Io posso darne concreta testimonianza.
C'era una volta un tipo un po' strano, uno di quelli che camminano per strada e non si sa cosa vedono, cosa pensano. Gente innocua certamente ma anche pericolosa e non perché è possibile che covino dentro di sé chissà quali macchinazioni, ma unicamente perché sono capaci, se gliene viene l'estro, di scocciare la gente, turbare il quieto vivere, sovvertire il menefreghismo generale. Fra questa gente una volta erano annoverati i santi, gli eretici e nella progressiva laicizzazione della società, i filosofi e più ancora i letterati, i poeti ecc.
In questi ultimi tempi (cioè 20-30 anni) anche qualche prete ha fatto parlare di sé.
Tipi strani davvero. Già allora quando tutto il clero camminava, strinto e devoto, nella talare, si sono tolti l'abito benedetto e sono apparsi uomini come tutti. Dalla parte di Dio certamente, anche se a volte con una Fede, così intensa e vissuta, da risultare quasi fuori dal mondo ecclesiastico, ma anche e scopertamente dalla parte degli uomini, specialmente degli ultimi, dei poveri, che una volta erano conosciuti come proletariato, classe operaia ecc.
Uno di questi cosiddetti pretioperai (forse il primo a stare alle statistiche) molti anni fa, oltre a lavorare in un cantiere navale, poi fra gli scaricatori del porto, poi come artigiano ecc. ogni tanto si metteva anche a scrivere (lo fa ancora dato che il lupo perde il pelo ma non il vizio). Uno scrivere che era (e è) come dire: io mangio questo pane, se hai fame, ecco, prendine pure e anche un bicchiere di quello buono (ci puoi contare non è al metanolo) se hai sete... E così, tutto è andato avanti come per chi cammina e si trova sempre in luoghi nuovi, paesaggi sconosciuti, una continua scoperta sorprendente, sconcertante e affascinante.
Gente che è la stessa, eppure cambiamenti sono avvenuti. Problemi inaspettati a scavalcare quelli vecchi. Un superarsi di avvenimenti, un sopravvenire di nuovi incontri, un coinvolgersi in vicende improvvise, l'apparire di chiarezze mai intraviste, lo sciogliersi di dipendenze, condizionamenti, l'aprirsi, lo spalancarsi di spaziosità per respirazioni infinite...
Certo; tutto è avvenuto nel cuore, nell'anima, in quella interiorità che è più che l'universo cosmico, ma poi ogni cosa (o quasi) è fluito fino alla punta della penna, sui tasti della macchina da scrivere. E ai primi tempi (La voce dei poveri) stampavano cogliendo nei casellari le lettere tipografiche, una, a una, per comporre la riga. Poi arrivò trionfante quel macchinismo che trasformava il piombo liquido in righe tipografiche, la linotype. Ma quando sono venuto io Lotta come Amore allora siamo passati gloriosamente all'elettronica, alla memoria computerizzata, alla foto stampa ecc, ecc.
Forse non avete ancora capito, ma io sono un libro. Una bella fodera rossa, gli angoli dorati, sul dorso, a lettere d'oro, impresso il mio nome e cognome: Lotta come Amore.
Una mano gentile è andata a raccogliere i numeri sparsi fra le rimanenze della diffusione. E un'altra mano, con affetto e bravura, ha rilegato i fascicoli (forse sono tutti) ed eccomi fatto libro. E chiaro che ritrovarmi libro, tutto riunito, mi ha dato la sensazione di una certa importanza. Perché così, tutto insieme, mi sento realmente una storia, uno svolgersi, un'attualizzazione progressiva, un tutt'uno di una frammentarietà, che essendo staccata, monografica, come si dice, ma unitaria, si ritrova tutt'intera a manifestare la sua complessità in una linearità precisa, inconfondibile.
Mi sento quasi una testimonianza di fedeltà: di fedeltà agli inizi e di fedeltà alla continuità.
Ho avvertito fortemente l'emozione di chi mi sfogliava di pagina in pagina, di argomento in argomento, come un profondo ravvivarsi di quella passione, di quei sogni, ansie, sgomenti, esaltazioni, angosce, speranze senza fine... Voltando una pagina dopo l'altra è non ricominciare a leggere una storia, ma rivivere intensamente il passato, con la commozione come di quel momento e forse più ancora, quando la penna scorreva sulla pagina bianca. È proprio vero: non esiste passato quando tutto è sempre totalmente presente. È cioè quel noi stessi vissuto e giocato interamente allora come ora. Ma non con monotonia e con distacco, giornalisticamente cioè o come spettatori, parte viva e vivente invece, come carne e sangue e anima di se stessi, in quella vastità che abbraccia cielo e terra. Spaziosità infinita nella quale Dio illumina il mondo, comprese le sue tenebre, per vedere con chiarezza, in evidente risalto, il Mistero della vita, dell'umanità, della Chiesa e la storia, questo fluire del tempo nel quale tutto va avanti.
Dentro di me, fra le due copertine di tela rossa, mi rendo conto che domina un'enorme confusione di tematiche, di argomenti, di stili, di convincimenti, di sensazioni, di giudizi a volte anche presuntuosi. Mi scorre tra le pagine acqua di sorgente, un rigagnolo fra i sassi, ma anche torrentelli e qualche fiumana più o meno straripante. Niente però è stagnante, acqua di cisterna. Un'improvvisazione spesso, certamente, anzi sempre forse, ma è perché le mie pagine, assolutamente senza intenzionalismi, sono scritte, carta e penna in mano, camminando sulla strada di ogni giorno, ascoltando il vento, il frangere delle mareggiate, riverberati di luce di sole, avventurandosi nella notte condotti per mano dal brividìo delle stelle...
Ed ecco che le mie pagine sono visioni di Fede ad accendere Speranze, a suscitare, provocare Amore. Angosce sgomente per l'intuizione di mali estremi.
Per la voglia indicibile di una Chiesa vivente, per una traduzione di Vangelo e di umanità nel tessuto del quotidiano e della storia. Sono pagine come un gridare, pagine di passione incontenibile, traduzioni di realtà vissute, racconti fatti di cuore e d'anima. Confluenze di amici lontani. Convergenza di vita, di lavoro, di avventure comunitarie. E sussurri di poesie sognate per raccontare l'indicibile. Stranezze, assurdità, illusioni, utopie, sogni. E anche tanta Lotta, risoluta, tenace, impenitente, ma è chiaro, unicamente perché Amore, questo impietoso e appassionato Amore.
Forse, ahimè, sono un libro fatto dalla raccolta di un giornaletto inutile e quindi anch'io sono un libro inutile (non per nulla ne esiste solo una copia!).
Ma non me ne dolgo eccessivamente: mi sono accorto che quando mi sfogliava, gli si gonfiava il cuore di commozione e gli pareva proprio che, nonostante tutto, lo scrivere, lo stampare e spedire queste paginette, a qualcuno, qua e là per l'Italia e oltre, poteva succedere che gli sorridesse un po' di speranza e di fiducia, leggendo che l'inutilità può non essere giudicata inutile: può essere invece serenità di Fede e gioia d'Amore.
Chiesetta del porto Natale 1986
Il libro-raccolta
Lotta come Amore
in Lotta come Amore: LcA gennaio 1987, Gennaio 1987
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455