Piccolo grande uomo

J. Popieluszko
14 settembre 1947 - 19 ottobre 1948
Da tempo nel maggio sono solito trascorrere una settimana con gli ammalati a Loreto. In quei giorni di amicizia limpida, gioiosa e di condivisione umile e serena temperata dalla forza della preghiera, da quel colle come terrazza sull'Adriatico luminoso, ritrovo con gioia e trepidazione la sintonia con il cuore dell'universo, coraggio di vivere e il filo di una storia nella fede. Povero cireneo riluttante a tante croci piombate nella carne e nel cuore di fratelli e sorelle, fedele, mi avvio nelle ore di silenzio per un viottolo scosceso verso un giardino di rose e di croci. È questa la storia che prediligo, la storia dei poveri e degli sconosciuti, di tutti quelli che hanno subito la prepotenza la crudeltà la violenza dei grandi, le ambizioni assassine dei potenti, lo strapotere di chi dopo aver mandato al macello i piccoli di nuovo abusa del loro soffrire e morire, ipocritamente, rendendo omaggi floreali e minuti di silenzio per coprire le loro orme di Caino. È il cimitero dei soldati polacchi motti in Italia nella guerra di liberazione.
La storia di un povero popolo reo di amare la libertà e la sua identità. Tutti giovani e giovanissimi. Fra loro un buon numero con la stella di David: un'altra storia di sofferenza di martirio e di olocausto. Il mio povero omaggio silenzioso è saldamente sorretto da quella croce che illumina nel chiaroscuro del tramonto tutte le piccole croci costellate da rose meravigliose, il crocifisso del Golgota, il mio signore e fratello universale è sorgente di speranza e pegno di liberazione.
In questi ultimi due anni il mio breve pellegrinaggio sosta su di una croce invisibile, la croce di tanti miei fratelli "servi inutili" che in ogni parte del mondo dall'Africa all'Asia dall'Europa all'America latina hanno reso testimonianza all'amore con il dono della loro vita. Questa croce qui nel cimitero delle rose ha il volto di un giovane minuto, esile, fanciullesco, dallo sguardo triste e buono, Jerzj Popieluszko, massacrato dal regime militare del generale Jaruzelki in Polonia, perche usava della sua libertà per la difesa dei deboli e perché costantemente ripeteva che ogni essere umano ha il diritto di rispettare la propria coscienza.
Jerzj uomo di Dio dolce e riservato e di risoluta volontà coraggio e determinazione era un autentico figlio di Polachia, regione della Polonia orientale: vicino a Okopj, villaggio nativo di Jerzj, si stendono gli sterminati territori dell'Unione Sovietica, la potente vicina della Polonia. La popolazione è pacifica e cordiale temperata da molte prove inferte dalla storia e risoluta nel suo attaccamento alla propria nazionalità polacca e al cattolicesimo.
In queste terre - vive una popolazione comprendente cattolici protestanti cristiani ortodossi ebrei e mussulmani - p. Jerzj aveva respirato ed incarnato il senso dell'ospitalità calda e cordiale di cui fu intessutala sua breve ed intensa vita. L'anno della sua nascita -1947- ebbero luogo le elezioni che avrebbero "democraticamente" deciso il futuro politico della Polonia. Elezioni svolte nell' ombra di estorsioni, terrore ed assassinio politico come ai giorni bui dell'occupazione tedesca. Jerzj appartiene alla generazione 'che secondo il partito comunista polacco doveva essere allevata secondo una linea di condotta atea per produrre il nuovo uomo comunista. I genitori di Jerzj lavorano la terra, vivono modestamente con il frutto del suo sudore: la sua vita, così come quella di altri ragazzi di campagna, era dura. Scuola e lavoro dei campi. Il papà e la mamma avevano poco tempo e predisposizione per coccolarlo ma Jerzj è cresciuto con profondo rispetto per loro e li ha amati teneramente. "Arriva di solito come un ciclone - da sacerdote - giusto il tempo. per prendere una tazza di te, volatilizzandosi dopo aver baciato le mani della madre ed avere abbracciato il padre portando con se una pagnotta di pane fatto in casa e delle salsicce"; in questa famiglia semplice credente e credibile maturò nel silenzio e nella solitudine le sua vocazione al sacerdozio.
Uno dei suoi primi insegnanti ricorda Jerzj come un ragazzo riservato, sincero, sempre pronto ad aiutare gli altri ma anche con forte spirito di indagine sempre alla ricerca di verità.
Per restare degli uomini liberi nello spirito, dobbiamo vivere nella verità.
Per tutta la vita p. Jerzj restò sotto il grande influsso di Massimiliano Kolbe (il santo francescano che dette la vita per un altro prigioniero nel campo di concentramento di Auschwitz): costituiva il simbolo della vittoria di un uomo che pur assoggettato dalla violenza è rimasto libero nello spirito. Jerzj ha cercato sempre di vivere secondo il credo di p. Massimiliano: "per restare degli uomini liberi nello spirito dobbiamo vivere nella verità".
I due anni di servizio militare obbligatorio - usati particolarmente dalla dittatura per indebolire la fede e la vocazione dei seminaristi - consolidarono e rafforzarono la sua decisione e il suo cammino al sacerdozio e fu a quel tempo che Jerzj perdette anche il rispetto per l'esercito comunista polacco. Nel maggio 1972 era sacerdote: uomo in possesso di un senso del dovere eccezionalmente forte che lo spingeva ad operare ben oltre i limiti della sua cagionevole salute (emofilia). Fu viceparroco in diverse parrocchie, cappellano degli studenti di Varsavia; organizzava conferenze dibattiti ritiri e campeggi estivi, durante gli scioperi all'accademia di medicina, nella primavera e nell' autunno del 1981, calma gli esagitati ma tiene alto il morale degli studenti. Cappellano della comunità sanitaria di Varsavia considerava l'aborto come violazione della legge naturale, universalmente vincolante, sia come l'infrazione. del quinto comandamento di Dio" tu non ucciderai". Fu lui a persuadere molti di loro che ogni legge umana che violi la legge di Dio è in realtà illegale; non solo non saremo obbligati a sottostare a simili leggi, ma non dovremmo sottometterci ad esse.

Solidarnosc
A trentadue anni il suo stato di salute esigeva una cura costante, gli fu consigliata una vita tranquilla, libera da ogni tensione con una dieta appropriata. Invece Jarzj stava per imbarcarsi in quella che doveva rappresentare la parte più attiva della sua vita. Era giunto il tempo della grande prova per tutto ciò in cui credeva, della sua aderenza alla fede. Nell'estate del 1980 al tempo della rivoluzione polacca ha avuto inizio la storia della missione di Jerzj fra gli operai. In agosto, tutta la Polonia teneva lo sguardo fisso ai cantieri navali Lenin di Danzica, dove il comitato interfabbrica guidato da Lech Walesa, per la prima volta nella storia della Polonia del dopo guerra si incontrava al tavolo dei negoziati coi rappresentanti delle autorità comuniste polacche. Come in tutte le altre grandi fabbriche gli operai cercarono di procurarsi un sacerdote che per loro celebrasse la messa festiva: fu scelto padre Popielutzko per questi "uomini d'acciaio": "finché vivrò non dimenticherò quel giorno e quella messa. Andai con grande apprensione. Già la situazione era di per se assolutamente nuova. Che cosa avrei trovato? Come mi avrebbero accolto? Ci sarà dove celebrare? Chi leggerà i testi e chi li canterà? Erano questi, che oggi mi appaiono ingenui, gli interrogativi che mi ponevo durante il percorso verso la fabbrica. E, già in prossimità del cancello ho avuto il primo moto di stupore. Una densa folla di uomini sorridenti e in lacrime allo stesso tempo. E applausi. Ho pensato che qualche celebrità stesse giungendo dietro di me. Quelli, invece, erano applausi per il primo prete che nella storia di questo stabilimento, ne avesse varcato la soglia. Io nel frattempo già pensavo: applausi per la chiesa, che per trenta e più anni aveva instancabilmente bussato alle porte delle fabbriche. I miei timori erano infondati, tutto era pronto: l'altare al centro del piazzale della fabbrica e la croce...
C'erano anche i lettori. Bisognava sentirle quelle voci maschie, avvezze a termini grossolani, adesso nel raccoglimento leggere i sacri testi. E dopo da mille labbra si è levato come un tuono "rendiamo grazie a Dio". "Si è dimostrato poi che sapevano cantare molto meglio che nelle chiese".
Da questo momento Jerzj fu il cappellano di Solidarnosc "uomini che avevano compreso come la loro forza si ponesse in Dio, nell'unità con la chiesa".

Il prete preso dalla gente per servirla
"L'attività di un prete è in un certo senso prolungamento dell'attività di Cristo. Un prete viene preso fra la gente e per la gente viene ordinato, allo scopo di servirla. Il dovere di un prete è, così, quello di essere sempre con la gente, sia nei momenti lieti che nei brutti tempi. Dovere di un prete è di essere con la gente quando maggiormente essa ha bisogno di lui, allorché viene offesa, degradata e maltrattata. Perché c'è sempre sofferenza e inquietudine là dove i diritti umani non vengono rispettati, dove non esiste libertà di parola e di opinione dove la gente viene imprigionata con le proprie convinzioni".
E c'è molta di questa gente in Polonia specialmente da quella notte di dicembre del 1981! Padre Jerzj ha pensato che probabilmente in quel momento essi avevano maggiormente bisogno di Lui, in quei tempi difficili mentre pregava per loro nelle celle delle carceri nelle aule di udienza in cui si recava per ascoltare i loro processi.

Mi trovo in ginocchio davanti a Dio, chiunque altro svanisce ai miei occhi.
Continuò a lottare e lavorare sempre in contrasto con il tempo. Carcere, intimidazioni e vessazioni della polizia, attentati alla sua persona non lo fermarono mai. Dava se stesso e tutto ciò che aveva "è meglio non dare a nove persone che hanno poco bisogno, piuttosto che rifiutare a uno che abbia veramente necessità di aiuto". Dal gennaio 1982 fu fedele alla "messa della patria" alle sette di sera ogni ultima domenica del mese. Parlava in modo coraggioso e diretto alla nazione terrorizzata dalla forza militare, di famiglie distrutte dalla legge marziale, di uomini imprigionati e messi sotto processo, colpevoli soltanto della loro determinazione di rimanere fedeli agli ideali di Solidarnosc. Raccontava dei tentativi di mandare delle creature sane nelle istituzioni psichiatriche, delle percosse e dei maltrattamenti cui sono stati sottoposti i numerosi prigionieri detenuti nei campi di concentramento disseminati in tutta la Polonia e dei numerosi crimini di Caino.
"L'uomo è grande perché porta in se la dignità di figlio di Dio. Croce è mancanza di verità... croce è mancanza di libertà. La dove non c'è libertà là non c'è amore non c'è amicizia né tra i membri della famiglia né tra i compagni della comunità nazionale né tra le nazioni. Per forza non si possono amare gli altri né si può essere loro amici. L'uomo di oggi è più sensibile all'azione dell'amore che all'azione della forza. L'audacia non consiste nel portare delle armi, perché l'audacia non dipende dal ferro delle armi".
Un cristiano è un uomo che sceglie tra la condizione di schiavo e quella di uomo coraggioso e giusto.
La vigliaccheria delle armi, l'ipocrisia dell'oppressione e dell'odio dovevano assolutamente sopprimere questa voce della verità dell'amore della libertà. La violenza è la forza di chi non possiede la verità. Con la violenza è possibile piegare l'uomo, ma non renderlo schiavo. questo piccolo grande uomo che si era obbligato non solo all'amore ma al coraggio, questo piccolo grande uomo che non ha avuto paura e non ha voluto tradire Cristo per qualche denaro di sterile quiete e aveva edificato con la sua vita la solidarietà dei cuori andò incontro al suo martirio "è meglio incontrare la morte per una causa che valga la pena di difendere piuttosto che stare comodamente seduti e rilassati mentre l'ingiustizia sta dando spettacolo di se". (Ammonimento per noi preti di oggi, che tutto siamo, teologi, liturgisti, uomini della missione, diplomatici, banchieri di Dio, direttori d'anime ma... di Gesù Cristo neanche l'ombra!)

I sicari mandati da Caino
Vennero in tre nella notte con bastoni, corde e sacchi di pietre per bastonarti, strangolarti e affondarti nelle acque di una diga... erano felici i fanatici di compiere il massacro, speravano nella "solita" ricompensa dell'elogio e della promozione... ho sotto gli occhi una fotografia del settimanale Gente: venerdì 19 ottobre 1984 "nella cappella dell' istituto di medicina dove è stata composta al termine degli esami necroscopici, ecco la salma di padre Jerzj sequestrato e assassinato da un commando del regime di Varsavia. Ciò che si sospetta viene adesso confermato da questo documento terribile: il trentottenne sacerdote, chiamato il parroco di Solidarnos è stato torturato con ferocia prima che i suoi rapitori aguzzini lo uccidessero e ne buttassero il corpo nell'acqua di un bacino artificiale lungo il fiume Vistola. Il volto appare trasformato in una maschera, con le ossa rotte in più punti. Anche le mani gli sono state spezzate durante le ore di sevizie che hanno preceduto lo strangolamento, come ha accertato l'autopsia. I tre assassini, funzionari-militari dei servizi di sicurezza hanno dunque voluto colpire nel modo più bestiale il religioso che era diventato nel paese un simbolo della vicinanza della chiesa agli operai del sindacato libero Solidarnosc. Le stesse autorità governative hanno dovuto ammettere che padre Popieluszko era da tempo nel mirino delle "squadracce della morte" del ministero degli interni.

Irriducibile nell'essenziale
Sono solo nel cimitero delle rose di fronte all'Adriatico; rivedo la tua croce carissimo fratello far siepe con altre croci di povera gente morta per la libertà e la dignità dell'uomo... sembrano difendersi dall'omaggio di corone di fiori e minuti di silenzio eseguito da mano di generale dalle lenti oscure venuto in questa estate a Roma per ossequiare ed essere ossequiato... una mano gelida come le acque della diga sulla Vistola. Padre ]erzj avevi detto un giorno citando un tuo poeta "la nostra vita è una postazione: se noi l'abbandoniamo, l'umanità la perderà per sempre", tu la postazione, benedetto, l'hai mantenuta... Irriducibile nell'essenziale Amore di Libertà.


(per notizie J. Popieluszko "Il cammino della mia croce"
G. Sikarska "Vita e morte di J. Popieluszko" Ed Queridiana)



Rolando


in Lotta come Amore: LcA maggio 1987, Maggio 1987

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