Cari Amici d'Italia;
questa volta vi scrivo dall'Italia dove sto trascorrendo due mesi: quando riceverete questa, già sarò sul punto di salpare verso l'America (due novembre). Non è un tempo di vacanza questo ma ho scoperto da qualche anno che bisogna assimilare un metodo di vita che non abbia più bisogno di vacanza. So che quello che vi dico apparirà un'utopia, ma sono convinto che la relazione con lo Spirito del Signore, l'obbedienza docile alle sue esigenze che siamo in grado di scoprire, se vi prestiamo attenzione, ci introduce in una pace costante, in una unità interiore che ci rende capaci di essere molto attivi senza un eccessiva usura delle nostre energie spirituali o psichiche che alla lunga si svuotano provocando la morte molto prima della morte biologica. Difficilmente si riparano con le vacanze le devastazioni interiori prodotte dalle esperienze quotidiane spesso stressanti, se rinunziamo ad una difesa interiore tanto più necessaria quanto più impetuosa è l'aggressione.
Sento il bisogno e l'urgenza di comunicarvi questo, perché, rientrando in patria, ho avvertito subito che la contaminazione dell'ambiente con cui paghiamo la nostra vantata prosperità economica, è profondamente nell'essere intimo, nell'anima - se sopportate ancora questa parola - di molte persone che esprimono una cultura vecchia, stanca, senza speranza, magari in forme apparentemente vivaci. Quelli che ancora si professano religiosi e praticanti, vivono la loro religiosità come una delle tante attività rutinarie che bisogna affrontare nella vita quotidiana, o come un prodotto venduto in un supermarket. Ho sentito che l'Italia e per l'estensione l'occidente cristiano, si trova di fronte ad una scadenza: o la nostra fede matura in una relazione vera con lo Spirito di Dio, o siamo travolti nel rito ormai incontrollabile della produzione, che distrugge in poco tempo le nostre capacità creative e le nostre risorse interiori riducendoci a dei robots. Che questa relazione sia autenticamente vissuta deve apparire nella capacità critica di distinguere quello che è vero e autentico, da quello che ci tradisce sotto le vesti del necessario, e nell'energia di respingere quello che non è essenziale e che guasta profondamente la nostra anima. Agnes Heller ha parlato anni fa di una vera rivoluzione basata sulla scoperta dei bisogni essenziali, e la sua indicazione è certamente molto fine, e sostanzialmente evangelica, solo che ci lascia di fronte a questa domanda: "è possibile distinguere i bisogni essenziali?" Affermo che è possibile, alla condizione di vivere misticamente la nostra fede. II momento attuale ci lancia una sfida: o siamo dei mistici autentici o perdiamo la nostra vera ragione di esistere, e rifiutiamo il nostro impegno cristiano di contribuire attivamente alla nascita di una società della pace. I costruttori di pace di cui si parla nel famoso discorso della montagna, sono prima di tutto dei pacifici cioè degli esseri in pace, coerenti ad un metodo che impedisce alla guerra e alla agitazione di occupare lo spazio interiore, invadendo quell'intimità riservata alla relazione con l'Infinito che è Verità e Amore e Gioia profonda, i beni a cui i seguaci di Cristo hanno diritto. Un membro della mia comunità sudamericano che mi accompagna nel mio viaggio in Italia, visitando una certosa e scoprendo ad ogni passo i segni di un'arte e di una cultura ispirate dalla Bibbia, mi chiedeva continuamente a che serve tutto questo, e osservava con molta finezza che i viaggi dall'India e nell'oriente e il sospiro nostalgico verso una spiritualità più interiore e più vera contengono la denunzia di un rifiuto del contenuto mistico del messaggio di Gesù. Il mio amico, orientato a scoprire nella cultura spirituale latino americana la sopravvivenza di una cultura intrinsecamente mistica e comunitaria, mi chiede continuamente ragione di una fede vissuta in Europa come illuminismo teologico e razionalista, e come un moralismo formale. È come - mi diceva in una immagine abbastanza espressiva -, se voi, dopo aver sbucciato un'arancia conservate nelle vostre mani la buccia dopo avere gettato il frutto.
Come conseguenza di questo cristianesimo passato da messaggio di fede a civiltà cristiana, in Europa si parla di pace come smantellamento delle strutture di guerra o più modestamente delle riduzioni delle strutture di guerra, piuttosto che di trasformare delle relazioni umane che sono relazioni ostili, in relazioni pacifiche. Siamo incapaci di staccarci dagli oggetti per concentrarci sulla verità della relazione, e quindi restiamo sempre nella cerchia diabolica della produzione. Parliamo di pace e seguitiamo a produrre armi, ed è molto logico perché la nostra prospettiva è sempre la produzione. Il terzo mondo esiste per permettere ad un primo di estendersi e svilupparsi in una certa linea, ormai è una certezza diventata luogo comune. In America Latina assistiamo allo spettacolo quotidiano della rapina, dello spogliamento, e dell'assassinio, operato con tutti i mezzi dalle multinazionali che sono diventate gli strumenti della dominazione e sono protette da un ordine giuridico e politico che sta esclusivamente al loro servizio. Bisogna avvertire i fratelli cristiani che temono la guerra futura, che la guerra non è futura, esiste, è in atto. Se ne accorgerebbero se fossero stati formati ad una fede non diretta essenzialmente alla salvezza della propria anima e alla accumulazione dei meriti per il cielo, ma al progetto di Gesù di costruire il regno del Padre. La resistenza che troviamo in tante parti, non escludendo gli ambienti religiosi, alla rivelazione del Dio biblico il Dio dell'alleanza il Dio che ascolta il clamore del suo popolo, è evidentemente una della tante protezioni al diritto di conquista che l'Europa si attribuisce da secoli puntando sulla sua presunta superiorità. L'aggressione del terzo mondo è nascosta sotto il risultato economico della società capitalistica, e dalle espressioni di fede che non si concentra mai sul vero e unico frutto che attende lo Spirito del Signore dai suoi: una vera autentica fraternità e uguaglianza di tutti gli uomini tutti figli del padre a diritti uguali.
I miei ritorni in Italia mi convincono sempre più che il vero problema del mondo è il problema della pace e che noi, che siamo in grado di misurare la gravità della crisi dell'occidente cristiano, e di partecipare profondamente alle sofferenze di questa guerra non apparente, ma gravissima, abbiamo la responsabilità di aiutare i nostri fratelli a trovare la vera prospettiva della pace. Il punto di partenza della pace sta nella coscienza del conflitto esistente tra fratelli, e delle cause di questo conflitto. Un cristiano deve avere il coraggio di scartare sdegnosamente tutte le giustificazioni religiose, politiche, ideologiche e assumere nella sua nuda verità il compito affidatoci da Cristo; bisogna non divagare e concentrarci sulla nostra vera identità, come cristiani, costruttori di pace. È un compito difficile? Certo; Paolo insiste continuamente nelle sue lettere che è missione dello Spirito Santo soccorrere la nostra impotenza. Per questo vi parlavo prima di interiorità mistica, di una maniera profonda, personale di vivere la fede, per dare una risposta politica ad una società che, minacciata dalla guerra, sospira la pace. Continueremo a "sentirci" come si usa dire in Italia non col telefono, ma con gli scritti, e soprattutto con la comunione in preghiera, che costituisce quel vincolo che la lontananza rende più tenace e dolorosamente vivo. E questa è anche una scoperta sorprendente che rinnovo ad ogni ritorno in Italia. Vi abbraccio affettuosamente
Vs. f. Arturo
Progetto di lavoro a Foz do Iguaçu
Cari amici,
come già sapete, la nostra comunità si è trasferita in Foz do Iguaçu e, partendo da questa nuova realtà abbiamo elaborato questo progetto contando sul vostro appoggio:
Finalità:
- appoggio a 259 famiglie del movimento "Sem Terra", accampate nella fazenda "Padroeira a 75 Km. da Foz, che stanno lottando per la terra;
- appoggio ad una comunità di 70 famiglie di contadini in fase di organizzazione avendo ottenuto un po' di terra per coltivarla;
- appoggio tramite la pastorale indigena ad una comunità di Indios Guaranj.
Obiettivi:
1. sviluppo di un'unità di produzione alternativa usufruendo di 25 ettari di terra della diocesi di Poz.
2. interscambio di esperienza agricola e tecnologica e sperimentazione di colture alternative.
Facendo un po' di calcoli economici sono necessari sui 18.000 dollari, ma quello che appare prioritario sarebbe se la rete potesse garantirci il finanziamento per almeno 2 anni di 3 salari da 250 dollari (750 dollari al mese/oltre 8000 dollari l'anno). Due dei salari andrebbero a due famiglie di contadini che lavorerebbero fisse al progetto e l'altro per alcuni lavoratori stagionali nei tempi di raccolta.
Fino ad oggi è stata realizzata la preparazione della terra, l'inizio di una coltivazione e la recinzione di un pascolo.
La responsabilità è della "Fraternita Jerovia" formata da Arturo Paoli, Carlos Sosa, Sauro Grassi e Lucia Noemi Weiss (c.x. postal 637 - 85890 Foz do Iguaçu - PR - Brasile). Per informazioni e contributi in Italia potete rivolgervi a Antonio Vermigli, via Piave, 22 - 51039 Quarrata (PT) Tel. 0573/72297
Fratello Arturo
fratel Arturo
in Lotta come Amore: LcA ottobre 1987, Ottobre 1987
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455