Due lettere di Fratel Arturo

Cari Amici italiani
da molto non vi scrivo; la colpa è mia solo in parte, perché vorrei che i responsabili della rivista Lotta come Amore, mi avvisassero per tempo: so che don Sirio è stato ammalato per lungo tempo spero che ora stia meglio, lo tengo presente; lui sa che lo amo molto e lo raccomando al Signore e so che Lui lo ama certamente molto più e molto meglio di me. Non mancherebbero argomenti per scrivervi; sapete che quando scrivo sulla Rocca o su Nigrizia, mi sento in dialogo con voi quindi non è solo questa lettera il mezzo di comunicazione. È inutile che vi ripeta di avere poco tempo, perché il tempo è universale, e voi lo conoscete come me, e in fondo si tratta di saperlo usare e di distinguere quello che è più utile e quello che lo è meno: il tempo si piega alle nostre necessità.
Gli avvenimenti personali di questo tempo sono molti; le visite degli amici italiani che mi hanno portata tanta gioia anche perché ho sentito che i membri della mia comunità si sentivano bene con loro. Non possiamo nascondere che non tutte le visite sono felici perché una comunità specialmente una comunità in formazione come la nostra, ha bisogno di vivere in continuità con un certo ritmo. Guardando criticamente uno ad uno i membri della mia comunità non posso dire che abbiano delle esigenze di comodità, ma hanno certamente delle esigenze di incontrarsi, di pregare insieme, di critica e seriamente a fondo di certe scelte e certi comportamenti. Devo dire che le visite di quest'anno non hanno turbato questo ritmo e la loro presenza ci ha certamente aiutato. Forse la comunità è più matura e più capace di salvare il proprio spazio. Direi che stiamo passando un momento buono; tutti convenite che una comunità non è una cosa facile quando non vogliamo che sia un pensionato o un asilo di anziani; una comunità mista che mette a confronto le due parti dell'umano che spesso nella società in cui viviamo, sono incapaci di complementarità, è necessariamente dialettica, e non sempre -lo confesso - ho accettato con quell'abbandono che il Signore mi esigeva, le difficoltà che sorgevano; Oggi lo ringrazio perché comincio a vedere delinearsi la possibilità di contribuire al progetto-regno di Dio.
Il secondo avvenimento è stato quello del mio compleanno (30 nov). Lo sottolineo perché è un avvenimento che in questo momento mi causa una certa sofferenza. La notte del 29 stavo tranquillamente conversando con i miei fratelli, quando ho aperto la porta di casa e fuori stava attendendo una piccola folla (erano una settantina di persone) che rappresentavano le famiglie del barrio che erano venute in processione alla nostra casa portando delle torte enormi per festeggiare il mio compleanno. Nella mia lunga vita non ero mai stato festeggiato in modo così corale e organizzato: abbiamo scoperto poi che il mio compleanno era stato il contenuto di riunioni fra loro, di programmi decisi democraticamente. E mi ha commosso che operai che arrivano a casa stanchi e con molti problemi, abbiano trovato spazi per occuparsi del mio compleanno.
Nello stesso mese di novembre ero tornato in Argentina e avevo messo al centro del mio programma argentino, rinnovare la mia residenza visto che non sono riuscito ad avere un visto permanente in Brasile. Di fatto in Argentina è stato facilissimo e molto rapido il rinnovo della mia residenza e insieme mi sono arrivate molte offerte di partecipare a iniziative che mi attirano molto per il loro contenuto e la serietà dei promotori. Questo ci ha portato a progettare la possibilità di trasferirci a un luogo di frontiera che mi permettesse di tenere un piede in Brasile e uno in Argentina, Paraguay; Uruguay. Da lontano la vedrete come una pazzia; di fatto stiamo pregando e supplicando lo Spirito Santo di farci vedere se veramente Lui lo vuole e se lo vuole che ci venga in aiuto. Non si tratta solamente del trambusto che comporta un trasferimento di parecchie centinaia di chilometri ma anche della spesa e di molte altre conseguenze.
Ecco perché l'avvenimento del mio compleanno mi lascia una certa amarezza, perché non so se la gente sospetta qualcosa, o è semplicemente un frutto del tempo; il fatto è che ultimamente la gente si è attaccata a noi tenacemente e dimostra in tutti i modi che ci ama; sinceramente quando penso di dover dire che me ne vado sento stringermi il cuore. L'amore è sempre un gran pasticcio: si soffre quando non ci si sente amati troppo, chi ci capisce è bravo. Forse in cielo godremo l'amore senza problemi; ma esiste l'amore senza problemi? Se Dio è dovuto scendere in terra e assumere la problematica della nostra esistenza per vivere pienamente l'amore, questo forse vuol dire che la sofferenza è intrinseca all'amore; capite che se mi tormento con questa problematica è perché realmente sto soffrendo, anche se sono disposto, se Dio ce lo chiede, a rinnovare la mia sofferenza ormai periodica che è la separazione. Penso costantemente al Nicaragua alle sofferenze di questi popoli sudamericani in cui Dio - sono sicurissimo che in questo caso non nomino il suo nome invano - mi ha portato a vivere. Sono sicuro come dissero i Vescovi a Puebla, che il Signore passa in questo momento storico per l'America latina; la mia preghiera è fatta di questa condivisione. Sono sicuro che qui, da questo martirio nascerà una maniera più umana e più evangelica di vivere la nostra fede cristiana.
Non so se arriverò con la mia lettera prima delle feste: mi ripugna mandare bigliettini stereotipati di auguri, a parte che ora non potrei sobbarcarmi le spese postali, poi perché? Voi sapete che vi porto nel mio cuore e vi ripenso uno ad uno frequentemente e questo importa;
Vi abbraccio e ricordatevi di me
Arturo

•••
Carissimi amici italiani;
Vi scrivo nell'ultimo giorno di carnevale che mi concede una festa di silenzio, di solitudine, di pace. I sei della mia comunità attuale sono partiti per la "romena della terra" che quest'anno è convocata a circa quattrocento chilometri da qui, in una località che si chiama "Cruz alta". La comunità mi ha consigliato di rimanere per un impegno pastorale che non mi prende molto tempo, e mi permette uno dei tanti viaggi che faccio "in spirito" per essere fra voi.
La "romena della terra" è una convocazione della Chiesa brasiliana per celebrare la terra come fonte di vita, la solidarietà con i contadini che hanno urgente necessità della terra, ed esplicitare una esigenza fondamentale di giustizia, perché la terra sia distribuita a quelle famiglie la cui vita è direttamente legata alla terra. Noi stiamo facendo i nostri bagagli, e una comunità di quattro si stabilirà in un quartiere popolare (villa) di una diocesi vicina, Santa Cruz, e l'altra, pure di quattro, a Foz do Iguaçù, alla frontiera di Argentina e Paraguay: il Brasile comunica per il ponte della fratellanza con Paraguay e dell'amicizia con l'Argentina; il perché di queste diverse denominazioni fa parte degli imperscrutabili segreti politici. Ho scelto la comunità di Foz per comunicarmi più facilmente con l'Argentina, dove stanno sorgendo fraternità che scelgono il nostro stile di vita. Il luogo mi permette di seguire la dolorosa e difficile gestazione politica dei tre paesi.
Il problema economico si fa più drammatico di giorno in giorno: si toglie il pane ai figli per darlo... a chi? I poveri devono pagare debiti che non hanno contratto e non hanno goduto e non godranno mai. Si criticano molto le spese voluttuarie del carnevale, ma anche qua in Brasile dove il carnevale è una istituzione la cui esistenza è necessaria come e più di quella di Dio è certo che il popolo brasiliano ha bisogno di cantare, di danzare, di esprimere la gioia che sono il terzo globulo del suo sangue, ed è forse quello che più direttamente ha infuso la razza negra nella cultura e nella etnia latino-americana, e particolarmente in Brasile. È anche certo che la festa è essenziale per tutti gli uomini a qualunque cultura appartengano; ma la organizzazione del carnevale mette in evidenza che è la festa che va incontro all'uomo, più che l'uomo che va incontro alla festa. Il carnevale è una riproduzione di quello che avviene nella società tecnologica che ha trasformato l'uomo da creatore di forme, in un uomo che serve alla moltiplicazione di forme che obbediscono alle richieste di mercato. È la forma che rende l'uomo schiavo, sia che si tratti di un automobile, di un aereo, di un areoporto, o di un missile. Analogamente la festa va incontro all'uomo con i suoi progetti, le sue forme previste e accettate. per esigenze commerciali. Nella produzione l'uomo entra nel processo di alienazione, con sofferenza e lascia nel prodotto il suo gemito e la sua protesta; nella festa entra nel processo di alienazione con scoppi di risa e movimenti ludici, ma il risultato è simile. È molto probabile che fra i critici del carnevale si trovino persone che non mettono nella colonna di "spese voluttuarie" la spese immensamente superiori, che si investono per la fabbricazione delle armi.
La società ha bisogno di esseri svuotati delle vere qualità umane che fanno la sua essenza, quella di amare, di creare, di crescere infondendo forma alla natura. Non riesco ad esprimermi in forme più semplici; ma vorrei comunicare la sofferenza di vivere con una generazione convocata a essere libera e felice, e ha tutte le risorse per esserlo, e non ne è capace. Confidavo ad una suora italiana questa fatica di vivere oggi, e lei mi diceva che proprio per questo raggiungiamo la radice della passione di Cristo che da la sua vita per fare l'uomo libero e felice; e la croce sarà sempre il simbolo di una vittoria che passa per una sconfitta. Credo che il cristiano è sempre un uomo felice che vive in un mondo infelice, e non vi vive come estraneo, ma come uno che è immerso nel mondo e assume la infelicità del mondo. È il mistero della nostra vita. L'importante è che Dio alimenti la nostra fede e che ogni giorno ci dia il coraggio di scendere dal letto, salutare il sole che nasce, prendere il nostro bastone di pellegrino e andare dietro a lui che cammina con la umanità fino ai limiti del tempo. Che la pasqua, amici miei, ci trovi nella colonna dell'Esodo, nel posto scelto da Dio, camminando con ottimismo e speranza dietro al Cristo pasquale che come ci ricorda la chiesa, porta sul suo corpo le piaghe diventate gloriose perché segno di amore. Mi riempie di gioia profonda il sabato santo ricordare le "vulnera gloriosa" le piaghe gloriose del Cristo. Fra non molto ci incontreremo e il molto nel tempo è davvero poco, avanzando nella vita, è sempre più poco;
Vi abbraccio con affetto di fratello
Arturo

Nuovo indirizzo: Cx.P. 793 Bairro Maracanà 85890 Foz do Iguaçu PR. Brasil


Arturo


in Lotta come Amore: LcA maggio 1987, Maggio 1987

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -