Pare che l'umanità abbia assoluto, vitale bisogno del "nemico". Di un bersaglio contro cui sparare, qualcosa contro cui accanirsi, una vittima contro la quale sfogarsi. Certamente è per una belluinità congenita, per la mania della distruzione, la voglia della sopraffazione, l'esaltazione della vittoria, la follia dell'eroismo, la fede nella soluzione finale che è la morte... E chissà cos'altro ancora, nel fondo dell'abisso del cuore umano e nei fondali dei popoli, si agita e imperversa a determinare la continuità della storia sempre tesa a cercare, nella violenza, la dignità, la grandezza, la gloria.
Sta il fatto che questa istintività alla violenza che pare assolutamente irrimediabile, epidemia cronica inguaribile, conduce e costringe l'umanità ad aver bisogno del nemico. Fino al punto che se non esiste bisogna assolutamente a costo di tutto inventarlo. Se ne esiste un accenno, una possibilità, tutto viene organizzato per provocarlo. Se è nascosto bisogna assolutamente stanarlo. Se ruggisce e mostra le unghie, benissimo, allora è il momento di costringerlo a venire allo scoperto. E se il nemico si decide alla lotta, allo scontro, per disperazione o a seguito di altrettanta voglia di violenza, allora è necessario e doveroso annientarlo con ogni e qualsiasi mezzo. E qui è la gloria.
Questo misterioso bisogno del nemico.
Da sempre, da quando è la storia dell'umanità. Fino al punto che diversamente pare che non possa esistere storia. Perché "storia" non è che la storia di nemici eternamente "gli uni contro gli altri armati".
A leggere la storia cosiddetta "sacra", la Bibbia, alla luce di questa riflessione, c'è di che rabbrividire, specialmente laddove anche Dio con tutta la sua onnipotenza è contro il nemico. Quasi come se anche lui avesse bisogno del nemico per manifestare predilezione e misericordia per il suo popolo eletto. Come dire che senza il nemico nemmeno la fedeltà, la bontà, l'amore, perfino anche di Dio, può essere manifestato. Anche la Fede e una visione di Fede, cioè del rapporto fra Dio e l'umanità, non può fare a mano del nemico. Serpente o chissà cosa, sta il fatto che nella pace del paradiso terrestre, si è affacciato e con tutta l'efficacia di una politica raffinata, il nemico. E un nemico che ha immediatamente vinto la prima battaglia iniziando lo scatenamento di una guerra che ha travolto in orrori senza fine la storia dell'umanità costringendola a svolgersi sempre sull'orlo e spesso negli abissi della perdizione.
E la presenza di quel nemico si è radicata così profondamente da stabilire in ogni essere umano e nell'umanità intera, il bisogno, la necessità assoluta, l'urgenza vitale, del nemico. Che quando, ma capita così raramente, di non averne uno a disposizione, va scovato in ogni modo o se non altro bisogna inventarselo. Così è nella dogmatica, nella morale, nell'ascetica, nel diritto canonico...
"Anche Gesù Cristo, il figlio di Dio, nel suo essere uomo è stato inevitabile vederlo a confronto, in lotta, contro il nemico, per dimostrare che è veramente uomo e che lui la battaglia l'ha vinta contro il nemico. E la teologia (o almeno una certa teologia che realmente è la dottrina della Dogmatica cattolica, dell'ascetica e della mistica) insegna che la sua passione e morte sulla croce, tutto il suo sangue è stato a causa del nemico, per strappare al nemico l'umanità intera, ottenerne "la salvezza", sempre insegnata, come liberazione della perdizione eterna, questo sogno di vittoria del nemico.
Verrebbe da concludere che se non ci fosse il nemico non ci sarebbe nemmeno la salvezza. E forse il Figlio di Dio non si sarebbe incarnato...
Il manicheismo è stato respinto fin dai primi secoli della Chiesa, ma totalmente la dottrina cattolica e tanto più la protestante, non se n'è mai seriamente purificata. Il nemico non è l'alternativa a Dio, ma l'antagonista sì, la simulazione di Dio, l'idolo, lo spadroneggiatore del mondo, la perversione dell'umanità, il destino della perdizione. È sempre lì, pronto "a fauci spalancate a circuire come un leone cercando chi divorare" (I Pt. 5,8-9) individui, famiglia, società, cultura, popoli, razze, raccogliendo dovunque alleanze, stringendo patti micidiali, traboccando la povera umanità di illusioni, di menzogna, di stupidità, di odio, di violenza, di morte.
Tutto questo, è appena un accenno, per comprovare l'indispensabilità del nemico. Perfino la Fede ne ha bisogno, la morale, la pastorale: quasi che verrebbe da congetturare che la religiosità è più alimentata dalla paura del nemico e da quello che il nemico può comportare, che dall'Amore di Dio, dalla Fede in Gesù Cristo, dal fascino della Bontà, dal richiamo del Paradiso.
La storia della Chiesa, quella scritta sui libri, fondamentalmente è la storia quasi più del nemico che della Chiesa di Cristo. Da quanto è profondamente determinata e dominata dal nemico. la sua individuazione, la strategia di lotta, i mezzi adatti per vincere la guerra contro questo implacabile e sempre ostinatamente risorgente nemico.
Al tempo della Chiesa clandestina il nemico era il tentativo di soffocazione, dell'annientamento della Chiesa nascente. La lotta era la resistenza per la sopravvivenza. Dopo Costantino si rovesciano le parti e la lotta, lo scontro contro il nemico sarà sempre la volontà del suo annientamento o almeno del suo contenimento, attraverso la repressione e ricorrendo a qualsiasi mezzo possibile, compresa la repressione anche violenta. Il nemico: i Saraceni delle crociate. Poi gli scismatici. Gli eretici. l tentativi di indipendenza dei regnanti. La riforma protestante. L'illuminismo. Il modernismo. Il marxismo... Guerre fin che è stato possibile e quindi concili, anatemi, scomuniche, inquisizione, roghi, condanne, emarginazione, crisi di coscienza, minacce di perdizione... Vuoto di Amore cristiano, di sensibilità umana, autoritarismo, assolutizzazione di potere, mania di dominio ecc? Assolutamente no. È per via del nemico, è per lottare e schiacciare il nemico, forse è obbedienza al subdolo, micidiale, bisogno del nemico.
Perché è certo che ogni eretico, ogni novatore, contestatore, ogni non obbedienza, ogni non sottomissione, ogni incrinatura, ogni non uniformità e linearità ecc. è il nemico.
E non è possibile venire a patti, a compromessi, cedere al nemico. E quindi quanto più il nemico si manifesta agguerrito e forte tanto più è dovere radunare ogni capacità di lotta, tutte le risorse disponibili.
Di qui la importanza preziosa del nemico: costringe a stare all'erta e ad essere pronti. "Al nemico è possibile resistere con la saldezza della Fede" (dice ancora S. Pietro, il primo papa). E saldezza, fermezza, comporta durezza inflessibile, spietatezza senza cedimenti, tanto più trattandosi della Fede, deposito della Verità, affidato e consegnato alla Chiesa per essere conservato intatto nella fedeltà più assoluta.
Ne viene inevitabilmente un circolo chiuso di lotta serrata, violenta, implacabile fra il nemico e la Chiesa. Logicamente il campo di battaglia è il popolo e il popolo cristiano, religioso ecclesiastico in particolare.
Meriterebbe un attento studio lo svolgersi progressivo di questa lotta, di questa guerra. Dagli antichi tempi (ne raccontano gli Atti degli Apostoli e specialmente le lettere di Paolo) e via, via nei secoli, rilevando e precisando le cause dei conflitti, dottrinali, sociali, politici, temporalistici e poi di nuovo dottrinali, culturali, filosofici, teologici, mettendo particolarmente in risalto l'adeguamento delle cause e la scelta dei mezzi di lotta, ai tempi, che a poco a poco sono sopravvenuti e che hanno obbligato il nemico a mutare strategie e armamenti: mutamenti che hanno costretto la Chiesa ad aggiornare continuamente la sua enorme fatica, di respinta, di contenimento e per quanto è possibile di esorcizzazione del nemico. Verrebbe, a ben riflettere sulla storia della Chiesa, della teologia, della pastorale, della cultura del mondo ecclesiastico, da concludere che più che il Vangelo, la luminosità della Rivelazione, la presenza dello Spirito Santo, ad una visione più ampia e ad una rispondenza più profonda del Regno di Dio nella sua progressiva attuazione nella storia, abbia contribuito di più assai il nemico e la sua necessità d'inventare e la sua capacità di realizzare filoni di pensiero nuovi, movimenti popolari incontenibili, sconvolgimenti culturali, sociali, politici e così irreversibili, e così pericolosi per "il deposito della Fede" da costringere la Chiesa a muoversi per scontrarsi col nemico sul suo terreno e tentare di batterlo. E la Chiesa, forse suo malgrado, si è venuta a trovare su nuove posizioni, esattamente quelle del nemico: e operare l'evangelizzazione su quel nuovo terreno è giocoforza fare i conti con la novità, subirla prima e gestirla poi.
È il nemico che ha fatto dunque "progredire", aggiornandola cioè ai tempi sempre nuovi, la Chiesa? Può essere: la libertà dello Spirito di Dio, che fondamentalmente guida il misterioso cammino della Chiesa, non è contenibile dentro gli schemi, spesso penosamente gretti, degli uomini, compresi gli uomini di Chiesa.
E del resto l'esemplificazione di questo "miracolo" (solo Dio fa i miracoli) del nemico che nella sua lotta implacabile contro la Chiesa in definitiva la favorisce, quasi a renderla sempre più segno e realtà del Regno di Dio, è molto semplice e facile, basta leggerla alla chiara luce di una serena visione di Fede, questa misteriosa storia della Chiesa. Senza timori e paure anche se apparirà una storia non esattamente quella scritta ad uso dei seminari e per le scuole di religione.
Dunque la necessità di trovarsi sempre davanti il nemico.
Un nemico, uno qualsiasi. Non possiamo farne a meno, pena l'affievolirsi del fervore, il placarsi delle spinte interiori, il non guardarsi intorno con cipiglio, il degradarsi della dignità, lo svanire dei sogni di grandezza, di gloria. Cosa ne sarebbe degli eroi e degli eroismi senza il nemico? Dove trovare le grandi provocazioni dell' amor patrio, la forza rivoluzionaria delle ideologie? Cosa ne avverrebbe della libertà e della liberazione senza il nemico? Liberarsi da chi e da che cosa senza un nemico che abbia nome e cognome e disposto e deciso a non mollare di un millimetro?
Riflettevo a questa storia del nemico e logicamente le prime e più angosciose considerazioni mi sono venute nei confronti del "nemico" classico, biblico, ecclesiastico, chiamato con tutti quei nomi che in definitiva non so che importanza abbiano, dato che ciò che conta è il nemico e cioè l'opposto, il pericolo, la rovina, la perdizione, la menzogna, il male, la cattiveria fino alle misure più orrende. Che il male, il nemico sia personalizzato, sia un'entità precisa, si manifesti e operi concretamente ecc. è di secondaria importanza nella riflessione storica della vicenda umana.
Ma la riflessione sul nemico e la sua necessità assoluta mi si è imposta a seguito dei recenti avvenimenti e quindi dall'approfondimento, fino a intuire le radici, della conflittualità che imperversa attualmente nel mondo.
Palestinesi e Israeliani. Bianchi e neri in Sudafrica. Americani e Latinoamericani. Vietnamiti e Cambogiani. Russi e Afganistani. Le spietate fazioni nel Libano. Iraniani e Irakeni... E al fondo, dove il magma ribolle in potenzialità spaventose, l'Urss e l'Usa. La Nato e il Patto di Varsavia. Qui il nemico raccoglie e convoglia tutta l'orrenda storia dell' inimicizia in una sintesi di possibilità di scontro capace di annientare l'umanità e la vita sulla terra.
Ma chi è questo "nemico"?
Può anche essere che sia "qualcuno" di fuori, che agisce dall' esterno della storia, capace di tutto muovere e organizzare per lo scontro e l'olocausto finale. A questo estremo di orrore può essere che fin dal principio l'umanità sia spinta ad arrivare. Come se col passare dei secoli si vada esaurendo la "salvezza" e cresca e cresca fino a tutto annientare, la "perdizione".
Perché è vero che nella storia di ogni individuo, di ogni popolo, dell'umanità, la lotta, lo scontro, la guerra è fra la salvezza e la perdizione (e ovviamente non mi riferisco al paradiso e all'inferno). È troppo facile e confortante, perché solleva da tremende responsabilità, individuare questo nemico nel "demonio" in una realtà che non appartiene all'umanità, che non è realtà di uomo. Certo anche questo "nemico" fa il suo mestiere e soffia sul fuoco o raggela fino al brivido, secondo i suoi disegni.
Ma il nemico di cui si sta ragionando è concreto, reale, storico. Inventato, provocato, costretto, inevitabilmente, anche contro la sua volontà ad essere il nemico.
E unicamente perché di un nemico si ha assoluto bisogno, non è possibile, farne a meno. È questione di affermazione, di successo, di potere, di grandezza, di intesa, di alleanze, di dominio culturale, economico, politico, religioso ecc. che ci sia un nemico. Diversamente tutto si scolorirebbe, perderebbe l'interesse, si affloscerebbe. Diversamente sarebbe "la pace" e cioè il disastro, la rovina, il vanificarsi di ogni progetto.
Tanto per fare qualche esempio. Supposizioni certamente.
- Potrebbe affermarsi come dominio assoluto nel mondo occidentale e quindi nell'universo fino appena sotto le stelle, l'americanismo degli Stati Uniti, se non ci fosse e minacciosissimo, il nemico che è la Russia e il suo impero? E naturalmente è vero il viceversa. Senza il nemico USA forse l'Urss e la sua alternativa di socialismo si sbiadirebbe da rosso in rosa.
- Il regime Iraniano ha bisogno della guerra con l'Irak per sopravvivere. Esattamente così è per il regime Irakeno.
- Israele - è opinione frequente anche fra gli israeliani - perderebbe ogni suo significato e la forza che l'unisce e la "gloria militare" che lo rafforza, se non avesse un nemico, i Palestinesi. La pace e cioè non avere più nemico, potrebbe essere un pesante pericolo, forse assai più della guerra. La disperazione palestinese è assolutamente indispensabile.
- La ribellione della popolazione di colore in Sudafrica è necessaria all' assolutismo dei bianchi. E quanto più il movimento di liberazione diventa un nemico perché scivola nella violenza e nella guerriglia, tanto più si rafforza la dittatura con tutti i suoi privilegi e interessi.
- Gli Stati Uniti hanno bisogno, non possono farne a meno di avere un nemico nell'America Latina: è questo nemico (Cuba, Nicaragua e tutta la guerriglia un po' dovunque) che giustifica e rafforza quell'immagine di libertà e favorisce la ragione economica e l'impero politico e militare degli U.S.A.
- La guerra nell' Afghanistan sembrerebbe preziosa per favorire il nazionalismo, l'unità popolare, tenere in esercizio l'esercito, esperimentare i mezzi bellici e chissà quali altri motivi d'interesse per la Russia che continua ad alimentarla.
E l'esemplificazione potrebbe continuare a lungo perché dovunque e sempre la ricerca, lo scoprire e quindi la lotta contro il nemico è ragione, strano a dirsi, ma è la verità in tutta l'ampiezza del suo significato, è ragione di vita o di morte.
Come potrebbe tirare avanti tanta gente (ma tutti, un po' più o un po' meno) anche nella vicenda quotidiana della vita, senza un nemico?
Potrebbero reggere i rapporti sociali, il confronto politico, gli affarismi piccoli e grandi, il politicantismo dei partiti, senza l'occhio vigile al nemico e la strategia di lotta sempre pronta e adeguata alla bisogna?
C'è chi considera nemica la macchina che supera in curva o al semaforo quando scatta il verde. E è certamente un nemico chi scavalca di un posto in graduatoria per via delle raccomandazioni o altro... E è per via del nemico sempre in agguato che ormai è imprudente uscire la sera, non avere quattro chiusure alla porta e le inferiate alle finestre...
E non occorre mettere in risalto l'importanza vitale del nemico nella camorra, nella mafia, nei terrorismi: questo micidiale istinto del nemico che obbliga, insieme al fazzoletto da naso, avere in tasca la pistola.
E per concludere certamente non favorisce la liberazione, la purificazione dell' istintività del bisogno del nemico, la diversità di giudizio e di rapporto con il Concilio Vaticano 2°. Perché ancora, e tanta acqua è passata sotto il ponte della storia, il nemico nella Chiesa è determinante di tanta teologia, pastorale, di tantissimo autoritarismo, di posizioni dure, di scelte assolutizzate. E tutto trova e ottiene la sua giustificazione, come sempre, per questa eterna paura del nemico contro il quale in nome della Fede e per la salvezza del suo deposito, è sacrosanto dovere lottare con ogni mezzo atto alla sua repressione.
don Sirio
in Lotta come Amore: LcA dicembre 1985, Dicembre 1985
Luigi Sonnenfeld
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