Un teatro per la pace

È trascorso ormai un anno da quando ci siamo messi in giro a "predicare la pace" con lo spettacolo teatrale "Le ombre d'Hiroshima" che don Sirio ha scritto e che insieme ad un piccolo gruppo di amici siamo riusciti a mettere in piedi. Amici molto diversi fra loro, ma tutti desiderosi di dare un po' del proprio tempo e delle proprie energie a questo grande sogno della pace. Perché proprio di sogno si tratta: di una visione della vita raccolta prima nel profondo del cuore, alle radici stesse dell'esistenza, e poi resa pubblica, gridata, raccontata a forza di gesti e di parole. Una visione che parte dall'esperienza tragica e terribile della prima bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki e poi si allarga fino al nostro tempo così carico di pericoli concretizzati nell' enorme potenziale nucleare che i "grandi" hanno progressivamente accumulato sulle nostre teste, nascosto - quasi fosse un tesoro prezioso - nelle profondità della terra e del mare.
Un annuncio, questo del nostro teatro per la pace, che non vuoi far leva sulla paura, perché la paura è sempre e comunque una cattiva madre, anche se a volte può produrre qualche frutto positivo. Un annuncio invece che vorrebbe scavare dentro le coscienze, prendere il "cuore" dove ogni uomo e ogni donna potrebbero ritrovare il senso della vita e rendersi conto dell' assurdo che è nascosto nella logica purtroppo cresciuta e crescente dell'equilibrio del terrore, del riarmo ad ogni costo (magari fino all'olocausto di milioni e milioni di esseri umani).
A me è sembrato di andare in giro nei teatri, nelle chiese, in qualche piazza, a compiere un'opera che assomiglia tanto alla visione che pare S. Agostino abbia avuto a proposito di tutt'altra questione: un bambino che con una conchiglia cercava di svuotare il mare! Forse anche noi col nostro girare qua e là in veste di modestissimi "attori", con le nostre attrezzature da saltimbanchi, assomigliamo a quel bambino della visione: Vorremmo tentare di svuotare il gran mare della violenza organizzata, l'oceano degli arsenali militari, degli eserciti sempre pronti alla lotta, delle centrali del potere politico ed economico che sono sempre dietro ogni militarismo, della sottile e ben attrezzata cultura della guerra che ogni popolo ha pagato a prezzo di fiumi di sangue. Forse quello che abbiamo fatto e che continuiamo testardamente a fare è solo un ingenuo ed infantile tentativo di portar via da quest'oceano amaro della storia umana qualche goccia, con l'assurda speranza che arrivi il momento in cui si realizzi il grande avvenimento sognato dal profeta Isaia: "Forgeranno le loro spade in falci, le loro lance in aratri e nessuno imparerà più il mestiere della guerra".
Così il nostro sogno ingenuo e infantile si ricollega misteriosamente al sogno stesso di Dio. Quel sogno che storicamente si è fatto visibile nella vita di Gesù di Nazareth, del quale vorremmo essere umili ma fedeli testimoni. Sulla linea della sua lotta, dei suoi sogni, delle sue speranze forse si può collocare anche questo nostro "girare per le città d'Israele" nel tentativo di provocare una presa di coscienza che conduca a delle risposte precise contro la logica della guerra e per una cultura e una vita di pace.
Nei dibattiti che abbiamo sempre fatto a conclusione del nostro teatro, sono sempre emerse le contraddizioni che sono alla base della nostra cultura riguardo al modo di concepire la realizzazione della pace, sia per quello che è definito il "mondo cattolico" sia per il "mondo laico e socialista". Alcune di queste contraddizioni sono del resto state messe in evidenza da certi "gesti" pubblici che sono stati compiuti proprio durante questo nostro "anno teatrale" da persone che nella Chiesa cattolica hanno un ruolo importante e significativo. Vorrei ricordare la benedizione della prima pietra della chiesa che sta sorgendo nella base nucleare di Comiso fatta dal vescovo di Ragusa e del giubileo dei militari celebrato a Roma dal papa Giovanni Paolo II. Il nostro annuncio teatrale è esattamente all'opposto di questi avvenimenti che esprimono in modo chiarissimo come si possa annunciare la pace dando una mano (benedicente!) a coloro che preparano, programmano e attuano le strategie della guerra.
Ugualmente sul fronte "laico" i continui appelli e richiami alla distensione e quindi alla pace, sono subito smentiti dal dispiegamento di armi nucleari sempre più raffinate, precise e distruttrici. Il nostro caro presidente Pertini, ad esempio, che aveva auspicato lo svuotamento degli arsenali militari per riempire i granai di chi muore di fame, si è ritrovato a presiedere una "repubblica nucleare" ben espressa dalle rampe dei Cruise di Comiso. Con la nostra umile conchiglia fra le mani, noi continuiamo nel folle tentativo di svuotare il mare...


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA giugno 1984, Giugno 1984

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