La posta di Fratel Arturo

Carissimi Amici,
Vi scrivo da Recife dove sto dando un corso nel ITER (istituto teologico Recife) e per volontà di dom Helder il corso è sulla teologia della Eucarestia. A parte il corso hanno organizzato vari incontri che mi prendono buona parte della giornata. È una grande gioia incontrarmi con dom Helder che considero un vecchio e grande Amico: ieri mi ha parlato dei suoi impegni italiani e mi ha detto che in ottobre andrà a Lucca, stupendo. Mi sono incontrato con dom Helder la domenica stessa del mio arrivo a Recife, il l0 giugno, Pentecoste: ci siamo incontrati in un immenso ginnasio dove si pratica il basket e altri sports, gremito fino all'impossibile mi hanno fatto sedere accanto a Lui e avevo l'impressione di un vecchio finito, che faceva uno sforzo enorme per mantenere gli occhi aperti e una immagine accettabile al pubblico. Io stesso non dovevo presentare un aspetto molto incoraggiante dal momento che avevo viaggiato la notte ed ero arrivato a Recife alle quattro del mattino. Pensai molto a un articolo che una giornalista italiana scrisse anni fa su Edith Piaf che m'impressionò molto, chissà perché. Raccontava la giornalista di essersi incontrata con un rudere umano che non si reggeva in piedi che non mostrava nessuna voglia di vivere e molto meno di cantare. Entrò in scena appuntellata e i suoi puntelli, la lasciarono sola in quello spazio che pareva il deserto. Quando cominciò a cantare Edith Piaf si trasformò completamente.
A questo pensavo quando il vecchietto dom Helder arrivato il suo momento guizzò dalla sedia e cominciò a saltare nel mezzo dell'arena e a trasmettere il suo entusiasmo. Tutti gli occhi erano fissi su lui che creava una comunione profonda. Era tutta gente di "favelas" di quartieri poveri che dom Helder da 15 anni convoca a passare la Pentecoste con Lui. In mezzo alla sua omelia si chiede: che faremo per uscire dalla nostra situazione così dura e ingiusta e accenna le prime battute di un canto popolare di chiesa: "Quando il povero avrà fiducia nel povero potremo cantare libertà". Questi tuffi in una chiesa che è quella chiesa dei poveri auspicata dal Vaticano II sono il relax migliore .. Mi dispiacque solo che mi tirasse in ballo, ma bisogna permettere alla affettività debordante di dom Helder questi scivolamenti nella retorica. Anche ieri 18 mi sono incontrato con Lui alla vigilia della sua partenza per l'Italia. Mi ha raccontato il suo ritmo quotidiano di vita, che io già conoscevo. Vi posso dire solo che mi ha fatto sentire miserabilmente pigro e poco generoso. A questa umiliazione profonda e benefica dovete l'avere scovato il tempo per scrivervi.
La Chiesa del Brasile continua nella sua linea di fedeltà al popolo, e questo provoca inevitabilmente reazioni ufficiali o non ufficiali, perché sempre quando la chiesa esce dalle sua linea estremamente dottrinale e spiritualista, provoca reazioni di proteste che possono arrivare alla persecuzione aperta. Dom Helder mi ricorda molto dom Arnulfo Romero che conobbi non tanto da arrivare a quell'amicizia che mi lega a dom Helder, ma conobbi sufficientemente per concludere che era un vescovo estremamente ligio alle direttive di Roma, e di una adesione alla chiesa incondizionata.
La loro originalità che li fa apparire davanti al mondo come simboli di una libertà che può prendere contenuti diversi e opposti, non consiste in posizioni teoriche o dottrinali che rompano una struttura giudicata troppo rigida, ma consiste nell'amore reale, autentico al loro popolo nella scoperta mistica della identificazione di Cristo con il povero. La differenza fra questi pastori e altri uomini di chiesa non è nella dottrina, ma nel fatto che le scelta dei poveri sulla cui decisione si da una unanimità assoluta nella Chiesa, si fa vera scelta dei poveri, e non adesione al concetto di povertà.
I poveri di dom Romero sono gli oppressi e gli emarginati dalle 14 famiglie che hanno nelle loro mani il destino di El Salvador. I poveri di dom Helder sono i famosi nordestini flagellati dalla fame, dalla disoccupazione, dalla impossibilità di accedere a quei diritti che sono i diritti assoluti di ogni uomo che vive in questo mondo. Quando la scelta dei poveri è una scelta affermata nei documenti ecclesiastici, questa non fa male a nessuno ed è una testimonianza del "buon cuore" degli uomini di chiesa. Quando la scelta dei poveri si materializza, e un Vescovo, come ripete dom Helder, si propone di essere la voce di quelli che non hanno diritto di parlare, c'è da aspettarsi una reazione che può arrivare all'assassinio.
Il popolo ha composto un canto che ripeteva sfollando lo stadio, "Helder Camara H.C. tu sei il fratello dei poveri e ogni povero ti ama H.C.H.C il tuo successore sarà uno che ama il povero". Uscii con una certa tristezza perché so che il criterio normale per mandare un successore a dom Helder non sarà quello di scegliere chi lo imita in questo amore ai poveri, ma un vigile della disciplina. Se io dicessi questo a un responsabile della Chiesa mi risponderebbe: tutti i Vescovi non sono amici dei poveri? A questa affermazione-domanda, mi sentirei di rispondete con assoluta sicurezza basata nell'esperienza un No assoluto, non è vero tutti i vescovi s'interessano dei poveri, beneficano i poveri, ma pochi sono veramente amici dei poveri. Ho notato che essendo benefattori dei poveri, si possono fare delle scelte politiche che aiutano a fabbricare poveri e a mantenerli in uno stato di dipendenza che svalorizza progressivamente la loro dignità, fino a ridurli "cosa" ma queste scelte sono assolutamente incompatibili con l'amicizia. Gesù pensa a questo quando avverte: Non fatevi chiamare benefattori - Fatevi amici col denaro? - Sappiamo che una relazione fra benefattore e beneficato genera aggressività indipendentemente dalla volontà dei soggetti di questa relazione, l'amicizia produce amore. Quando incontro persone affettivamente deluse che hanno alle loro spalle una storia di frustrazioni affettive, mi chiedo se non hanno fatto una confusione fatale fra beneficienza, amicizia e amore. Questo può darsi anche nel caso della relazione padri-figli. Una relazione che ha avuto come oggettivo quello di arricchire il figlio culturalmente o economicamente di dare, come ho sentito dire molte volte, "il meglio possibile" piuttosto che di creare una relazione di amicizia. È un tema questo su cui dobbiamo riflettere continuamente, che non dobbiamo dichiarare mai definitivamente chiuso perché fa parte integrale del nostro vivere.
Ho cominciato con l'intenzione di raccontarvi i miei viaggi, ma in realtà mi rendo conto che non m'interessano i chilometri, gli spostamenti di luogo che spesso coprono la distanza Roma-Helsinki, m'interessano gl'incontri umani. Una delle mie maggiori difficoltà è mantenere contatti con tanti amici sparsi in Brasile che, a differenza dei venezuelani, scrivono molto, e spesso: differenza di cultura e preoccupazione di coltivare l'amicizia? Il contenuto dei miei discorsi è su per giù lo stesso, eppure non ho la sensazione di mettere lo stesso disco e di azionarlo. Quello che fa il sempre nuovo dello stesso ho scoperto essere proprio quel contatto umano, quel dialogo che costruisce una amicizia che è sempre diversa perché diverse sono le persone. Mi dico in confidenza che mi meraviglio sempre che mi cerchino e mi paghino dei viaggi che oggi sono costosissimi, perché sono convinto di non dir nulla di originale. L'originalità forse consiste in una capacità che Dio mi ha dato (io non ci ho messo nulla, assolutamente nulla) di assumere l'altro, di interiorizzare i problemi e lo stato altrui - È una qualità che costa cara ma è fonte di una rinnovazione permanente. Dentro di me la chiamo la biologia dello spirito. Credo che si debba ricercare lì il fatto che vivendo una vita che toscanamente definirei strapazzata, non mi stanco. Mi stranisce sempre una domanda: è stanco? Ieri sera sono arrivato alle 22 a casa dopo una giornata pienissima, e mi hanno detto che i miei alunni (provvisori) della facoltà di teologia facevano una festa di san Giovanni (tutto il mese di giugno nel nordest del Brasile è come il maggio fiorentino, e uniscono i tre santi Antonio, Giovanni e Pietro) Un amico mi ha detto con molta timidezza che i ragazzi sarebbero felici di invitarmi ma sanno che non possono chiederti questo dopo una giornata come quella di oggi. io mi sentivo benissimo e ho partecipato alla festa. Era una festa con nulla e per questo inondata di vera felicità. Le cose più succulente erano pannocchie di granturco bollite o arrostite e i pistacchi. per questo forse questa gioventù non ancora attaccata dalla lebbra delle nostre società dei consumi e della sazietà, conserva la capacità di divertirsi veramente. Vi lascio abbracciandovi uno a uno con un arrivederci. Se i mesi continuano a precipitare come i primi sei (e non accennano a frenare il ritmo) aggiungo arrivederci presto.


Arturo


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1984, Ottobre 1984

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