Vorrei avere parole chiare e precise per tessere l'elogio di chi, dopo aver indossato l'uniforme militare di tutti gli eserciti che stanno insanguinando il mondo, si fermasse - per un attimo - a guardare il "nemico" annientato, ucciso, frantumato come pietra sotto i colpi del martello...
Penso ai soldati russi che marciano da anni sulla terra afgana; ai migliaia di soldati che nella terra da cui partì il padre Abramo - l'Iran e l'Irak - stanno affogando di morte e di sangue ogni spazio; ai "miliziani" di ogni tipo (e fede!) che hanno fatto di Beirut e dello splendore del Libano un enorme cimitero abitato di morti; a Gerusalemme. "città di pace" e "morte del Signore", diventata capitale di guerra, con i suoi soldati (uomini e donne) che per portare "pace in Galilea" han fatto strage dei "ribelli" palestinesi dopo averli scacciati dalla patria comune...
E l'elenco potrebbe allungarsi all'infinito, troppo lungo sarebbe per non rischiare di lasciar fuori qualcuno dalla lista: battaglioni, brigate, corpi d'armata dell'Est e dell'Ovest, del Nord e del Sud, delle Americhe o dell'Asia, dell'Africa o dell'Europa... Uomini fieri di indossare la divisa, di manovrare con maestria strumenti perfezionati per dare con più precisione la morte...
Dicevo all'inizio: mi piacerebbe tessere l'elogio di chi - fra questi - si fermasse (anche solo un momento) a guardare il frutto del proprio "lavoro" e si accorgesse che l'unica cosa da fare per rimanere degno d'essere uomo sarebbe abbandonare per sempre gli abiti della morte e DISERTARE.
Lasciare il campo di battaglia per far ritorno a casa, magari a seminare nel campo del buon seme di grano (o di riso)...
Fare deserto intorno ai generali, lasciarli soli a meditare in mezzo ai cumuli delle macerie e ai morti... Tornare indietro, cambiare strada, non calpestare più la terra col passo di Caino...
Gloria sì di aver finalmente ridato un sapore nuovo e nuova dignità a una parola da sempre giudicata simbolo dal più bieco disprezzo: DISERTARE!
Forse ti meriteresti di avere appuntata sul petto la medaglia più bella.
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA gennaio 1987, Gennaio 1987
Luigi Sonnenfeld
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