Viaggio in Etiopia

Assella 21 giugno 24 luglio 1987
Una goccia di rugiada
"Quello che puoi fare è solo una goccia nell'oceano ma è ciò che dà significato alla tua vita" (Schweitzer)
Le prime ombre del tramonto stanno calzando la terra che immensa si allarga dinnanzi alla nostra ansia di essere a casa prima della notte, il ruggito della Jeep fa eco all'impazienza di Josef, l'autista abilissimo che attraverso i boschi, valli, torrenti e campi seminati ci ha portati a visitare i comuni amici di Gambo dopo quattro ore di viaggio da Assella, la città della nostra permanenza in Etiopia per più di un mese.
La strada in terra battuta è costellata da bovini pacifici e solenni, dalle pecore svagate e incerte con i loro piccoli che come fuochi d'artificio saltano da un ciglio all' altro, gli asinelli dal passo lento e cadenzato con il basto e sguardo rassegnato rammentavano la lunga pazienza di un popolo, ombre bianche nella notte, in cammino sempre per la sopravvivenza, carico del faticoso peso della vita. Delle gazzelle si sono affacciate da un verde campo da pascolo, la loro curiosità è spezzata dal rumore ansimante del motore ed impennatesi velocemente riprendono il cammino nella brughiera. Questa domenica un po' "strapazzata" ha interrotto nella gioia dell'incontro con gli amici il nostro semplice lavoro di fabbri nella rumorosa e semplice tribù "piccoli principi etiopi". A Gambo - siamo nella regione degli Arussi - vi è un Ospedale Missionario con 3 medici volontari italiani ben tenuto ed efficiente, un villaggio per i lebbrosi con 3 suore a loro dedicate con competenza ed amore, ed un medico sacerdote francese specializzato in leprologia, P. Michel.
P. Monti e p. Renato ci hanno accolti con simpatia ed affetto donandoci un po' del loro tempo reso più prezioso dall' impegno domenicale. Alle dieci la s. Messa in inglese ed oromo: nella chiesa tipo occidentale a crociera greca, linda e ben tenuta, raccolti intorno ad un Crocefisso ed una Madonna col Bambino circondati dai fiori, bambini donne uomini giovani e ragazze nei loro vestiti dai colori intensi e vivaci ricordano un grande prato pieno di margherite. Al momento della Comunione il canto, l'attenzione semplice e meravigliata, di quegli occhi intensi pieni di dolcezza e di pazienza, le donne con il bimbo fasciato sulle spalle quei piedi scalzi sul pavimento rammentavano il brano di Isaia: "Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna; perché egli ha abbattuto coloro che agitavano in alto; la città eccelsa l'ha rovesciata fino a terra, l'ha rasa al suolo. I piedi la calpestano, i piedi degli oppressi, i passi dei poveri."

Cassim e Zelalem
Le giornate ad Assella sono ritmare dal lavoro, la nostra fatica è insegnare... una fatica grande per me che non conosco l'amarico né l'inglese. I ragazzi della carpenteria in ferro hanno avuto un'ottima e paziente istruzione nei 5 mesi donati da Luigi (1986): nella provvisoria ed accogliente officina in lamierino e legno. A distanza di 4 anni ritrovarmi di nuovo in questo piccolo villaggio dell'amicizia mi ha disorientato e commosso: nel 1983 vi rimasi per due giorni e i ragazzi erano 70, ora sono 180 ed un mese la mia permanenza. La prima settimana ho "navicato" con difficoltà: l'ignoranza della lingua, l'insonnia per l'altitudine (siamo a 2500 mt. di altitudine) la nostalgia della propria terra rendono profonda la solitudine. Mi avvicino un pochettino a tutti gli "emigrati" del mondo! In questa piccola città si sente ancora di più la nostalgia dell' amore.
Stiamo collaborando alla riparazione e costruzione degli infissi per la casa dei ragazzi.
Ho ritrovato l' antica officina di mio nonno Pietro e dei miei zii Rico e Salvatore. La ventola a mano della forgia con la chiocciola, il pavimento di terra battuta, il racimolare da ogni parte come merce preziosa gli scorci del ferro, l'economia sul carbone, i lavori di riparazione per le attività manuali: arrotatura di coltelli, la tempera e la costruzione degli scalpelli dei muratori, la riparazione degli strumenti da lavoro, la corona dei piccoli che guardano ammirati il lavoro dei loro compagni più grandi, un lavoro senza contare i tempi: unica marcatura del tempo: inizio alle ore otto e trenta - termine ore 12/ripresa 14,30 termine ore 17. Cassim, un ragazzino di 6 anni sveglio e sempre in guardia, trovato da P. Michel ai bordi di un bosco, si alterna con Zelalem alla manovella della forgia: con quel cappellino, scalzo preoccupato per le falene infuocate del carbone mi riporta a quei tempi della mia infanzia quando con il mio aiuto rendevo meno faticoso il lavoro del mio nonno.
Ora vicino alla pensione mi fa gioia di poter restituire in piccolissima parte ai poveri un povero mestiere imparato da povera gente.

Accoglienza e Amore
Al centro della "città dei piccoli principi" vi è una cappellina, il suo atrio è di legno, sposato con il verde di una palma e lo spreco di rosso e viola del bouganville; alla sera tutto si ravviva in movimento di ombra per la luna e la flebile luce di una lanterna in ferro dà un senso di attesa.
Mi attira il silenzio che la circonda e la pace che ti accoglie. Una luce nasce dal tabernacolo in legno e ferro: la firma è inconfondibile, Luigi, e i ragazzi della fucina! È un riassunto del mistero della salvezza e liberazione di ogni uomo, e ogni donna. Sull' altare una copia del Crocifisso di S. Damiano, sulla destra una icona: la Madonna con il Bambino che guarda intensamente la madre dal volto triste.
Ritornavo ai tempi - in quelli spazi di preghiera - della mia adolescenza: ecco l'aula della terza elementare, una statua della Madonna con il vaso dei fiori, da una parte collegata alla carta geografica dell'Italia la carta dell'Etiopia (allora veniva chiamata Abissinia) con le diverse bandierine che segnalavano l'avanzata delle truppe italiane nella guerra contro queste povere popolazioni. Aveva scelto, il fanciullo divenuto vecchio, di ritornare in questa terra per chiedere perdono dell'immenso dolore, della sofferenza degli assassinii compiuti dal mio popolo contro questi fratelli e sorelle inermi e indifesi.
Vi è una responsabilità nel male a cui non possiamo sfuggire, fa peso nel cuore come marchio a fuoco. L'essere cristiano e sacerdote ha reso ancor più duro e pesante il fardello di questa corresponsabilità e convivenza allo spirito di Caino avvallata da una pseudo giustificazione religiosa cristiana e consacrata con benedizioni alle partenze dei soldati e con Te Deum di ringraziamento al ritorno delle truppe vincitrici. Personalmente ho sentito questa esigenza di riparazione dal 1983 quando andai a far visita ai missionari e nell'impegno costante - anche se minimo - con gli Amici del Terzo Mondo in questi anni per la città dei ragazzi di Assella.
Puntuali alle 19 prima della cena arrivano alla spicciolata i ragazzi per la preghiera della sera: piccoli e grandi si inchinano riverenti, silenziosi prendono i loro libretti dei canti, i piccoli si accoccolano intorno all' altare e alla Icona della Madonna; eccoli i piccoli principi, alcuni dal passo svelto vestiti alla buona, chi scalzo chi con le scarpette "scalcagnate'', altri si affaticano sulle grucce, il cieco è condotto dall'amorevole compagno di turno, il sarto sempre impeccabile nel vestire si lascia condurre sulla sua carrozzella... il loro canto è intercalato da frequenti colpi di tosse, il vecchio Abba Eduard con la sua fisarmonica incita queste creature di Dio a riconoscerlo nella gioia e nell' amore come Padre Amoroso... mi sembra che il volto dell'Icona si distenda nella sua tristezza!
Alla mensa dividiamo la parca cena, il vassoio colorato dell'ingera fumante riunisce in gruppi di 5 i 180 ragazzi ricchi di appetito, desiderosi di amicizia e di gioia di vivere.
Ai più piccoli come in tutte le famiglie è concesso il bis.

Abba!
Può sembrare strano ma questa parola (Padre = Abba) rivoltami tantissime volte dai ragazzi mi ha commosso dal profondo del cuore. Buongiorno, buonanotte Abba; passavi con il secchia dell'acqua, te lo toglievano di mano, Abba - pensiamo noi -. Alla sera uscendo dal refettorio e dalla sala dei giochi o TV, ti accompagnavano per paura che tu cadessi. Hanno cercato di accerchiarmi con la sovrabbondanza del loro affetto e tenerezza. Continua ancora l'eco nel cuore di questa parola che colma di gioia un uomo di 62 anni! Zelalem non parlava, ma il suo sorriso tutte le mattine si univa alla gioia del sole nascente: era il suo buongiorno alla finestra della mia cameretta. Abì, nella sua tuta splendente di blu indossata per il footing dopo la sua giornata di spaccalegna, esprimeva nella semplicità della sua mente il suo inno alla vita. Noà, il solo che conosceva abbastanza l'italiano, traduceva ai ragazzi attenti i nostri costumi italiani, la vita della nostra gente e la descrizione di Viareggio, il suo mare, il Carnevale, la vita dei nostri ragazzi all'Arca, illustrati dalle fotografie... attentissimi si facevano quando raccontavo loro la meravigliosa storia di un Etiope - Bikila - nella maratona alle Olimpiadi di Roma, primo e scalzo al traguardo!
Questa piccola città dei ragazzi (1/3 sono Handicappati fisici) è indicazione della realtà dolorosa dell'Etiopia e della volontà di un popolo di intraprendere un cammino più umano. "L'uomo fu creato a immagine di Dio. Mi rifiuto di immaginare un dio ignorante, superstizioso, pavido, oppresso, infelice. Nel momento noi siamo creature non di Dio ma degli uomini" (NYERERE).
Statistiche recenti evidenziano il fatto che in Etiopia d siano un milione e mezzo di handicappati inferiori a 14 anni; mezzo milione di bambini ciechi, 150 mila lebbrosi, una mortalità infantile sotto i 4 anni del 143 per mille, un dottore ogni 80 mila abitanti. Di fatto solo una parte minima di questa massa di sofferenti viene raggiunta dalle opere assistenziali sia governative che volontarie.
"Noi cristiani vogliamo una liberazione integrale, ma non possiamo escludere la validità di una liberazione parziale e sappiamo che una vera liberazione spirituale non si ottiene senza rompere le catene della schiavitù e della miseria".

Amore per gli ultimi
Ad Assella si cerca di vivere con semplicità quello che diceva un missionario della Consolata P. Giovanni Bonzanino, morto improvvisamente a Shashamane in Etiopia il 30 gennaio 1983, dopo 30 anni di vita missionaria, di cui 20 in Kenya dove aveva vissuto la rivolta dei Mau Mau.
"Sono un missionario che vive dentro una rivoluzione. e mi sono convinto che l'esperienza missionaria, in questo contesto, richiede una forma nuova.
La rivoluzione è una fase storica dello sviluppo, forse la più sanguinosa della storia della nazione, e certamente difficile per la missione.
Talora però è necessario passare dentro questo ciclo terribile, perche l'uomo possa superare una fase disumanizzante e riuscire ad essere uomo. L'amore di Dio include la rivoluzione, anche se queste sono tragedie ordite dalle oppressioni. Se però una rivoluzione, soprattutto africana, allontanasse l'uomo da Dio, non farebbe giustizia all'africano, che Dio lo possiede e lo merita per quello che ha sofferto.
Per questo la missione deve cercare di permeare la rivoluzione. Perché questa realtà per quanto dura appaia, non rimanga senza Dio. Nell'edificazione di un vero sistema di sviluppo umano e di pratica di giustizia, Dio è la pietra angolare e un missionario non potrà morire in pace se, durante la sua missione nella rivoluzione, non sarà riuscito a cementare sia pure modestamente questa pietra".

Il più importante è invisibile
Hanno fatto festa per noi: si sono abbandonati all'allegria, hanno modulato in coro ed in assoli la voce in canti e in balli della loro immensa e svariata (40 idiomi) terra al ritmo dei tamburi rafforzati dal battito sincronizzato delle mani, ci hanno offerto dei fiori e dei doni del loro artigianato. Per me, il nonno, il corno lavorato per aiutarmi ad infilare le scarpe (senza chinarmi troppo!) un intarsiato scacciamosche riservato ai pensionati, un portafogli in pelle per racimolarci la magra pensione, a Luigi una borsetta come impegno a tornare fra loro.
Li guardavo raggianti di gioia di vivere e colmi d'affetto, un bellissimo mese di amicizia e di condivisione: ho letto come un piccolo bambino alcune parole di saluto che generosamente e affettuosamente Noà e P. Alvaro mi avevano insegnato a sillabare nel difficile amarico:
"Carissimi amici, Abba Silvio - Eduard - Alvaro - Domenico, vi ringrazio per questo mese si amicizia. vi porterò con Abba Luigi sempre nel cuore. Grazie".
Da quei volti ridenti si stagliavano Yob, Getachaw, Haulu, Akliln, Libay, Teddy, Taddesie, Daniel, Grum, Yottanny, Derese, Ameka, Pippo, Breket, Gezattagu, Girma, Alemayehn, i compagni forgiatori a cui ho lasciato - nel fuoco - un piccolo seme di un antico mestiere segno temprato della mia amicizia e da una richiesta di perdono.
Cassim desidera la mia papalina.. "Abba, cufìa": sono rimasto titubante per non fare preferenze, ma poi gliel'ho data per la sua gioia e per la mia!
In volo da Addis Abeba, Gedda, Roma pensavo ai 180 Piccoli Principi neri: non capivo la loro lingua così loro non comprendevano la mia, ma parlava il cuore.
Dov' è essenziale? non nelle cose ma nel cuore degli uomini e delle donne, in quel mondo invisibile che li unisce agli altri ed al mondo esterno: l'Amore
"Non si vede bene con gli occhi del cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi."
"Poiché il Piccolo Principe si addormentava lo presi tra le braccia e mi rimisi in via. Ero commosso. Mi sembrava di portare un tesoro fragile. Mi pareva anzi che non vi fosse nulla di più fragile sulla terra. lo guardavo alla luce della luna questa fronte pallida, questi occhi chiusi, queste ciocche di capelli che tremolavano al vento, e mi dicevo: ciò che io vedo non è che la scorza. Il più importante è invisibile." (Piccolo Principe)


Rolando


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1987, Ottobre 1987

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