La condanna a morte di Paola Cooper

Un gruppo di amici ci hanno telefonato e scritto approvando l'iniziativa di mandare telegrammi al Presidente Cossiga per un suo interessamento teso a scampare dalla sedia elettrica la sedicenne Paola. Lamentano però amaramente che noi non manifestiamo altrettanta premura per i condannati nei gulag sovietici e contro l'occupazione militare dell'Afganistan da parte dell'URSS.
Può essere che meritiamo questo risentimento. La cosa chiara però è senza dubbio questa: che non facciamo assolutamente distinzioni fra violenza e violenza e tanto meno preferenze o giustificazioni. Forse ci occupiamo assai più dei problemi di questa nostra civiltà occidentale, è chiaro, perché ce ne sentiamo responsabili sia nel bene che nel male essendo compromessi e coinvolti dal mondo occidentale.
Non ci sembrerebbe giusto, per esempio, venir disapprovati perché ci occupiamo quasi esclusivamente della chiesa cattolica e meno assai dell'Islamismo o del Buddismo. Gesù direbbe (tanto per fare un riferimento biblico senza ovviamente voler insinuare che il regime sovietico sia una pagliuzza!) "Percbè stai a guardare la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello e non ti preoccupi della trave che è nel tuo?... (Mt. 7,4).
Ci permettiamo di citare un ottimo, appassionato articolo di "Avvenire", quotidiano cattolico, del 15/7/86 circa il dramma di Paola Cooper.

"Problemi di cultura? Forse sì. Anche il tipo delle pene inventate dagli uomini appartiene alla cultura e non alla natura, fosse pure ridotta ai primitivi istinti animaleschi della vendetta. C'è nella vendetta una brutale ritorsione irrazionale del render male per male, dolore per dolore, morte per morte, secondo un istinto oscuro, notturno che accende la riflessione cosciente. C'è invece nella pena la decisione volitiva, ragionata, analizzata, che vuoi approdare a qualcosa che definisce come "bene", come "giustizia"; e dunque la morte inflitta come pena diventa un rito giustiziale, celebrato e consumato nel sole, in lucidità e determinazione, persino rintuzzando le ripugnanze emotive.
E' questo che dà il brivido nella "morte giustiziale" che si prepara per Paola Cooper, poco più che una bambina. Nel rifiutare la pena di morte in linea di principio, nessuno può essere accusato di passionalità".




in Lotta come Amore: LcA maggio 1987, Maggio 1987

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