Martedì 16 Aprile 1985
Stamani visitiamo il piccolo e bello ospedale di Gutierrez: reparto di chirurgia, sala parto, gabinetto dentistico, pronto soccorso e medicazione, reparto dei "ninos" con quaranta posti letto. Al completo i reparti sussidiari, cucina, lavanderia, centralina elettrica con generatore di corrente, gabinetto di analisi. Stanno costruendo in questo momento quattro nuove stanze per malattia tbc (purtroppo in forte espansione!), dall'altra parte della strada una simpatica residenza per allievi infermieri che poi opereranno neUe varie comunità per la prevenzione delle malattie, vaccinazioni, piccoli interventi, anche questa in costruzione.
Il viaggio verso Camiri (tre ore) è stato buono, il tempo nuvoloso ha dato delle apprensioni e ci ha permesso la normale gimcana sulla carrettera: scambio di impressioni sulla nostra prima parte del viaggio. La vita di Tarcisio è costellata da fatica-solitudine-lavoro-coraggio a continuare per i meravigliosi risultati della salute pubblica (sopravvivenza dei guaranj) ottenuti in questi dieci anni della sua presenza a Gutierrez (prima della espropriazione spagnola il nome del villaggio in guaranj era "paese della speranza che sorge"!).
Lungo il viaggio ci fermiamo per un'ordinazione di mattoni ad una antichissima fornace dalle attrezzature babeliane: come sempre il padrone è un meticcio furbacchione, la manovalanza indios tutti in orgasmo per avere una fotografia istantanea unica gloria per tutta una vita impantanata. Quei volti di bronzo lucidi dalla fatica ricordavano a noi discendenti dei bianchi colonizzatori: "un popolo che opprime un altro popolo non può essere libero, disse l'inca Yupanqui agli spagnoli. Noi contadini queduas e aymaras e guaranj diciamo la stessa cosa. Ci sentiamo economicamente sfruttati e culturalmente e politicamente oppressi. In Bolivia c'è la mancanza di reale partecipazione dei contadini alla vita economica politica e sociale del paese. La Bolivia sta entrando in una nuova tappa della sua vita politica, di cui una caratteristica è il risveglio della coscienza contadina" (Amodio). Arriviamo a Camiri, la capitale del petrolio, senza radici indie, è deposta in una conca, senza panorama, sua potenza e forza l'oro nero che sta scomparendo, famosa qualche anno fa come base dell'esercito boliviano per la lotta contro lo guerriglia del Che. Accolti come vecchi amici da p. Leonardo un frate della Verna ancora giovane silenzioso e premuroso, se tu chiudi gli occhi lo potresti rivedere piccolo seguace di Francesco sulle strade dell'Umbria, un fra Leone pecorella di Dio: con lui un veterano della Bolivia, P. Ignazio da Pietrasanta una vecchia quercia da gli occhi scintillanti ancora più vivi al sentire "la tua loquela ti fa manifesto". Tiene a precisare che il suo Ignazio è originario di Antiochia e non di Lojola.
Mercoledì 17 Aprile
Visitiamo il nuovo ospedale, è sorto da pochi anni con il contributo del ministero di sanità per la tenacia del padrecito, accoglie la povera gente perché nelle altre cliniche non vi era "posto per loro". Vicino un lindo convento per le suore spagnole infermiere. Per una carrettera abbastanza sconclusionata verso Santa Rosa. A Cuevo ci attende p. Franco, è un toscano stranamente silenzioso, gioiosamente ospitale nella sua casa, antica sede del vescovo trapiantato ora a Camiri. La bella chiesa dai toni solenni, la scuola delle suore ricordano gli splendori di un tempo: il dominio e l'oppressione militare sono rappresentati vistosamente dalla caserma di un CAR reg. di Artiglieria. Nella missione di Cuevo P. Franco sta preparando un alloggio abbastanza vasto per volontari laici: dovrebbero aiutare un pian di sviluppo della zona per i campesinos. Quello che più mi ha impressionato è stata S. Rosa, un chiesa sbandonata (senza sacerdote) presso un numerosa comunità di guaranj: tu cammini per un'ora sulla solita carrettera fra boschi di alberi simili ai nostri ma diversi, da questi arbusti fitti spinosi e inaccessibili per l'uomo sbucano vacche, vitelli, pecore, capre, maiali e maialini color mattone ed ogni tanto stormi di pappagalli variopinti e vocianti ed uccelli simili ai merli, lungo i margini della strada indios che vanno e vengono con taniche per acqua. Su di un colle come un castello antico dall'aria protettiva una chiesa dal tono romantico: è fatta di mattoni in terra e paglia cotti al sole, è rivestita da mattoni cotti alla fornace per difenderla dal vento e dalla pioggia. Ai suoi piedi campi di mais e prati per il bestiame, una immensa piazza di verde con le capanne dei guaranj. È una delle più antiche missiones dei francescani contemporanee alle missioni dei gesuiti del Paraguaj: quando i bianchi si resero conto che l'indios erano "gente come loro" e potevano in ogni campo rendersi indipendenti le soppressero scacciando sia i gesuiti prima che i francescani dopo. A proposito ho conosciuto a Camiri due gesuiti: uno avrà la mia età l'altro è più giovane, sono molto impegnati nella lotta cristiana per una vera liberazione evangelica dei guaranj. Uno si chiama p. Lucio e uno p. Gabriel. Hanno subito intimidazioni e minacce ma sereni e tenaci continuano nella loro costituzione e approfondimento delle comunità di base. Il vangelo è fondamento del loro lavoro. Altri purtroppo si dedicano unicamente ad un culto senza alcuna partecipazione alla vera situazione della gente. Non bisogna lasciarsi trarre in inganno dal fatto che in America Latina, Bolivia, spesso coloro che violano i diritti dell'uomo si presentano come i difensori della civiltà cristiana contro il comunismo. Il cristianesimo: la libertà. "II nucleo del vangelo è la vita in Dio, ma il centro di questa vita è la libertà stessa. Evangelizzare significa creare libertà nell'uomo che accoglie la parola di Cristo. Questa libertà è l'uomo nuovo, frutto della morte e resurrezione di Cristo è la nuova creatura dello Spirito Santo". (Agenda America Latina 1986).
"Ma la lotta per una maggiore giustizia e solidarietà nel nostro ambiente e nel mondo intero non potrà mai essere opera di uno solo o di pochi! perché nessuno libera un altro, nessuno si libera da solo. Gli uomini si liberano insieme. (P. Freire)
Rolando
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1986, Febbraio 1986
Luigi Sonnenfeld
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