non pesare come tremenda responsabilità, in ogni essere umano, ma più che tutti chi è travolto nell'ingranaggio della maledizione perché è dalle sue mani di operaio e di tecnico che vengono prodotti gli ordigni (e stanno sempre più dilagando nel mondo) di ogni genere e specie che in terra, in cielo, in mare, significano e sono soltanto strage, distruzione, annientamento, disumanità.
Non era possibile continuare con questo equivoco, la sua coscienza si ribellava. Anche e forse tanto più perché quel lavoro di morte era il prezzo che costava il pane per sé e la sua famiglia.
Ma l'azienda non accetta e non tollera crisi di coscienza. La ragione economica è valore assoluto. Il capitale è senza cuore e tanto più senza coscienza. Non per nulla la produzione e il commercio di armi (si vendono disinvoltamente armi all'Iran e all'Irak che stanno macellandosi, ai governi dittatoriali dell'America Latina, dell'Africa) sono ormai realtà indispensabili e insostituibili, nell'economia mondiale.
Comprensioni, appoggi, sostegni per questo ragazzo, la cui coscienza si rifiuta di lavorare per la guerra e che ha però il coraggio di affrontare la disoccupazione, un'opinione pubblica non esistente e forse non sensibile nei confronti di questo problema, uno scontro frontale in sede di Magistratura contro la dirigenza di una fabbrica metalmeccanica.
Ha cercato di sensibilizzare il sindacato ma la F.L.M. partecipa piuttosto stancamente. Ha tentato di provare presso realtà ecclesiali, ma le porte si sono chiuse e forse il cuore, certamente la comprensione di una povertà (è dei poveri il regno dei cieli, no?) sola, che non conta niente e non può niente, eppure porta in sé il sogno di Dio: le spade che si tramutano in falci, le lance in aratri.
Soltanto chi ne ha esperienza sa bene cosa vuol dire di esaltazione e di angoscia, portare nell'anima, appassionato e irresistibile, un messaggio e non sapere, non riuscire a trovare i modi per annunciarlo: un messaggio che può trasformare il mondo dalla guerra alla pace, e ritrovarsi profeta senza parole, respinto, rifiutato, come povero pazzo ormai stranito di assurdità.
Unicamente i movimenti per la pace, i convegni, i congressi, gli incontri per la pace,dove è il povero popolo del giovani sognanti la pace, si raduna a tentare di smuovere la montagna dell'opinione pubblica, della coscienza popolare, l'hanno accolto, ascoltato in quel suo parlare parole semplici e convinte, come chi parla con la coscienza sulla bocca e ogni parola è pagata per un convincimento assoluto e a qualsiasi prezzo.
E poi il ricorso in tribunale a Milano contro il licenziamento intimato dalla fabbrica Metalli Pressati, dopo che Maurizio si era rifiutato di produrre materiale bellico.
In prima istanza e in appello il tribunale ha accettato la tesi della dirigenza della fabbrica che sosteneva che la produzione in questione non era di materiale per uso bellico.
Il tribunale quindi ha respinto il ricorso di Maurizio. .
Ma l'altra sera Maurizio mi telefona esultante: ha perduto la causa, la sua causa, quella che lo riguardava personalmente, ma ha vinto però l'obiezione di coscienza. E mi spedisce tutto il documento ,della sentenza di appello. Leggendolo non è che riesco a capire molto in quel linguaggio in cui la Repubblica Italiana, in nome del popolo italiano, tratta e risolve il contenzioso in sede di Magistratura. È chiarissima però l'affermazione della Magistratura che riconosce "II diritto di rifiutare lo svolgimento di una prestazione lavorativa ritenuta in contrasto con la propria ideologia fondamentale: ciò è senza dubbio valido ove si ponga in insanabile e radicale contrasto tra l'ideologia del dipendente e il tipo di produzione aziendale".
Sarebbe estremamente interessante pubblicare tutto il testo della sentenza che ha "una precisa valutazione dell'obiezione, dato che il Collegio giudicante ritiene che essa possa assumere rilievo e diventare oggetto di considerazione giuridica". È la prima volta che in sede di Magistratura si pone con chiarezza questo problema che non è soltanto, viene dichiarato, problema riguardante la coscienza illuminata dalla fede cattolica, perché è di tutta evidenza che tale forma di obiezione può far parte del patrimonio ideologico-morale più intimo e sentito del cittadino lavoratore e costituire un dettato imperativo per un ateo come per un appartenente al più diverso credo religioso.
Tale obiezione, dunque, può avere una portata generale ed attenere a valori fondamentali. Su un piano giuridico allora, può trovare applicazione la norma di cui all'art.41 comma 2°Cos. ove è stabilito che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recar danno alla dignità umana... ".
Se fosse possibile un cordiale abbraccio ai tre magistrati del collegio del Tribunale di Milano che hanno espresso cosi chiaramente il diritto al primato della coscienza, sarebbe davvero doveroso. E anche ai tuoi avvocati, caro Maurizio, un caloroso ringraziamento per averti incoraggiato, sostenuto, difeso. Perché la causa è stata vinta dal valore essenziale alla dignità umana che è la coscienza tanto più quando la coscienza reclama, esige, pretende che sia ascoltata e obbedita la sua ansia di pace, la respinta, assoluta, totale, sempre e comunque, della guerra e di tutto ciò che guerra significa e alla guerra conduce. Perché, caro Maurizio, è davvero venuto il tempo di dare inizio alle battaglie per la pace se vogliamo sinceramente che non si combattano più le battaglie di guerra.
La tua "sentenza" certamente farà testo e costituirà un richiamo importante per altri dibattimenti (ce ne sarà prossimamente uno a Genova: un ingegnere si è rifiutato di lavorare per la costruzione di centrali nucleari e l'Ansaldo l'ha licenziato), ma Dio voglia che il tuo esempio sia seguito dagli 80.000 e più che lavorano a fabbricare armi In Italia: questo "pane amaro" pagato dal sangue e dalla fame del Terzo mondo e dall'insaziabilità degli imperialismi che imperversano il mondo.
Sirio


Chi desiderasse mettersi in relazione con Maurizio Saggioro ecco il suo indirizzo:
Via G. Pasta, 11 - 20161 MILANO tel. 6460484


in Lotta come Amore: LcA marzo 1983, Marzo 1983

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