Madonna povertà

In questi giorni, tra la fine di Agosto e l'inizio di settembre, mi è successo di trovare molto spesso nella cassetta della posta delle lettere provenienti ora da un istituto bancario ora da un altro. Certamente è accaduta la stessa cosa a tutti i preti italiani. Le varie filiali delle banche della provincia si sono premurate di offrire tutte le indicazioni necessarie per la riscossione dello "stipendio" che dovrà essere erogato dall'istituto diocesano per il sostentamento del clero. Naturalmente ogni banca precisava le proprie modalità relative al "tasso passivo", alle "valute versamenti", ai "fascicoli assegni" ed alle varie agevolazioni riguardanti la concessione di prestiti personali ecc...
Così, quasi all' improvviso, mi sono reso conto di dover ringraziare ancora una volta la dolce bontà di Dio che da molti anni (esattamente dall'Ottobre 1968) mi aveva spinto sulla strada nella quale camminava Madonna Povertà.
E dal profondo del cuore ho sentito il desiderio di rendere a Lui e a Lei una "pubblica riconoscenza" per avermi condotto su un sentiero di vita sacerdotale dove non incrociano le complesse operazioni bancarie. Mi sono accorto, anche in questa occasione, di una condizione di libertà, di una realtà di non-dipendenza da un tipo di rapporto economico né con l'istituzione ecclesiastica né con quella civile.
Di tutto questo sono profondamente felice: anche se so benissimo - per esperienza vissuta - che il fatto di aver avuto la grazia di guadagnarmi il pane con la fatica delle braccia, il sudore della fronte, la precarietà della condizione operaia e artigiana, non mi mette automaticamente al riparo dalle debolezze dell'esistenza, né dai compromessi col "sistema". Tuttavia devo confessare la mia felicità, la gioia sincera ed umile di non essere legato, come prete al carro dei calcoli economici.
Per un antico sogno, spuntato nell' anima fin dagli anni del seminario, che mi ha sempre accompagnato fedelmente fino ad oggi, sono molto felice di essere stato preso per mano da colei che Francesco d'Assisi chiamava col tenero nome di Madonna Povertà e di essere stato portato sulla via percorsa con assoluta coerenza, nel mistero dell'Incarnazione, da Gesù di Nazareth. Un antico sogno giovanile che mi ha riempito il cuore e ha dato forza d'ideale alla decisione di accogliere la consacrazione sacerdotale per una vita spesa per il Vangelo, nella condivisione di esistenza con la gente umile, povera, affaticata e appesantita giorno dopo giorno dalla normalità del lavoro. Sogno di essere - come prete - semplicemente "uno" del popolo lavoratore, un piccolo pugno di lievito dentro la grande massa, un piccolissimo seme nel vasto campo di umanità formato dai milioni di uomini e donne che ogni giorno si piegano sulla terra, nella fabbrica, sul mare, nell'officina, per costruire qualcosa di buono per tutti, che serva alla vita di tutti. Un pezzo di pane, un abito, uno strumento di lavoro, un bicchiere di vino buono, "qualcosa" che accresce la possibilità e la qualità di vita per sé e per gli altri.
E tutto questo a partire proprio dalla mia realtà di sacerdote cristiano, di prete di Gesù, di consacrato a spezzare il pane dell'Eucarestia senza sottrarmi all'impegno di partecipare alla fatica che occorre perché quel pane arrivi sull'altare. Perché non ci fosse niente (nemmeno l'ombra del denaro!) a dividere la gente dal messaggio di Amore, di Pace, di Giustizia, di Perdono, di Libertà che il Figlio di Dio è venuto a portare nella storia umana. Perché il "fossato" di separazione tra la Chiesa storica e la classe operaia, il mondo contadino, il popolo dei lavoratori, potesse a poco a poco come essere colmato, ridotto, superato, attraverso il dono della propria vita.
Perché la Povertà - concreta, quotidiana, materiale - non facesse più paura alla Chiesa del Signore Gesù e fosse possibile appartenere nello stesso tempo, con assoluta semplicità, alla storia dell'Amore di Dio e alla storia dei poveri, dei senza potere, di chi non ha altra forza se non quella delle proprie braccia e della propria speranza.
Le delusioni sono state tante e lo sono ancora: ma in questo momento non voglio fare un'analisi delle sconfitte, della mancanza di risultati, della fatica assurda che ancora l'istituzione ecclesiastica fa ad accogliere l'umile segno della condizione operaia di alcuni fra i suoi preti. Addirittura del persistere in alcuni casi di un atteggiamento di rifiuto e di respinta.
In questo momento (e le lettere bancarie me lo hanno inaspettatamente ricordato) ho sentito salire dal profondo dell' anima un sentimento sereno e forte di riconoscenza e di gratitudine, quasi di meraviglia, per aver potuto camminare in questi anni su una strada di povertà liberatrice. Di fronte a quelle lettere non mi sono sentito nemmeno per un istante "clero": ho avuto la reazione istintiva come di fronte ad una cosa che in alcun modo ci riguarda. Con tutto questo non mi considero giudice di nessuno, nemmeno di me stesso: devo riconoscere però di sentirmi molto felice per essere accolto nella comunità ecclesiale come sacerdote e al tempo stesso di non rientrare nei quadri economici derivanti dal nuovo concordato.
La riconoscenza e la gratitudine sono per la straordinaria e misteriosa bontà di Dio che mi ha
liberato dai lacci di Messer Denaro, consegnandomi all'umile tenerezza di Madonna Povertà. E spero con tutta l'anima che sia Lei a condurmi sino al termine del cammino e a presentarmi a Colui che vorrei tanto fosse l'unico "stipendio" della mia piccola storia come di quella di tutti.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1986, Ottobre 1986

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