Un libro di don Sirio

Veder pubblicato un proprio libro fa sempre una certa emozione: è qualcosa di se - e forse tutto se stesso - che viene offerto. È quindi Amore o almeno Amore vorrebbe essere. Queste pagine sono veramente anima della mia anima e forse più ancora perché vorrebbero significare tutto ciò che è "oltre" la narrazione e le parole che la raccontano.
Vorrei tanto che il mio sognare possa aiutare a vivere, a credere nella vita umile e semplice per un saperla traboccare d'infinito. È possibile anche nel tempo in cui viviamo e che tutti, un po' più un po' meno, rabbrividisce di tristezza e raggomitola in spazi sempre più ristretti e soffocanti.
È possibile aprire la porta, uscire di casa ed abitare nel mondo.
Il libro uscirà alla fine di giugno.
Edizione Gribaudi Torino
Il titolo: "Antico sogno nuovo".

È un fatto e ognuno ne ha o può averne esperienza, che le vie lungo le quali cammina la vita sono tante, anche se non proprio infinite, come quelle di Dio.
E forse non poniamo attenzione, come sarebbe giusto, alle strade che, ai bivi frequentissimi abbiamo deciso di abbandonare.
La nostra vita è quella realizzata a seguito delle scelte fatte o è più vera, cioè più noi stessi la storia non vissuta, quella che ha camminato su strade tracciate ma non percorse?
Certamente la vita vissuta concretamente, quella raccontabile perché fatta di date, di cronaca quotidiana, di avvenimenti e di vicende, non è l'unica vita che abbiamo vissuta o che poteva essere vissuta.
La musica scritta non è tutta la musica del compositore, può essere non di più di una risonanza, di un'eco lontana. Così per il poeta le poesie, le opere d'arte per l'artista... Il concreto, il realizzato non è mai per ogni essere umano molto più dell'onda che si frange sulla spiaggia nei confronti dell'immensità del mare.
Questa realtà della limitazione di tempo e di spazio, quasi dell'imprigionamento al quale costringe la concretezza del vivere, la "storicizzazione" dell'esistenza (l'acqua di sorgente è inevitabile che diventi ruscello fiume) più che riduttività avvilita. rassegnata ribellata e disperata, mi è sembrato giusto e bellissimo giudicarla segno. simbolo, allegoria, di tutta l'ampiezza, la spaziosità della vita umana.
Perché il vivere è umano in proporzione alle sue dimensioni di spazio e di tempo, non riscontrabili unicamente nel vivere quotidiano e nella brevità della vita.
Tutto dipende dalle scelte secondo le quali si vive: ampliando cioè continuamente il corso del fiume o concludendolo in uno stagno.
Lo spazio di una vita è sempre ristretto e soffocante se non è dilatato oltre ogni misura nella vastità di cui è capace e in ricerca, lo spirito umano e la sua inesauribile creatività. E se non ha o non trova di vivere il concreto, spesso tanto banale e impietoso, in simbolismi di altre realtà, figure di pietra in immagini di vita vissuta proiettate sul grande schermo dell'esistenza. Anche l'alienazione può non essere una fuga, una trasposizione nell'assurdo, ma poesia, arte, contemplazione... cioè movimento di valori in ricerca di simbiosi. di comunione, o addirittura di completamento, di pienezza.
Tanto più questa unità-molteplicità è realtà di vita in una visione di Fede, cioè in un rapporto creativo nel quale il vivere umano è acqua di fiume che sfocia nella vastità dell'oceano e non tanto in una prospettiva escatologica, quanto nel passo, passo della quotidianità della vita e della storia.
Perché Dio è il seminatore del granello di senape per farne albero, il rimescolatore del pugno di lievito a fermentare tutta la massa di farina. Il Ministero di Dio cala in una vita per la sua pienezza, cioè per potenziare l'individualità fino alle misure della sua universalizzazione. L'esistenza è Dio e Uomo e quando non è più possibile discernere le sue entità, allora è trasfigurazione, cioè realtà perfetta.
Questo libro (che mi sono permesso di scrivere e mi confonde assai la tanta presunzione di cui chiedo perdono) è il racconto di qualcosa della vita concreta, reale, storica (tanto per un rapporto di tempi e di luoghi) ma specialmente è il racconto della vita non vissuta concretamente eppure realmente vita. Tant'è vero che fra le due vite, a voler insistere in un giudizio d'impossibile, assurda dicotomia, quella vissuta e quella raccontata, non saprei con onestà indicare quale è la più identificabile con me stesso. Eppur stando così le cose, non mi sento e non mi ritrovo sdoppiato, né sovrapposto. tanto meno complesso. Il me stesso, la mia identità, è questa totalità raccontata, dove il passo, passo di ogni giorno cammina anche su altre strade o trova ali per volare nello spazio senza orizzonti è l'urtare impietoso contro i muri del "fine corsa" e nello stesso momento è andare "oltre" dove il finito si perde nell'infinito.
Io ho vissuto tutte le pagine e ogni parola di questo libro. Il racconto non è fantasia, invenzione letteraria, narrativa di un sogno beatificante.
Non è però autobiografia se non nella misura della descrizione del predellino per il tuffo, l'autobiografia semmai è dopo, è il nuotare nell'oceano. l'abbandonarsi alla violenza irresistibile dello "spirito che è come il vento, non fa sapere di dove viene e dove va".
Questa irrealtà è la vera, autentica realtà sì che forse ciò che non esiste né mai è esistito porta il proprio nome e cognome e invece ciò che è scritto sulla carta d'identità, raccontato dalla cronaca quotidiana, conosciuto dagli amici ecc. non è che semplice apparenza o controfigura. Sono le specie, gli accidenti si direbbe con linguaggio teologico eucaristico (mistero non esclusivo all'Ostia consacrata) che non sono di più che la significazione della sostanza. È chiaro e bellissimo che la contemplazione, l'adorazione, il rendimento di grazie, sono per la sostanza: qui è Dio e Uomo, cielo e terra, eternità e tempo, finito e infinito. Il colore, il sapore, la forma... sono l'illusione, la distrazione, la vanità ma nello stesso momento sono anche il segno del mistero, il simbolo dell'impossibile, il sognare l'incanto dell'utopia.
Il libro è anche per domandarmi e domandare se la realtà della vita e della storia è il segno concreto o il mistero. Ho cercato di raccontare di questo mistero...
Nel racconto si tratta di me, è vero e come potrebbe essere diversamente? Nessuno è punto di convergenza, centro gravitazionale, valore determinante: non siamo che un brevissimo segmento della lunghissima linea della vita e spesso, disgraziatamente per noi e per altri, anello della terribile catena. Ma è anche vero che le concatenazioni sono una delle realtà più misteriose della vita. Si è soli e nel frattempo si è folla, moltitudine. E nella più o meno uniformità dei volti, i lineamenti chiari, precisi, inconfondibili, degli amici, questa parte vivente, carne e sangue e anima, del nostro mistero.
Raccontare di me è tutt'uno che raccontare degli amici, uomini e donne, perché insieme, più o meno consapevolmente, nel segreto dell'anima o alla luce del sole, abbiamo vissuto un'unica vita, o almeno comunità di vita, nonostante la diaspora delle vicende personali. Tutte persone che io ho incontrato, conosciuto, ma di cui mi sono permesso raccogliere e raccontare quella realtà di mistero della loro vita che io ho intuito e profondamente amato, cioè il loro vero se stessi, quell'identità costitutiva della loro originalità personale, ma che forse (per molti credo che sia un dramma angosciosissimo) non ha potuto trovare possibilità di traduzione - e per chissà quali e quanti motivi - in una concretezza esistenziale.
lo ho osato raccontare la realtà, la più vera, della loro vita, quella cioè non esistita ma che pure è esistita. Il mio raccontarla è semplice e onesto far venire alla luce un concepimento e era tanto Amore, abortito, un sereno "predicare sui tetti ciò che è stato detto e con quanta passione, nel segreto".
I nomi che ho scelto (il nome, nel segno biblico, è indicazione di destino personale) vogliono semplicemente, ma con simbologia efficace, trasparire il Mistero che sta sopra di ognuno, cioè quell'essere "segnati sulla fronte" dalla predilezione di Dio fino alle misure di possesso totale.
È a seguito di questo essere posseduti e quindi coinvolti nelle vie di Dio che questi uomini e donne, diventano libertà serenamente liberata, cioè uomini e donne che non sono coinvolti nel mondo e travolti dalla sua storia.
Così e altrettanto è per i valori raccontati: la vita eremitica, monastica, la comunità, la preghiera, l'amicizia, la libertà, la lotta... la contemplazione di Dio e dell'uomo e le infinite, adorabili confluenze.
L'Amore di Dio, esclusivo, totale, che costringe al superamento di se e a compromettersi. a giocare tutto, nella storia. Il Vangelo, respiro dell'anima, vincolazione e liberazione, per costruire l'alternativa di umanità alla disumanità...
Direi che il protagonismo del racconto è costituito assai più dai valori che dalle persone. La persona acquista i suoi significati proporzionalmente al suo essere contenuto e fermentazione di valori.
Potrà sembrare restrittivo lo spazio di un monastero costruito secoli fa sopra una collina. Ma a parte la perenne verità di quel detto, a me carissimo, "chi lotta e soffre su una zolla di terra, lotta e soffre su tutta la terra", è anche vero che la riduttività non è mai a seguito delle condizioni esterne in cui si vive, ma unicamente a causa delle ridotte misure dell'Amore.
Tutto è universale quando universale è il cuore, tanto più poi e particolarmente, quando le misure scelte sono quelle di Gesù Cristo. Allora è inevitabile, anzi cercata, la forzatura all'interno delle istituzioni. fino all'intensità della lotta nonviolenta, sicuramente provocata e guidata dalla violenza dell'Amore. Sogni di trasformazioni, anche rivoluzionarie, nelle burocrazie dell'istituzioni civili, politiche, amministrative, nelle condizioni sociali e culturali popolari. Fede appassionata nella Chiesa "pugno di lievito, sale della terra, città sul monte", vissuta più che il se stessi, amata dello stesso Amore per il Regno di Dio, nella serena disponibilità a pagare qualsiasi prezzo, compreso il vendere tutto, per il "tesoro nascosto nel campo".
Non è utopia ma realtà da toccare con mano, perché mura di monastero che chiudono, in clausure perdute nel Mistero di Dio e aprono le porte all'accoglienza del Ministero dell'umanità.
Vastità di silenzio che ascolta Dio e proclama la Parola con la profezia della "parola non legata". Uomini e donne, carne e sangue e anima e destino di umanità, in continua ascesa e discesa dal "terzo cielo" sulla terra e viceversa.
Forse se qualcuno, mosso da interesse o da semplice curiosità, mi domandasse l'indirizzo di questo monastero, potrei indicarglielo: una grande città, appena lasciata la tangenziale bisogna salire fino al termine della strada, sulla cima di una collina. Ma a suonare al portone, di fianco alla chiesa (c'è ancora la campanella sostituita logicamente dal pulsante elettrico) si scoprirebbe che il monastero esiste; ma che però non è il mio monastero. È però il monastero: eccolo lì il muro di cinta, logorato dai secoli, oltre s'intravedono le celle degli eremi nella spianata, circondata dalle chiome scure di grossi lecci, che apre sulla città, ecco, questa è la chiesa, solenne come due mani giunte in preghiera e si avverte quello strano clima di mistero che trasparisce sempre dagli antichi monasteri..
Ho respirato a lungo questo mistero che per me e la comunità di queste pagine, è vita vissuta, in un sogno più reale della realtà e in una realtà meravigliosa come un sogno.
Dal mio eremo
Ferragosto - S. Maria 1982


Sirio Politi


in Lotta come Amore: LcA giugno 1983, Giugno 1983

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