Noi e la Teologia della Liberazione

Continua viva e intensa nella mia anima, in quella profondità del se stessi e non per ragionamento o ricerca culturale, ma piuttosto nell'intuizione, nella percezione istintiva, la riflessione sulla teologia della liberazione.
Sinceramente tutto un profondo interesse non è perché la conoscenza della storia e delle tematiche di questa ricerca teologica mi abbiano comportato visioni teologiche nuove, capaci di allargare gli spazi interiori, chiarimenti di Fede, provocazioni a cercare o almeno intravedere illuminazioni per un nuovo e più impegnato rapporto fra la scelta di Dio e la realtà storica nella quale mi ritrovo a vivere.

1 - T.d.L. e prete operaio
La scelta del Cristianesimo come spiegazione e motivazione della mia vita e del mio rapporto con l'esistenza (scelta poi precisata e, direi, totalizzata nell'accettare di essere prete) è avvenuta a seguito e in forza dell'amore a Gesù Cristo. Amore per lui, la sua persona, la sua storia, la sua parola: il suo essere annuncio e progetto e adorabile realtà storica di vero Uomo e di vero Dio, mi ha totalmente affascinato e quindi profondamente convinto a giocare tutta la mia vita in lui e con lui.
È quest' amore e il bisogno profondo di fedeltà, come voler essere acqua del gran fiume e fiamma viva dello stesso fuoco, che mi ha spinto, costretto a cercare come e dove respirare e vivere "qualcosa" di lui, almeno un accenno di risposta alla sua proposta.
La scelta di fare vita operaia, di essere prete operaio, in fondo è spiegabile unicamente nell'intendimento di quest'Amore. Ne sono profondamente convinto anche in questo momento e quindi anche dopo i trent'anni di vita vissuta a seguito di questa scelta. E nonostante tutto, compresa l'impressione di vanificazione attuale dei significati e dei sogni di questo progetto di vita di prete operaio. La teologia venuta dall' America Latina mi ha, se non scoperto qualcosa, molto consolato, confortato, incoraggiato. Trovare sistemato in sintesi teologiche, cristologiche, ecclesiologiche, un antico sogno, un'esperienza pagata duramente, una solitudine sempre più emarginata ed oppressa, non può che essere dolcissima, profonda consolazione. E tanto più quando è un fatto concreto, reale che tutta questa teologia è emersa, come oro dal crogiolo, dall'oppressione, dallo sfruttamento, dalla lotta per la dignità umana, di popoli e popoli.
È adorabile la costatazione che la potenza dello spirito, vanificata nella nostra storia di tentativo di liberazione nella realtà della classe operaia e del nostro popolo cristiano, non si è arresa, si è semplicemente spostata là dove il lievito ha trovato pasta da lievitare e il sale per dare sapore. Qui da noi, questo miracolo di una condizione popolare, come la realtà operaia, capace di "evangelizzare" la chiesa e la nostra cristianità, non è stato possibile che si compisse.
Forse, come è sempre richiesto per l'ottenimento di ogni miracolo, la Fede (compresa anche quella di noi preti operai) non è stata della misura di forza indispensabile e può essere che ormai il fiume si vada perdendosi nel mar morto.
Non è che sia mancata la teologia (anche se non sono apparsi i teologi) e una ricerca di traduzione concreta in esperienze di partecipazione, di coinvolgimento, di lotta in grazia e in forza del progetto cristiano di liberazione, da condizioni di sfruttamento, d'ingiustizia, d'oppressione.

2 - T.d.L. e miracolo economico
È anche vero però che il miracolo economico ha reso impossibile il miracolo della Fede, lo ha semplicemente surclassato, svalutato.
Perché il benessere può molto di più dell'oppressione. Il denaro appare molto più convincente, per la "liberazione", della parola. Fino al punto che ugualmente, a pari passo, sia Gesù Cristo che Carlo Marx sono stati soppiantati dalla strapotenza del capitale e dalla cultura capitalistica.
Può essere che questo tristissimo processo storico sia costatazione consolante, incoraggiante addirittura, per tutto il progetto (ma è realtà ormai nemmeno più strisciante perché decisamente alla luce del sole) per tutto il progetto di restaurazione, ormai galoppante, a cercare di occupare e dominare ogni spazio rimasto scoperto e non, ricoprendolo e soffocandolo di progresso tecnologico, d'intrallazzo politico, di potenza militare, di ubriacatura di benessere, di sentimentalismo e devozionalismo religioso rafforzato da potenzialismo cattolico, clericale, papale.

3 - Responsabilità della Chiesa
È certo che dello spengimento, del concludersi di un rinnovamento, fin dalle radici, della chiesa e di tutta una cristianità, per il ritrovare l'essenzialità costitutiva del messaggio di Gesù Cristo e quindi l'incidenza creativa di una comunità cristiana liberata e liberante capace di significare e ottenere umanità diversa, nuova, o almeno di alternativa all' andazzo paganeggiante della storia, ormai rassicurato e benedetto, di questo spengimento progressivo ( e si sta soffiando sul lucignolo fumigante) la Chiesa, da ogni vescovo fino al papa, ha le sue pesanti responsabilità. La nostra storia di movimento pretioperai può non avere alcun significato e tanto meno importanza e va bene. Sta il fatto però che se non altro sulle pagine di questa nostra storia e sono pagine fatte di carne e anima e fede, c'è raccontata la violenza della Chiesa gerarchica per vanificare quel nostro pugnello di lievito, mescolato e perduto nella massa di farina impastata di ogni e qualsiasi ingrediente che è la storia, anche cristiana, di questo nostro tempo.
Adesso la violenza si è spostata sull' America Latina e il tentativo di spengimento è sulla teologia della liberazione.
Può essere però che gli esiti non siano gli stessi e, ovviamente, per tanti motivi, ma, e lo credo profondamente, è perché più che tutto la potenza dello spirito di Dio non ce la farà a spengerla e a vanificarla ancora una volta né la congregazione della dottrina della fede, né la strapotenza del capitalismo occidentale.

4 - Speranza della T.d.L.
Ho scritto questo "qualcosa" di riflessione interiore, sinceramente, senza polemica e senza amarezza anche se, è chiaro, con infinita sofferenza: il sangue non è acqua, dice la gente. E di sangue dell'anima qui si tratta, molto più vitale di quello delle vene.
È chiaro che questo messaggio della Teologia della liberazione con tutta la sua freschezza e passione di fede popolare, mi riaccende l'anima, mi scalda il cuore, ravviva la speranza. E nella morta gora attuale non è dono di poco conto. Ogni esperienza della presenza dello spirito di Dio, dell'attualità vivente di Gesù Cristo, della potenza creativa di umanità della parola... e quindi dell'agitarsi degli alberi della foresta, fino a muovere le radici, del soffiare dei venti così da rigonfiare le vele e costringere la barca a solcare i mari della storia... ogni esperienza di continuità, di presenza storica di "incarnazione" del mistero di Dio nel mistero della storia umana, è sempre motivo di dare gloria a Dio, di rendere grazie per la sua dolcissima fedeltà di amore, e anche di riprendere fiato, rianimare lo spirito e ributtarsi nella lotta. Perché, è chiaro, anche la speranza storica (quella teologale non si è mai nemmeno appannata) è ancora possibile.
Ma forse è da questa riaccensione profonda e per la luce e il calore che diffonde, che prendono contorno e si precisano grossi, pesanti problemi.

5 - Le caravelle
Le caravelle, della pittoresca descrizione di P. Balducci, di ritorno dalla scoperta e dalla evangelizzazione del nuovo mondo, hanno attraccato ai nostri porti. Alla foce del Tevere non hanno trovato favorevole accoglienza da parte dei nativi della zona. Anzi tutt'altro, ma i navigatori non se ne sono afflitti eccessivamente e tanto meno si sono arresi. Ma, dati i tempi moderni, in aereo sono ritornati alle loro terre di origine, fra la loro gente, dove vivere, almeno teologicamente liberati, è più semplice e facile. Partendo però hanno abbandonato a noi le caravelle con tutto il loro preziosissimo carico.
Alla foce del Tevere non è stato possibile, almeno per ora, distruggere, incenerire ogni cosa, tutto è ancora intatto, così come è stato sbarcato e ciò che più è straordinario, ogni preziosità è lì disponibile, chiunque può prendersi quello che vuole e portarselo a casa.
Ma, cosa stupefacente per questi nostri tempi di così facile approfitto, niente, fino a questo momento, è stato portato via. Tutti guardano, ammirati, rigirano gli oggetti fra le mani e rimettono rutto al suo posto, come se fossero cose da museo.

6 - Universalità della T.d.L.
Sta il fatto che dopo che sono state messe sotto sopra le acque stagnanti del Vaticano, dopo che è stata costretta "al chi va là" la benemerita congregazione per la difesa della dottrina della fede (che simpatico era quel "Santo Uffizio", tanto si tratta della stessa storia).
Dopo che è stato agitato il mondo dei giornalisti radio, tele, stampa, tutti coinvolti nelle vicende di liberazione della teologia. E quindi dopo la provocazione a raccogliere e convocare convegni, seminari, incontri di studio ecc. ecc. Insomma dopo che tutto ha ripreso l'andamento normale, quello di sempre, mare tranquillo appena ogni tanto lievemente increspato, la barca quasi ferma con le vele afflosciate per mancanza di vento, ecco, adesso, in questa precisa realtà attuale, sarebbe giusto e doveroso affrontare seriamente, responsabilmente questa teologia della liberazione, cercandone, scoprendone e mettendone chiaramente in luce, la forza di rinnovamento, di rivitalizzazione di tutta la realtà ecclesiale, di tutta la cristianità.
Perché o la teologia della liberazione è annuncio di 'buona novella" per tutta la chiesa e la comunità cristiana o è dottrina di catechizzazione adatta a realtà particolari, per condizioni caratteristiche di popoli a seguito di situazioni culturali, economiche, sociali, politiche, ecc.
Io sono convinto, fin nel profondo dell'anima mia e nelle radici della mia fede, che tutta la chiesa universale e quindi ogni chiesa nazionale e locale, può e deve essere investita dalla luce e dalla potenza di una teologia capace di ripresentare e annunciare il Vangelo, liberato da ogni incrostazione operata dai secoli, non soltanto, ma particolarmente dall'incrostazione del tempo presente, attuale, con tutta la sua cultura, il suo progressismo, la sua disumanizzazione.
Non tanto vi è urgenza di una teologia per un giudizio dogmatico, etico, pastorale, sociale, politico, calato sulla realtà storica del nostro tempo. Di questa teologia ne sono pieni gli scaffali: libri, lettere encicliche, documenti pastorali, raccolta di discorsi, studi senza fine.
Ciò di cui c'è bisogno, come dell'aria che si respira, è di una teologia che sia autenticamente liberante, liberazione: sì, certo, come spezzare catene che legano mani e piedi, togliere di sugli occhi la benda che impedisce di vedere, di sulla bocca il cerotto che la chiude, di sul cuore il macigno che lo soffoca, scardinare le porte ferrate della prigione, demolire le fortificazioni... fino al punto che nemmeno l'orizzonte sia più limitazione di spazi, di vastità sconfinate. Anche se si tratta di un progetto che già diverse volte ha risuonato, e rimbalzato disgraziatamente, nel cuore dell'umanità e nel camminare della sua storia.
"Lo Spirito del Signore è sopra di me: a questo sono stato consacrato e mandato, ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, a donare libertà agli oppressi, a predicare il tempo di grazia del Signore" (Isaia 61, l - Luca 4,18). E anche allora, come sempre ogni volta "si levarono sdegnati, lo cacciarono fuori della città, lo condussero sul ciglio della montagna per gettarlo giù dal precipizio".
(Evidentemente è proprio vero che la storia si ripete con una monotonia sconvolgente).

7 - T.d.L. in casa nostra
Ma ammesso e non concesso e le ragioni che giustificano la perplessità sono enormi e pesantissime, ammesso che la teologia della liberazione, da noi, nel nostro testo e contesto ecclesiale italiano, trovi accoglienza di teologi, consensi culturali, pastorali nelle comunità religiose e per abbandonarci all'ottimismo, anche la considerazione rispettosa di qualche vescovo... ecco, ma e il popolo? Seriamente, responsabilmente, si può pensare che la nostra realtà popolare sia o possa ritrovarsi nella condizione assolutamente richiesta per concepire, portare nel suo seno, dare alla luce e allevare con tutto l'amore e la passione indispensabile, una teologia della liberazione?
Perché, è risaputo, che tutto quello spirito religioso quello slancio di efficacia creativa della scelta di Dio, di Cristo, vissuto, e appassionatamente, dalle innumerevoli comunità cristiane dell'America Latina, come forza liberante dall'oppressione e costruente di dignità umana, tutta quella potenza di liberazione e di novità esplosa dalla parola di Dio e dalla grazia dei sacramenti... è anima, carne, sangue, vita, fede, speranza, forza di popolo.
l teologi hanno riempito, quasi sotto dettatura da parte del popolo, le pagine della teologia della liberazione.
È un fatto questo di novità assoluta che se non ha impressionato e fatto riflettere il card. Ratzinger, non può non bloccare gli entusiasmi della cultura teologica e non, qui da noi.
Perché se liberazione dev'essere come assolutamente bisogna che sia, pena che tutto sia o possa essere raffinatezza culturale, momento e occasione di rigurgito di amarezze, sovravvivenze, più o meno stanche, di contestazione, terreno buono dove riseminare vento... se liberazione dev'essere e in nome di Dio, per il Mistero di Gesù Cristo, per la potenza della parola, allora liberazione sia.

8 - T.d.L. una di chi, da che cosa
"Ma il nemico chi è, il nemico dov'è" è detto in quel nostro teatro per la pace.
Di chi e da che cosa il nostro popolo vuole liberarsi, deve liberarsi, cerca di liberarsi e nella fede cerca e trova la forza, il coraggio per questa sua lotta di liberazione?
È chiaro che il discorso si complica maledettamente e diventa problema angosciante, sconcertante. Siamo nel tempo e nella condizione storica nella quale è perfino equivoco e inconcepibile, qui da noi, nella realtà culturale, sociale, economica, politica, religiosa, cattolica, ecclesiale nella quale più o meno disinvoltamente stiamo vivendo, parlare di liberazione. A tutti i livelli ma particolarmente all'interno delle nostre comunità cristiane, nella pastorale, nella catechizzazione, nell'associazionismo cattolico, liberazione non è insegnata e praticata se non come liberazione, purificazione dal "peccato", questa parola così tanto abusata fino al punto che sembra dire tutto e invece dice niente, all'infuori dei dettati moralistici, su per giù sempre gli stessi da secoli e secoli.

9 - Liberazione non teologica
Certamente liberazione dal terrorismo, prima di tutto da quello rosso e possibilmente da quello nero, dalla mafia, dalla camorra, dai sequestri di persona, dalla violenza sessuale, dalla corruzione imperante pubblica e privata, dalla burocrazia asfissiante, dalla disoccupazione, dalla cassa integrazione, dalle sacche di miseria, dalla peste della droga... insomma "tutto" e cioè tutto ciò che intacca il benessere, il tranquillismo personale, individuale, egoistico...
Ma per questa liberazione non c'è bisogno di teologie di liberazione.
È opinione comune che basta un governo sul serio, una magistratura efficiente, una polizia dal pugno di ferro, galere sicure e abbondanti e, perché no, se proprio deve decidere del tranquillismo degli onesti, il ripristino della pena di morte. Perché di alternativa (e alternativa significa cambiamento di sistema di vita, rovesciamento dei valori imperanti e sostituzione di nuovi, rivoluzionamento dei criteri che decidono della giustizia, della dignità umana, della vera libertà dell'essere umano, dei rapporti sociali, culturali, politici, della promozione e del rispetto di una convivenza autenticamente umana ecc. ecc.) di questa alternativa invece è ormai perfino assurdo, pazzesco trattare.

10 - Teologia alternativa
E di fatti non si parla più, nemmeno nelle chiese, di povertà come contrapposizione alla strapotenza del denaro, alla fede che il denaro è tutto, il bene assoluto, l'unico dio. Di fraternità vicendevole, di primato dei poveri, degli indifesi, degli ultimi, di chi non è niente perché niente possiede, in alternativa all'arroganza del potere, di qualunque potere, della sopraffazione, dello sfruttamento. Di non violenza nei confronti del dilagare della religione della violenza, delle armi private e a livelli mondiali, della strumentalizzazione della morte, ormai dentro a quello che si mangia, all'aria che si respira, all'angolo di strada, ai confini delle nazioni, alla pace che si spera... di difesa popolare nonviolenta in sostituzione al militarismo, alla militarizzazione dei popoli, dei blocchi che schiacciano l'umanità. Dell'umano superamento della pretesa di una convergenza assolutizzante sul sé stesso fino alle misure di deificazione dei propri diritti, individuali, collettivi, di popoli, di razze. Della gioia della semplicità del vivere in contrapposizione all'insaziabilità di un benessere incapace ormai di sopportare un punto di arresto.
Della vita di fede, di una pratica religiosa vissuta per la gloria di Dio e per l'Amore fraterno, come alternativa ad una religiosità esteriorizzante, spettacolare, strumentalizzazione di tutto il Mistero di Dio a proprio servizio, personale o di classe, di istituzioni, di privilegio, di potere...

11 - Eppure la speranza
Con il Concilio, chiarissima esposizione di teologia di liberazione, sembrò che la terra buona dove la parola avrebbe potuto fruttificare dove il trenta, il sessanta, il cento per uno, fosse stata individuata, dissodata e largamente seminata. Ma poi è tornata anche quella buona terra ed essere strada da tutti calpestata e dove gli uccelli beccano ogni cosa, si sta invece dilatando la terra incolta e incoltivabile perché arida, sassosa, pietrosa e i rovi e le spine crescono, pare quasi a vista d'occhio e inarrestabili, sicché anche la teologia della liberazione potrà crescere nei convegni, sui libri, ma non nella nostra terra.
Disgraziatamente per noi, ancora una volta.
La speranza, tutta ovviamente chiara e forte nella potenza dello spirito di Dio, è che "le caravelle" non riprendano il vento di scirocco e facciano vela, ritornandosene di dove sono venute.
Perché se l'evangelizzazione del vecchio mondo non è possibile oggi, lo sarà certamente domani. "Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno". Così è scritto.
E l'attesa, nel Mistero cristiano, è fede e amore anche e particolarmente quando è crocifissione.


don Sirio Politi


in Lotta come Amore: LcA febbraio 1985, Febbraio 1985

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