Questa è una specie di "storia interiore" - quasi una parabola - che vorrei cercare di raccontare a me stesso e agli amici che leggono queste nostre umili pagine, nelle quali però, a forza di inchiostro, scorre un pezzetto della nostra storia. Una storia fatta di cose molto piccole, come rivoli d'acqua che scorre a volte in montagna fra le foglie del bosco: ma da sempre la storia di una vita umana segnata dalla voglia di donarsi in pura amicizia e amore, in offerta serena del poco che si ha, perché vivere sia condivisione di ideali, di sogni, di umanità liberata dalla paure e dalle angosce di fraternità e di pace. Sempre a seguito del misterioso "inizio" che ha segnato la propria vita fino a spingerla su strade che allora - sono passati per me quasi trent'anni - sembravano come piste appena tracciate nel deserto. Poi il filo misterioso a preso a dipanarsi lungo lo scorrere del tempo ed ora mi ritrovo a descrivere questa briciola di storia che è la mia vita / nostra vita: questa "parabola" di cui parlavo all' inizio, sperando che la parabola non abbia un senso matematico ma un buon sapere evangelico.
Quando lavoravo in cantiere navale, come semplice manovale di seconda categoria, avevo la precisa sensazione - timbrando di corsa il cartellino ed entrando deciso con i miei compagni per la fatica quotidiana - di vivere come in monastero, in convento. Mi ha sempre accompagnato questo sentimento interiore di vivere il mio sacerdozio in uno "spazio sacro" che le mura assai alte del cantiere delimitavano anche materialmente. Anche se da un lato lo spazio si apriva verso il mare, esso era sempre ben circoscritto dalla diga del molo che riduceva il senso d'apertura verso l'infinito. La giornata era scandita in modo preciso, segnata nei minimi particolari, con le sue regole da osservare con attenzione, obbedendo agli ordini dei "superiori" e - in ultimo - al grido lacerante della sirena (una campana laica) che decideva l'inizio e la fine dell'impresa giornaliera. Il ritorno alla chiesetta della Darsena, con i piccoli spazi di preghiera, mi riconduceva all'interno del misterioso "silenzio di Dio" entro il quale sempre più mi pare si svolga non solo la mia vita, ma quella di tutti.
Poi la cronaca della mia esistenza è mutata; ma ripensandoci ora assai spesso, mi pare di capire con sempre maggiore chiarezza di avere avuto un "regalo" molto bello, che mi riempie il cuore di gratitudine e di pace. Perché in fondo è ciò che mi sembra di aver sempre sognato e desiderato fin dall'inizio: come un "monaco", un testimone dell' Amore di Dio per il mondo, per tutti e per ogni creatura, per il cielo e per la terra, per un filo d'erba come per la più splendida delle montagne, ma soprattutto per i piccoli ed i poveri. Vivere tutto questo dentro un monastero grande come la vita, che avesse per tetto il cielo e per muro di cinta l'arco di una giornata. Come unica, regola l'amore appassionato per tutti, camminando sulla pista tracciata dal Signore Gesù, nella fatica e nella speranza, nel dubbio della fede, nella lotta e nel riposo, nella fiducia di poter costruire un mondo diverso e nell'impotenza di fronte alla durezza della realtà. E la "campana" che regolava tutto doveva essere costruita col bronzo dei mille suoni che giungono incessantemente da ogni angolo del mondo, da ogni storia, da ogni vita, dai silenzi e dalle grida della moltitudine dei fratelli e sorelle, compagni di viaggio e di destino.
Mi rendo conto con molta chiarezza di essere uno strano monaco e di vivere in un monastero difficilmente inquadrabile nelle regole ecclesiastiche: cerco di non pormi neppure il problema di un "giudizio", lasciando tutto nelle mani di Colui che credo mi abbia spinto a forza sul sentiero che portava dentro alla mura di un simile "convento". Sono consapevole della responsabilità che tutto questo indubbiamente comporta; ma prevale il senso di profonda gratitudine per il dono ricevuto. Con tutto il carico di "pesantezza", di debolezza e fragilità (veramente portiamo un tesoro prezioso in vasi d'argilla!) sono felice di questa strana e misteriosa consacrazione monastica che sento tuttora viva e presente nella mia piccola storia. E con grande gioia mi pare di poter ridire ancora una volta il mio "si" al mio Abate
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA ottobre 1987, Ottobre 1987
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455