Pace, Amore e l'Assoluto

Nel mese di ferie mi è stato dato di sbarcare in un'isola. Nell'isola mi è stato donato di scoprire una valle. Nella valle ho trovato una casetta di pastori. Nella casetta ho vissuto vita eremitica. La vita eremitica mi ha ottenuto di oltrepassare gli orizzonti del cielo e della terra e di perdermi nell'infinito.
Non sono pensieri, meditazioni, ricerche o approfondimenti teologici, ma soltanto un respirare interiore e fasciarmi portar via dal cielo azzurro, dalla dolce violenza del sole, dall'abbraccio appassionato del vento...

Pace, Amore e l'Assoluto
Nelle mie riflessioni e più ancora nelle mie intuizioni e cioè in quelle istintività interiori che si impongono come la fame e la sete nel più profondo del proprio essere, in queste mie riflessioni il criterio base, la provocazione e il dilatarsi dell'illuminazione, mi proviene dalla pace. È come avere finalmente scoperto dopo tanto pellegrinare e vagabondare, il luogo che misteriosamente avverto quello in cui sono nato, la mia terra e dove quindi mi è dato e donato di vivere pienamente la mia vita: qui è la sorgente d'acqua limpida, il pezzo di terra buona dove seminare per il pane e l'aria è chiara trasparente; il cielo azzurro o anche nuvolo è dono come il sole e la pioggia. Anche l'aurora e l'imbrunire, il giorno e la notte, il succedersi delle stagioni non sono tristezza ma la gioia di un cammino, il farsi incessante di un divenire glorioso perché il tempo, cioè il camminare, l'andare avanti è tutt'uno con l'essere arrivati, tempo e non-tempo si equivalgono, come ogni istante è eternità e eternità ogni palpitar del cuore.
È utopia questa pace, la pace, o peggio ancora, è vuoto, aspirazione illusoria? Può essere. Ma allora perché ne provo un così profondo, misterioso, infinito desiderio? Perché - e è quasi in continuazione - me ne prende una voglia terribile come aria da respirare e pane da mangiare?
Mi viene spesso da cercarla la pace girando gli occhi intorno come per scoprirne la concretezza, di toccare, di palpare con le mani per sentirne la materialità. È interrogazione continua, assillante, un domandarne qualcosa a chi possa darmene notizia, un' indicazione preziosa. La cerco nelle profondità del cielo, negli abissi della terra, nelle vicende della storia, nel travaglio della vita quotidiana, nel Mistero della tua anima, nella trepidazione del tuo corpo, nello splendore o nell'incupirsi dei tuoi occhi, nella speranza, nella disperazione... La pace è come la ricerca, il bisogno di Dio: un 'insaziabilità che divora, una necessità assoluta, irrinunciabile. Non stanca il non trovare: semmai impazzisce sempre di più per l'impossibilità di arrendersi. Bisogna abbattere le muraglie della prigione, segarne almeno le inferriate e calarsi giù con le lenzuola annodate. Per ottenere la libertà di correre e correre a cercare. Perché, è chiaro ormai, cercare è già trovare. È certo che l'ignoto si lascia scoprire, l'introvabile, eccolo lì, al voltar dell' angolo, in una stretta di mano, nella cordialità di un sorriso a cuore aperto.
Si sono concluse le vie obbligate. Scomparsi i luoghi sacri. Confuse e inutili le definizioni e tanto più le imposizioni. Rimangono certo importanti le orme lasciate e i segnali indicativi di strade percorse: ma non servono di più che per accennare un orientamento.
Stelle polari per punti di riferimento alla rotta nell'immenso oceano del Mistero. Ma decisiva rimane la spinta interiore, l'urgenza irresistibile, il richiamo imperioso, nascosto nel profondo di sé, come per gli uccelli migratori. Ciò che conta e significa e s'impone è il polo magnetico e la forza di attrazione. E dunque la risposta interiore, la rispondenza nascosta, la necessità impellente. Allora l'incontro arriverà, anzi già avviene perché l'Amore non è il possesso, l'Amore è l'attrattiva vicendevole, il non poter fare a meno dell' altro, è questa alterità affascinante perché (è chiarissimo, come la luce del sole) è il perdersi nell'alterità che dona compiutezza.
Il Mistero dell'esistenza è in questi poli lontanissimi che si cercano, si attraggono perché sia vinta e superata la separatezza e si compia l'unità.
Tra Dio e l'uomo (l'umanità) le differenze sono oltre ogni misurazione, così le lontananze, letteralmente infinite, eppure, e lo stupore è contemplazione adorante, le identità sono sorprendenti, quasi incredibili e forse perfino inaccettabili, non per Lui, Dio, che le ha pensate, volute e chiaramente dimostra di non averne paura nonostante i prezzi d'infinito inesauribile Amore, ma spesso identità inaccettabili a noi, a me, a te, alla condizione umana e alla sua storia, perché troppo crediamo soltanto alla nostra identità, quella costruita con le nostre mani, il volto fatto con i nostri trucchi, la maschera costruita con i nostri inganni, infatuazioni, esaltazioni, impazzimenti. Preferiamo la moneta falsa a l'oro sonante. Ci affascina il complesso, il complicato, la complicazione.
Il ripiegamento su noi stessi, l'aggrovigliamento della nostra razionalità, la distinzione, la separazione e cioè tentazione irresistibile quanto sempre sottilmente ingannatrice - e lo sappiamo e qui sta l'immoralità - è l'assolutizzazione.
Stranamente è questa voglia dell' assoluto, questa necessità del tutto, che ci gioca l'errore esistenziale, sostanziale, dal quale ha inizio la via sbagliata e tutto il cammino che ne consegue.
L'assoluto è la ragion d'essere della nostra vita, la spiegazione della nostra esistenza e diventa (e è maledizione) radice, causa e racconto di tutto l'orrore di cui la storia dell'umanità trabocca.
Perché?
Forse la spiegazione è molto semplice e basterebbero occhi limpidi per vedere e cuore puro, liberato per comprendere.
L'assoluto è realizzazione, ottenimento di valore, spazzando via tutto l'intorno, come dire fare piazza pulita, perché rimanga unicamente, esclusivamente (sono gli avverbi-storia della disumanità, sono cioè "il peccato") il monumento e il suo piedistallo.
L'assoluto è la fatica impazzita di essere il solo, l'unico, l'io.
Anche Dio, il veramente uno, ha rifiutato per così dire, quest'assoluto, questa assolutizzazione, pur essendo pienezza, totalità, compiutezza: niente può essere aggiunto né tolto a Lui eternamente perfetto.
Ma la Rivelazione (e l'intuizione contemplativa e la conoscenza adorante) dice che Dio è Trinità. L'assoluto cioè è ottenimento di convergenza trinitaria. L'assoluto è Amore e quindi non è più assoluto.
L'Amore pone l'esigenza, la necessità dell'espansione, del dono e dell'accoglienza.
In questa visione di Dio è semplice capire il perché della creazione. Sulla linea del superamento dell' assoluto e nella necessità di ottenimento dell'Amore, l'onnipotenza del donarsi ha espresso l'universo. E nella realtà cosmica della creazione la necessità incontenibile dell'Amore ha pensato e chiamato "l'altro", l'uomo. È bellissimo e colma di stupore adorante contemplare l'universo, "l'altro", perché l'assolutezza non sia Dio e nemmeno Dio Trinità.
Corre il tempo incommensurabile ma è riprova che l'universo non è "altro" ossia vera "alterità" a impedire l'assoluto. E è allora, a compimento dell' Amore, che nella profondità misteriosa del tempo (miliardi di anni dicono gli scienziati, sei giorni dice il racconto biblico, ma è perfettamente lo stesso) è seminato, si sviluppa, cresce e si erge finalmente "l'altro", l'essere umano e sempre a superamento dell'assoluto, è duplice l'essere umano, uomo e donna.
Ecco: Dio e l'uomo. Veramente da allora Dio non è più l'assoluto.
Concretamente, storicamente. Nel tempo e nell'eternità. L'uomo nel suo esistere sempre esisterà. Adesso, cioè dopo il Principio, l'uomo è. È molto insipido pensare che Dio è diminuito, che non è più Dio, se così stanno le cose. Dio è semmai più Dio non essendo l'assoluto per il semplice motivo che è più Amore. Perché dove l'assolutezza decresce cresce l'Amore. E, in Dio, Amore è infinito come l'Essere Dio. Tutto il racconto cristiano - Dio si fa Uomo e Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo - attesta e precisamente racconta del cammino di superamento dell'assoluto che il Mistero di Dio ha compiuto. E il racconto è intessuto di vicende estreme vissute da Dio-Uomo quasi come per ottenere annientamento di sé nella ricerca incessante del rifiuto dell' assolutezza in una relativizzazione nei confronti dell'umano fino a parteciparne la punta estrema che è la morte. E la morte inchiodato sopra una croce.
Sembrerebbe ma è per la limitatezza del nostro essere Amore che dopo la sepoltura si fossero concluse le possibilità di ogni e qualsiasi di più, in questo processo di superamento e di annientamento dell'assolutezza, in questa appassionata ricerca di essere dono e cioè Amore. Perché storicamente il compimento unitario, dove si ottiene e si stabilisce realtà unitaria nel finito e col finito e cioè con l'umano, è la morte e la sepoltura. Sulla pietra rotolata all'imboccatura del sepolcro sono stati posti i sigilli e le guardie. Anche giuridicamente, secondo cioè la sapienza umana e la sua logica, tutto è compiuto.
Ma è scritto che i pensieri di Dio e le vie di Dio, non sono quelle degli uomini. E meno ancora l'Amore di Dio è secondo l'Amore dell'uomo. La Resurrezione è il segno della continuità il cammino, perchè il suo tracciato è infinito, dopo appena una sosta (ma qual'è il significato della sosta nel sepolcro se non il tempo della discesa e dell'espansione fino agli "inferi", fino cioè agli estremi confini dell'universo, a raccogliere nel grande abbraccio del creatore tutta e materialmente, la sua creazione?) dopo quella sosta il cammino del superamento dell'assoluto e della ricerca, della necessità insaziabile di essere Amore, si è realizzato nell'interiorità dello stesso Essere Dio. L'Unità Trinità si è aperta all'accoglienza del corpo di Gesù. La corporeità è entrata a far parte della divinità. "Siede alla destra del Padre". Ora è la compiutezza e cioè la gloria. L'Amore ha vinto l'assolutezza. L'unità è realizzata raccogliendo la pluralità e pluralità rimane ottenendo simultaneamente unità. Vi è dunque un cambiamento nell'Essere di Dio? A pensarlo manifestiamo semplicemente l'istintività delle nostre logiche umane.
Diversificazione, trasmutazione, ciò che è adesso non lo era prima, il movimento-cambiamento, non è quando l'ottenimento è la finitezza, il compiuto, la perfezione. E cioè ciò che era già presente, connaturato, essenzialità, il Sé.
Così è nel Mistero di Dio. Altrettanto avviene nel movimento della creazione. Ugualmente, ma spesso disgraziatamente non succede, dovrebbe ottenersi in ogni essere umano e nella storia dell'umanità. Con estrema semplicità Gesù raccontava di questo Mistero indicandolo come segno del Regno, con le parabolette del piccolo seme che diventa albero, del pugno di lievito, del sale della terra.... e le cose che Gesù raccontava le aveva imparate tutte dalla viva voce del Padre.
La Resurrezione è evento storico che certamente ci riguarda come testimonianza, motivo di Fede per la nostra resurrezione. Ma la resurrezione non è vincente la morte (che meccanicità strana sarebbe e piuttosto assurda). Resurrezione è finalmente liberazione dalla separatezza di cui la morte è il segno estremo è il realizzarsi, il compiersi del cammino verso l'unità, quell'Unità ottenuta dalla riunificazione della frammentazione, dello sbriciolamento della vita e della sua vicenda e più ancora a causa di ogni separazione avvenuta a seguito del cedimento alla tentazione (praticamente irresistibile) dell' assolutizzazione, di questo stabilirsi fine e causa del se stesso, credendosi l'unico con pretese di esclusività.
Tutto in Dio si è sicuramente compiuto e la sua gloria è perfetta con la Resurrezione e la presenza corporea di Gesù e la sua storia, cioè la sua totale identità, nell'Unità Trinitaria dell'Essere di Dio.
Nella storia dell'umanità e cioè nella realtà dell'uomo-tempo, tutto è in via di compimento.
Perché la ragion d'essere della storia, nella visione del contemplativo, è che lo stesso cammino di Dio sia compiuto dall'umanità.
Realtà diverse sembrerebbero infinitamente lontane, e invece no.
Come sempre la separazione esistente è chiamata all'unità: diversamente si tratterebbe di assoluti, di a sé stanti e quindi di non Verità perché non Amore.
E ciò che è Dio e definisce divinità, è dell'uomo e stabilisce umanità.
Il superamento dell'assoluto in Dio (e in Lui sembrerebbe pertinente l'assoluto) è segno significante della necessità del superamento dell'assoluto nell'uomo e nella sua storia (tanto più che chiaramente l'assolutezza nell'uomo è assurdità, vera e propria degenerazione).
In fondo, riuscendo a guardare nel letto dove scorre il gran fiume della storia dell'umanità e il piccolo rigagnolo della vicenda di ogni essere umano, ciò che può offrire spiegazione (si fa per dire) del fluttuare, del travolgere, dello straripare e anche dell'irrigare, del fertilizzare e del dissetare di questa strana, assurda, sconcertante, esaltante storia umana, è questo tentativo e è sempre violenza fino spesso alle misure estreme della disumanità, dell'affannarsi, dell'imporsi, a costo di tutto, dell'assoluto, dell'assolutizzazione: e i sinonimi dell' assoluto nelle pagine del racconto della storia sono di una monotonia che sgomenta, nonostante l'evoluzioni delle civiltà e i cosiddetti progressi.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1984, Ottobre 1984

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