È la prima volta, anche per chi i suoi anni cominciano ad essere tanti, che il Natale non abbia significato e donato tutta la sua dolcezza di sentimento, la sua luminosità di ottimismo e per il credente quella profondità di Fede del suo Mistero, non abbia cioè significato "nascita", ma abbia invece provocato la sensazione raggelante della "morte".
Nemmeno i Natali degli anni di guerra erano rabbuiati dalla tristezza e dilagati di sgomento, anzi riaccendevano la speranza e comunicavano la certezza che "qualcosa" sia pure lentamente e dolorosamente stava nascendo, una promessa che comunicava fiducia, donava coraggio.
Questo Natale invece è come nato morto. È contro senso in parole e nella concretezza ma è così: un Natale di morte. La morte che vince, sopraffà la nascita, uccide la vita. La cancellazione dell'inizio, come dire, allora è proprio tutto a vuoto. E verrebbe da concludere che forse tutto un progetto adorabile non ha mai avuto principio dal momento che mai ha potuto avere continuità. Allora si tratta di una impossibilità, dunque di una assurdità o almeno non di più di un'utopia sia pure bellissima, di un sogno sia pure adorabile...
Si raggrumano nell'anima tutte queste sensazioni e, è chiaro, molte altre ancora, non perché la strage di Natale ha cambiato in lacrime e sangue, orrore, sgomento, angoscia infinita, una solennità unicamente segno e realtà di amore, di pace, di fraternità, di umanità, ma anche e perché le circostanze di quella orrenda strage devono costringerci a capire, a leggere dentro, a scoprire quale può essere quella spietata logica di morte. In modo che quello che forse "la nascita" non ci aiutava più a capire, lo impariamo almeno dalla morte.
Si sono dette e scritte fiumi di parole per scavare nel sottoterra della disumanità a tentar di scoprire le radici di tanto orrore e strapparle via, una buona volta, sì che non abbiano a germogliare ancora maledizione e disperazione. Il male oscuro è ormai così tanto realtà di morte che l'estirpazione del bubbone non può essere ancora rimandata. È ora, perché diversamente c'è proprio da aver paura che la metastasi abbia ormai attaccato perfino gli organi vitali.
E a questa purificazione e liberazione tutti siamo chiamati: la sanità e la salute appartiene ad ogni cellula e alla loro compaginazione. Anche se, è chiaro, che gli anticorpi hanno un compito e una responsabilità decisiva e vitale.
A noi e, evidentemente, a chiunque nella propria visione e nel proprio rapporto con la vicenda della storia, abbia una luce e un progetto di Fede, appartiene un approfondimento e un chiarimento particolare di ogni e qualsiasi avvenimento e quindi e tanto più di un fatto tanto sconcertante, assurdo, disumano come quello della strage di Natale (per raccogliere il fatto che direttamente ha ferito la nostra gente e l'anima nostra, senza ovviamente lasciare da parte o sottovalutare la disumanità di ogni altra strage che avviene qua e là nel mondo).
Non perché è possibile dare una risposta a quel tremendo "perché'' che ci ha ossessionato fin dal primo momento che abbiamo saputo della tragedia.
Non bastano certamente se non ai fini importantissimi di scoprire e bloccare le responsabilità orrende dei mandanti e degli esecutori, le motivazioni di follia ideologica, di mania di sovversione, di delinquenza assetata di strage rigurgitante dai neri abissi del culto della morte. Perché nella strage di Natale vi sono circostanze ancora più "nere": vi è una raffinata, spietata ricerca di efferatezze di lotta, di guerra, di odio, "contro" il popolo. Quel povero popolo che viaggia in treno, il popolo della seconda classe e, questa volta, quel povero popolo che obbedisce al detto popolare: Natale con i tuoi. Tentativo, e riuscitissimo, d'insanguinare una festa di tenerezza, di pace. Di rendere gelida di morte, la nascita, la vita. Momento di sgomento, di disperazione, un'occasione di fiducia, di speranza. Questo popolo impoverito sempre più d'identità culturale, di significanza politica, di spontaneità religiosa. Questo popolo depauperato di lavoro, inflazionato economicamente, oppresso dalla burocrazia, sfruttato dal consumismo, in balia della pubblicità... Ecco gli hanno ammazzato nell'anima, facendone morte, angoscia, sgomento, disperazione, anche il Natale.
Perché?
Può essere che sia, perché questo popolo, nonostante tutto, conserva la sua dignità, riesce a superare a scavalcare tutto quello che gli è contro o che se ne prende gioco o la sfrutta e rifacendosi alla sua saggezza di popolo, vuole vivere in pace e ce la fa a vivere in pace, fino a celebrare il suo Natale di popolo cristiano, sia pure alla sua maniera sentimentale devozionale nella pace del ritrovarsi insieme, intorno al presepe e alla tavola da pranzo, il suo insieme al nord, in un abbraccio di popolo in pace. la strage è per odio contro questa pace di popolo senza dubbio giudicata il nemico contro cui lottare e che deve essere turbata, vanificata. Perché la pace è il nemico della guerra. E di guerra, di sovvertimento, di scontro, di scatenamento di violenza, c'è bisogno laddove non c'è altra possibilità di potere o laddove si vuole ottenere il totale, assoluto potere. la strage di popolo, d'innocenti, di povera gente, di chi cerca di lavorare in pace, godersi la sua casa, vivere la gioia della sua famiglia nella soddisfazione di quel poco o tanto che il benessere della vita moderna può offrire, la strage di questo popolo è perché si decida a scegliersi, ancora una volta, l'uomo forte, chi rimetta ordine nel disordine, ricostruisca il potere dello stato con pugno di ferro, rispolverando il manganello. Questo popolo pecorone va svegliato, provocato, spinto alla disperazione e allora si vanno, quasi a scadenze fisse, intensificando i boati orrendi delle esplosioni del tritolo e le stragi si moltiplicano nel cuore di questo popolo in pace a incrinarne la fiducia, a distruggere la speranza. Perché la morte scava sempre e unicamente dei vuoti, dei vuoti di tutto e perfino nella coscienza dei propri valori, della propria forza. Vuoti che i discorsi dei politici, le manifestazioni angosciate della gente e le celebrazioni liturgiche dei vescovi e del clero, se li ingoiano e disperdono. Domani, appena l'eco ne rimarrà, fino alla prossima volta. Perché nel frattempo, almeno fino ad ora, niente è successo perché i vuoti non si allarghino sempre di più.
E chi gioca le sue strategie di potere, lo sa e aspetta il prossimo treno.
Tanto più che gli strateghi della morte e delle stragi non sono che l'ultimo anello di una catena che incatena nella morte il mondo intero. Quelli delle bombe contro il povero popolo sono gli squallidi, miserabili "locali" del potere della morte che imperversa e domina il mondo.
Il capitalismo scatenato a dominare l'universo è sinonimo della morte. Lo sfruttamento della terra comporta ormai la sua morte ecologica. La pace riposa unicamente sull'equilibrio del terrore: quanto più morte è possibile tanto più pace sarà. Il benessere di un terzo di umanità costa la morte degli altri due terzi, il progresso scientifico, tecnologico prepara guerre stellari e un'umanità fatta di robot. Per il pane degli operai che fabbricano armi e i miliardi di chi le commercia, si appoggiano dittature che uccidono, torturano, schiacciano popoli e popoli. Per il pane dei contadini che producono "coca" e i miliardi di chi la commercia, è strage continuata, sempre più morte che annienta gioventù: questa morte ormai inarrestabile.
Concatenazioni internazionali fra la strage di Natale e la sovversione che serpeggia dovunque nel nostro tempo?
Certamente. E la catena maledetta va spezzata. E tanto più quanto lavora nel segreto, trama nell'occulto e viene allo scoperto soltanto con il tritolo della strage.
Ma perché questa morte al tritolo sui treni, nelle gallerie, nelle stazioni, nelle piazze... nel cuore del popolo, sia debellata, è urgente e decisivo che sia stroncato il culto della morte che ormai sta imperversando a livelli mondiali, alimentato e propagandato come una cultura maledetta, dalle centrali del capitalismo, del potere politico, della strategia militare.
Un paio di kilogrammi di tritolo o che altro diavolo sia stato, su un treno che corre nel buio di una galleria, ha dilaniato l'innocenza di quindici persone, ne ha ferito centinaia, ha reso giorno di morte la gioia del Natale e provocato infinito sgomento.
Ecco e qui è smarrire nell'assurdità, quindici miliardi di tonnellate di tritolo nascoste sul treno che si chiama "terra" e che corre, fra gli spazzi del cosmo, verso, ormai è strategia programmata, le guerre stellari, questa "Bomba" non impressiona, non sgomenta, non fa gridare alla ribellione, non provoca una rabbia infinita. Né interessa i discorsi dei politici, né coinvolge le liturgie del clero...
Anzi ormai il propagandismo politico, la disincarnazione della Chiesa e l'ubriacatura del benessere, hanno ottenuto che la gente viva pacificamente, conviva serenamente con la "Bomba".
Eppure e chi può smentire questa tremenda verità, la bomba sul treno Napoli-Milano della strage di Natale è espressione, segno maledetto, "un qualcosa" di quella "Bomba". L'unica differenza è qui, che questa è esplosa e ha ucciso quindici persone, l'altra non è ancora esplosa ma è collocata, pronta per esplodere, dipende dal suo "timer" cioè dalle strategie diaboliche dei poteri occulti, delle trame segrete che serpeggiano nei sotterranei della storia. E nel caso la strage sarà come dieci volte l'annientamento dell'umanità intera.
La ribellione e la lotta o è contro tutta la trama nera che avviluppa e stringe nelle sue spire di morte la storia di questo nostro tempo, fino a vanificarla a forza di pace, di fraternità, di libertà, di dignità umana... oppure la manovalanza periferica della morte continuerà ad alimentare la paura nel cuore del popolo perché non dimentichi ma tenga presente e se ne convinca sempre più che il suo destino non è nelle sue mani, né in quelle di Dio, ma nelle mani di chi tiene la "Bomba".
La strage di Natale può anche essere che abbia voluto dire che ormai anche sperare e aspettare Redenzione e Salvezza non ha più senso e nemmeno serietà storica: non per nulla hanno scelto il Natale per far esplodere questa loro Bomba e compiere questa strage di popolo.
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1985, Febbraio 1985
Luigi Sonnenfeld
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