La posta di Fr. Arturo Paoli

Caracas Natale 82
Miei carissimi Amici Italiani dal sei dicembre sono a Caracas dopo un'assenza di quasi sei mesi trascorsi in Bolivia, Brasile, Uruguay. In verità il viaggio in Uruguay è stato un affacciarsi al paese, perché non credo sia accettato il mio tipo di lavoro. Mi viene in mente una vecchia zia di mia madre, a cui mi sento particolarmente legato, che era una appassionata di pittura e cominciava sem-pre l'ultimo quadro della sua vita, e quando lo terminava, ricominciava l'ultimo quadro.
Cosi io intraprendo questi viaggi pensando sempre che sia l'ultimo perché vorrei ritirarmi dalla scena; prima che mi ritirino un lancio di pomodori o gli sbadigli del pubblico. Qualche fratello mi ha fatto notare che in questa paura si nasconde una buona dose di orgoglio e mi piace confessarlo, sperando che ne diminuisca la dose nella miscela della mia personalità. Qualche fratello mi ha detto che non è assolutamente necessario che mi preoccupi perché - quando non avrai più nulla di nuovo da dire -, non ti chiameranno più. Noi ci sentiamo obbligati ad accettarti cosi come sei, mi dice in agrodolce il fratello, quelli che ti invitano sono assolutamente liberi di farlo. Non vorrei vi faceste una cattiva opinione dél miei fratelli perché il trattarci con un certo umorismo e con una vena di ironia che smonta le velleità di grandezza, fa parte dello spirito di famiglia cui non saprei rinunziare.
Sottoposto a questa critica seria e semiseria anche l'83 esce tutto programmato e nel pro-gramma entrano alcuni mesi in Italia. Pensavo di passare la settimana santa in Italia a rivivere la poesia pasquale che qui nei tropici non ha l'accompagnamento orchestrale della stagione che risuscita, ma mi richiedono in Nicaragua e chi si negherebbe a questo paese che sta vivendo una tappa cosi storicamente importante?
Cosi penso di venire in Italia dal Nicaragua verso la metà di aprile. Il motivo che mi spinge a continuare questa vita randagia e faticosa divisa fra il soggiorno in Venezuela e i viaggi per l'America latina, è l'Ideate di motivare dei gruppi di religiosi e laici a fare una scelta del popolo.
Il Papa nella sua enciclica Laborem exercens afferma con molta forza: "La solidarietà dei la-voratori e con i lavoratori deve essere sempre presente dove lo esigono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le zone di miseria e persino di fame che sono in continuo aumento. La Chiesa è vivamente impegnata In questa causa, perché la considera suo servizio, sua missione e come una verifica della sua fedeltà a Cristo, per potere ed essere veramente la Chiesa dei poveri" (11,8). Questo richiamo pare ovvio, perché la Chiesa non si è rivolta sempre al popolo, ai poveri? Ma nella indicazione del Concilio che il Papa attualizza e fa sua, c'è una indicazione nuova e storicamente importante. Chiesa dei poveri significa una chiesa in cui i poveri non siano I mendicanti, l'oggetto della nostra carità, ma siano soggetto, voce, opinione. Il nostro amico Balducci dà un contenuto a questa indicazione e lo esprime con la sua inimitabile logica: "La nuova razionalità in grado di sollevare le speranze emergenti alla dignità e alla efficacia di un pro-getto storico non potrà insegnarla nessun Aristotele e nessun Bacone. Essa deve formarsi, e di fatto si sta formando, nel cuore stesso di una prassi che obbedisca ad alcuni principi diventati ormai non controvertibili.
Il primo è, come si è detto, la salvezza storica assunta come criterio finalistico di ogni azione, e come criterio di giudizio nel discernere le speranze. Un altro è la ricostruzione di una memoria storica che non sia quella propinataci dalle classi dominanti e dagli apparati ideologici di cui esse si sono servite. Il terzo è l'accettazione di un confronto critico con tutto ciò che si oppone come diverso, si tratti delle culture estranee alla nostra o si tratti dei gruppi etnici e dei ceti sociali rimasti emarginati o soffocati durante la sicurezza imperiale della Ragione che finora ha fatto storia". (Il terzo millennio pag.55).
Forse a molti italiani - perdonate la mia presunzione - queste parole non sembreranno cosi dense di significato come a me che mi sforzo di dirigere la mia attività a questo fine. Aiutare come è possibile quelli che Balducci chiama "gli altri emarginati e soffocati dalla sicurezza imperiale della Ragione" a scoprire la responsabilità di essere gli artefici di quell'alternativa che sola può salvare la nostra storia. Il motivo che mi spinge a camminare è unicamente questo e lo vedo coincidere con il regno di Dio: è questo il motivo di coerenza della mia vita, sotto altri aspetti incoerente, quello che giustifica la mia presenza in America latina dà senso alla nostra amicizia all'aiuto prezioso e importante che mi date con la preghiera, l'affetto e le contribuzioni economiche.
Il pubblico che assiste alle settimane di ritiro o d'Incontro cui sono invitato in Brasile, in Bolivia e in altri paesi dell'America latina, è formato di religiosi, sacerdoti e laici che in Brasile si chiamano agenti di pastorale, impegnati in una pastorale popolare. Non mi chiedono un aiuto per la loro prassi perché potrebbero insegnare a me, ma una spiritualità che li aiuti a portare avanti con fede, con chiarezza, con coraggio, un impegno durissimo perché molte volte incompreso nella stessa area ecclesiale dove si è abituati a fare la carità ai poveri ma non ad accoglierli e rispettarli come soggetti della storia, e perché i risultati immediati non sono certamente capaci di infondere entusiasmo e speranza. Il seminare fra le lacrime è la vera realtà. accompagnare questa sofferenza e nella ricerca di una sofferenza speranza contro ogni speranza, scopro la dimensione evangelica della mia vita. Mi accompagna la certezza assoluta che questo è il solo contributo che la Chiesa può dare e deve dare alla storia e il solo cammino che può liberare il Vangelo dalle oscene alleanze col potere economico e politico che difende la scorza del Vangelo svuotata della sua vera vita.
Il Vangelo separato da una prassi di liberazione popolare fatalmente si trasforma in ideologia dell'oppressione, della alienazione, della violenza.
Il desiderio di Balducci di smascherare la sostanziale insincerità che rende il Vangelo complice del privilegi delle classi dirigenti e è una operazione liberatrice che possono attuare solo i gruppi oppressi.
La mia nostalgia per l'Italia si è trasformata in questi anni, per merito vostro, in una calda affettuosa comunione, perché sento che io non sono per voi solo un ricordo del passato, ma uno che condivide ideali, speranze e una responsabilità storica che aiuta tutti noi a proiettare in uno spazio vastissimo le nostre vicende personali che portano spesso il segno della regressione e della morte. Non lascerò in America latina come i missionari classici né templi né ospedali, né collegi, ma un piccolo contributo alla storia in cui si scopre ogni giorno più drammaticamente la necessità di un salto qualitativo. Per noi cristiani non è strano che ci si attenda questo salto di qualità del mondo povero capace di arte, di poesia - Neruda e Garcia Marquez ne danno prova -, ma ritenuti incapaci di proposte tecniche capaci di risolvere la nostra crisi congiunturale, perché il rinnovamento, la vera novità, ha la sua radice in Nazaret da cui non si attende nulla di nuovo e di buono.
Non vi faccio per 1'83 gli auguri banali di felicità, ma esprimo il desiderio che consolidi in ciascuno di noi la chiarezza e la forza di contribuire alla crescita del regno di Dio.
Vi abbraccio con infinita tenerezza.



Arturo


in Lotta come Amore: LcA marzo 1983, Marzo 1983

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