La posta di Fratel Arturo Paoli

Febbraio 1985
Carissimi amici [d'Italia],
vi scrivo da Monte Carmelo dove attendo il miracolo annuale dette orchidee. Degli alberi altissimi che qui chiamano "bucares" preparano l'apparire di queste regine di bellezza, vestendosi di rosso e preparando tappeti fantastici per il cammino dette principesse; e i bucares sono in festa.
Questa introduzione vi dice che ho goduto profondamente lo spazio contemplativo che mi ha concesso Monte Carme/o. Non lo avrei goduto senza l'accoglienza particolarmente affettuosa dei fratelli e di tutta la comunità. Questo affetto di famiglia che mi circonda mi farà sentire più vivo quello che fratel Carlo chiamava ''il mio vero grande dolore, la separazione". Vivo continuamente l'esperienza di questo grande dolore e di questa grande gioia.
Ma le lettere che mi arrivano dall'Italia vogliono saper qualcosa del viaggio del Papa.
Devo dirvi subito che qui si stanno lentamente spegnendo i ricordi "audio" ma non quelli visivi che dureranno anni, come i manifesti elettorali che rimangono da una elezione all'altra.
C'è uno spreco festoso dette immagini del Papa, che ha un pallido riscontro nelle immagini dei leaders in periodo elettorale, i quali vi dicono con un bel sorriso di affidare loro il vostro destino e le vostre speranze.
Ci sono molte valutazioni della visita del Papa; alcune, come potete immaginare, freneticamente entusiaste che chiudono tutte le fessure ad una possibile critica, e altre che cercano di introdurne qualcuna, passando per la porta dell'umorismo.
Cercherò di darvi un'impressione di questa visita, guardandola dal punto di vista del popolo, dei poveri, di quelli che hanno assistito senza poter manifestare la loro opinione, guardandola dal punto di vista di coloro che non hanno potere; inoltre vorrei dirvi qualcosa del contenuto degli indirizzi di omaggio al Papa, che, secondo me, manifestano un aspetto positivo del sostrato religioso e politico della società venezuelana. Il popolo, come avete visto alla TV, si è riversato nelle strade per vedere il Papa, ha passato delle notti all'addiaccio, come altrove, per non perdere questa occasione unica nella vita. Ho cercato di cogliere le motivazioni che li ha guidati a farlo. La prima è che il Papa li ha fatti sentire "interessanti". Evidentemente non sono state solamente le sue parole e il suo aspetto fisico che senza dubbio conquista; hanno concorso tutta la propaganda, la preparazione, il commento che ha accompagnato il Papa nel suo percorso.
Il popolo è abituato a scoprire che per l'avvocato cui ricorre per essere difeso nei suoi diritti, per il medico cui ricorre per la sua salute, per il politico a cui chiede una protezione necessaria in quel momento, lui non significa nulla, meno che zero. Sono convinto che più che la penuria, la mancanza dei mezzi materiali, pesa sul povero questa quotidiana svalutazione della persona. E questo si sente particolarmente nel popolo venezuelano che definirei un popolo adolescente, non allenato a sopportare questo oltraggio alla sua sensibilità. E questo spiega le sue reazioni aggressive.
Il popolo ha sentito che il Papa era venuto per lui: un signore così importante che si scomoda tanto - Roma è molto lontana, non è vero? - mi chiedono spesso gli abitanti di Monte Carmelo che sanno dell'esistenza di una Roma e della sua favolosa distanza, più lontana della Colombia.
La seconda motivazione si deve ricercare nella dimensione "magica" del Papa. Il Papa non è un presidente della repubblica, né un leader politico, e allora rientra nella categoria di quelli che possono guarire o procurare un impiego o sciogliere un nodo amoroso.
Fortunati quelli che possono raggiungerlo o toccare la sua veste o la sua mano. Forse il solo vederlo, "l'ombra della sua persona" come si pensava dell'altro Pietro, mi otterrà la grazia. Non oserei assolutamente criticare queste intenzioni popolari molto serie e nella verità.
Il "potere", e metto insieme uomini e categorie di potere, ha manipolato disonestamente questa visita del Papa; mi riferisco unicamente a prove oggettive; quello che muove il cuore dell'uomo, Dio solo lo sa in modo esauriente. C'è stata una manipolazione consumistica, una politica e anche una certa manipolazione ecclesiastica. Quella consumistica ha raggiunto livelli osceni e addirittura sacrileghi come la propaganda dela Pepsicola: 'chi riceve voi riceve me, Pepsi", ripetendo la frase del Vangelo trasportata di peso al Papa e alla Pepsi. Un prodotto si faceva propaganda con queste parole: "anche questo viene dall'Italia" (come il Papa), più raccomandabile di così! Queste "profanazioni"fanno meno impressione qui dove delle bettole si gloriano spesso dell'insegna "Bodega del Sagrado Corazon de Jesus", "Farmacia de la Virgen del Valle" e gli almanacchi omaggio riportano spesso delle immagini sacre. Mi hanno spiegato che si fa così perché non finiscano subito nel cestino. La visita del Papa ha offerto un'occasione per aggravare questo tipo di propaganda religioso-commerciale. Politicamente si è cercato di recuperare il discorso del Papa, spesso abbastanza critico e scopertamente a favore delle classi oppresse, come appoggio allo statu quo. Un esempio tipico è il titolo con cui un giornale molto autorevole presenta il discorso del Papa agli operai: "Il Papa ha proposto un accordo fra impresari e lavoratori". E il Papa parlò esplicitamente della priorità del lavoro.
I giornali sono stati concordi nel celebrare il Papa come "il più grande leader dell'umanità". Un giornalista ha scritto 156 frasi adulatorie fra le quali una che merita di essere citata: "È il figlio di Dio fatto uomo".
Raccogliere le frasi di elogio dirette al Papa sarebbe ricostruire qualcosa di simile agli omaggi che accompagnavano gl'imperatori romani nei loro trionfi. Con la differenza che i soldati che li avevano accompagnati nelle loro campagne, avevano il diritto di mettere i "panni sporchi al sole". Come contropartita si cercava di mettere in cattiva luce la "diabolica" teologia della liberazione, evitando un confronto fra le frasi del Papa e il contenuto della teologia della liberazione. Un canale televisivo diretto dai cubani in esilio alternava frasi celebrative del Papa con espressione di orrore dirette al Nicaragua, che "è la vera croce del Papa, la vera causa della sua sofferenza. Dobbiamo far dimenticare al Papa i figli cattivi con la nostra bontà". Il Papa ha detto senza dubbio molte cose a favore dei poveri e di condanna dell'ingiustizia imperante nell'America latina, ma qui in Venezuela quelli che hanno nelle loro mani il potere politico ed economico, le usano a loro vantaggio. È molto facile ancora oggi leggere nei giornali: "il Papa ha detto..., il Papa dice..." in difesa di tesi scopertamente capitalistiche.
Questa visita ha offerto l'occasione di esprimersi a un cristianesimo sotterraneo che si è fatto parola negli indirizzi di omaggio al Papa. Particolarmente notevole il saluto dei sacerdoti e religiosi e quello dei giovani. Cercherò di riassumere i sette punti in cui i giovani hanno raccolto le loro critiche e le loro esigenze.
Primo: siamo stati formati in un'epoca di benessere economico che ha creato un ambiente nazionale di facilismo, spreco e corruzione.
Secondo: ci vengono presentati idoli che invece di costituirsi come modelli di vita fomentano in noi atteggiamenti distruttivi che tendono a mantenere le attuali situazioni sociali ed economiche prevalenti e a deteriorare i nostri valori familiari ed etici.
Terzo: alcuni gruppi economici e politici sistematicamente ci nascondono la realtà nazionale per spegnere in noi il desiderio di cambiamento e le possibilità di organizzazione e partecipazione.
Quarto: ci bombardano di messaggi alienanti: "costruire la nuova Venezuela col lavoro e sforzo", però nascondono le vere cause della crisi.
Quinto: nella società venezuelana si vive continuamente l'oltraggio alla dignità della persona umana, evidente in situazioni di estrema povertà, nelle disoccupazione, negli studenti senza possibilità di accedere ai corsi superiori, nei lavoratori mal retribuiti e in altre numerose situazioni.
Sesto: ci viene detto che siamo speranza e futuro, però dobbiamo denunciare che non ci hanno preparato né ci preparano.
Settimo: crediamo che il Paese è in crisi perché è in crisi la struttura sociale. Infine dobbiamo dire che viviamo in un modello di società che è inconciliabile con i valori evangelici.
Eccellente è la sintesi teologica nella quale i giovani presentano Cristo e la Chiesa; credo che nessun teologo della liberazione avrebbe da toglierei o da aggiungerci una virgola. Questo è il paradosso ecclesiale di oggi: si condanna la teologia della liberazione e ce la troviamo recitata continuamente a cominciare dal Papa.
I sacerdoti e i religiosi hanno messo in evidenza nel loro indirizzo molte deficienze della Chiesa venezuelana, fra cui la mancanza di una pianificazione pastorale, di un inserimento negli ambienti popolari, di un coinvolgimento dei laici.
Nel Venezuela è presente in gran quantità un tipo di laico che definirei "bigotto", più clericale dei chierici, disposto ad obbedire, ma scarseggia il tipo di laico creativo, responsabile, autonomo.
Meno male che quelli che lavorano nella base ne hanno coscienza.
La manipolazione ecclesiastica, che conosco perfettamente dall'epoca romana, si può riassumere nel proposito di "consolare il cuore del Papa, di non dargli dispiacere", il che mi è sempre sembrato un proposito di disprezzo profondo per il Papa. Il Papa sarebbe un vegliardo decadente cui bisogna nascondere la verità e dargli costantemente l'ossigeno consolatorio che lo aiuti a tirare avanti.
E così il potere ecclesiastico si trova d'accordo con il potere politico che cerca di occultare le crisi profonde che travagliano la società. Un altro aspetto di manipolazione è quello di dare alle parole del Papa un'interpretazione che attacchi il meno possibile i nervi dei vari "caudillos". Così mi risulta che l'insistenza del Papa sulla scelta preferenziale dei poveri è stata tradotta in una riunione ad alto livello come la raccomandazione a "fare la carità". Attribuire al papa una frase così grossolana è davvero fargli torto. Il Papa non ha certamente detto questo né ha avuto l'intenzione di dirlo.
Voi mi direte che gli elementi che vi ho dato non vi aiutano a farvi un'opinione esatta sulla visita del Papa. Penso che questa visita è, come tutte le nostre cose, ambigua; né tutto bene né tutto male; e in fondo è giusto che giudichiamo la prassi della Chiesa da adulti. Viviamo un'epoca in cui dobbiamo cercare urgentemente la verità e non dobbiamo trastullarci in apparenze illusorie.
Ci ha dato una soddisfazione immensa l'iniziativa che hanno spontaneamente preso i giovani di Monte Carmelo di dedicarsi alle rappresentazioni teatrali. Erano trascorsi diversi mesi da quando avevano lasciato questa attività che ci pareva molto indicata per sviluppare in loro dimensioni restate atrofizzate per mancanza di studio. La cosa che ci ha sorpreso è stato il contenuto di questa opera teatrale, consistente in cinque sketchs nei quali hanno messo a nudo il maschilismo della loro cultura e l'oppressione della donna nel loro ambiente, a cominciare dall'infanzia. Se uno di noi avesse composto i testi che rappresentavano, si sarebbe potuto dire che era l'occhio europeo che si posava su fenomeni culturali diversi. Non avremmo pensato, né io né i miei fratelli che coloro che vivono questa situazione apparentemente rassegnati e addirittura contenti, ne avessero una coscienza così chiara. Ne hanno rappresentato una satira così acuta e intelligente con poche parole, con pochi gesti, da destare l'ammirazione del pubblico. Le donne avevano un'aria particolarmente soddisfatta perché si sentivano interpretate: finalmente qualcuno che riesce a tirar fuori quello che sentiamo tutte e che non possiamo esprimere.
Mi piacerebbe discutere il sesto punto del documento dei giovani perché, più che preoccuparci di "formare", cosa assai pericolosa, dovremmo dare spazio alla gioventù perché possa esprimersi e "formarsi". Sono molto diffidente verso il proposito di formare perché questo significa spesso costringere ad entrare in un modello prefabbricato. Credo che la funzione degli adulti è molto più semplice e più difficile nello stesso tempo. C'è una frase del Vangelo che considero una meraviglia - e non so quale è più meravigliosa delle altre. Mi piace perché contiene serietà profonda e umorismo: - Guardatevi dal lievito dei farisei - che erano i "formatori" del tempo. Guardatevene, perché vi fanno come loro, preoccupati più dell'apparire che dell'essere. Sono cambiati molto i tempi? Chi volesse scrivermi sappia che il mio indirizzo fino a tutto settembre è: Cx P. 324 - 93.000 Sao Leopoldo R.S. Brasil.
Vi abbraccio con tutto l'affetto approfondito nel recente incontro, dolorante del recente distacco.


Arturo


in Lotta come Amore: LcA aprile 1985, Aprile 1985

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