Un breve accenno sul tema che domina le riflessione della Chiesa universale in questo 1983. Il sacramento della confessione è "in crisi", o meglio è in crisi una pratica collegata all'uso stretto della confessione individuale.
La constatazione è immediata anche nelle nostre chiese: è sufficiente avere in mente le resse al limite della rissa per le confessioni pasquali all'ultim 'ora, di venti o trenta anni fa. Ora spesso compaiono cartelli che disciplinano l'ascolto delle confessioni ad ore e in giorni diversi da quelli delle celebrazioni eucaristiche e le file ai confessionali sono molto più disciplinate e meno affollate. Non so se il nodo centrale della confessione si scioglie ribadendo le necessità degli elementi che compongono il sacramento: accusa dei peccati gravi singolarmente, confessione auricolare individuale, ecc. ecc. Penso proprio che una riflessione condotta in questi anni dovrebbe condurre ad una celebrazione più ricca e articolata del sacramento. Non solo le necessità pastorali (scarsezza del clero, crescita della coscienza dei peccati collettivi... ) a interpellare la coscienza di fede della Chiesa.
Penso che al fondo ci sia da sciogliere il grosso nodo del perdono. Il segno del perdono. È . una parola questa difficilmente ricorrente perché tratta di merce molto rara al tempo di oggi. Provocò attenzione e rispetto, per esempio, il perdono del figlio di Bachelet ucciso dalle B.R. Ma fu un'onda sentimento per qualcosa di eccezionale e quindi difficilmente adattabile a regola di rapporto e di confronto umano e sociale.
Una cultura e una società dove non si perdona e chi resta indietro è perduto. Non sono solo le scorte nucleari a dare preoccupazioni legittime: sono anche le scorie umane, le generazioni distrutte dalla droga, i popoli isolati e dimenticati in braccio ad una fame cronica, gli emarginati sociali, handicappati, giovani, donne che raccolgono le briciole del banchetto imbandito dalle multinazionali.
Sono gli eterni "governati" in mano alla ristretta classe dei "governanti". Scorie umane che si ritrovano all'interno della realtà personale di ciascuno costretto nel ruolo sociale a lottare per sopravvivere nella propria identità e unicità. Un immenso potenziale di energie umane, di vitalità che dovrebbe essere riciclato come segno del perdono di Dio, della sua eterna paternità. Riciclato a vita nuova, donato ancora una volta al mondo per rinascere di nuovo nello Spirito. Credo che la Chiesa universale ha un grosso tema di fronte che la costringe come sempre ad una "conversione" e quindi ad una precisa confessione dei propri peccati e al proposito di non commetterne mai più. Oppure come succede a tanti di noi, cristiani a fatica, confessiamo sempre gli stessi peccati, ormai attaccati al dovere di una sia pur fedele routine?
Il senso del perdono: difficilmente lo viviamo senza proiettarlo istintivamente ai tempi ultimi. Eppure anche questo tempo di oggi ne ha sete inestinguibile. E tutti ne abbiamo un preciso dovere: per noi, gli altri, per il dono della vita che abbiamo ricevuto e che dobbiamo ancora donare a piene mani nella speranza del mondo. Non so se tutto questo potrà essere raccolto e vissuto insistendo solo sull'uso più frequente di quel mobile di legno che la tradizione popolare dice costruito da S. Giuseppe.
Luigi
in Lotta come Amore: LcA marzo 1983, Marzo 1983
Luigi Sonnenfeld
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