È un periodo di tempo che sulle pagine dei giornali compaiono con maggiore frequenza cronache di tristi delitti di violenza verso bambini ed adolescenti. Non so se sia possibile confrontare statistiche e trarre deduzioni su questo complesso e complicato nostro modo di vivere; certo è che l'attenzione ai diritti di categorie fino a ieri ritenute solo appendici degli adulti è sicuramente un fatto tipico del nostro tempo.
Mi appassiona la battaglia per i diritti quando essa ancora prima di rivestirsi di fredde, ma necessarie, norme giuridiche, espone la lotta per orizzonti allargati, spazi liberati, sogni di uguaglianza e libertà. Affermare i diritti della gioventù può apparire quantomeno imprudente oggi al momento che noi constatiamo come una "certa" gioventù fa assolutamente quello che vuole. Ed al bambino di pochi mesi è dato di scegliere anche il colore delle scarpine. Tuttavia è generalizzazione che non rende di fronte alle terribili cifre di un'umanità che ogni due secondi sacrifica un bambino sugli altari della religione politica e di quella economica.
E la libertà più sfrenata spesso altro non è che ammissione da parte degli adulti di un fallimento totale dal punto di vista educativo e peggio, di volontà fredda e crudele di sfruttamento del capitale di energie, fantasie, sogni che la gioventù alimenta per la vita e il denaro piega verso la morte.
Ma se l'affermazione dei diritti è fondamentale in quanto certificazione di esistenza, autonomia e pienezza di soggettività, mi sembra sia importante arricchire la lotta rivendicativa di itinerari segnati da rapporti che al rispetto dei diritti fanno riferimento, ma, nello stesso tempo ricamano nel quotidiano un vissuto dove i diritti si intrecciano con i doveri. Parlo di diritti e di doveri non per circoscrivere i comportamenti dentro i confini di una moralità esteriore o legalistica, ma per individuare con un'espressione tradizionale l'incontro tra assunzione di responsabilità e pienezza di soggettività che caratterizza l'essere autenticamente "libero".
Così partire dai "diritti" significa attribuire ad ogni "diverso da me" la stessa pienezza di soggettività che, sia pure con espressioni diverse, ma non di per se contrastanti, permette di intrecciare relazioni liberanti partecipazione, solidarietà, comune progettualità.
In un mondo complesso come quello in cui viviamo, facile alle strumentalizzazioni, alle prese di posizione di comodo, ai trasformismi più spregiudicati, le carte dei diritti che stanno nascendo e che lentamente stanno affermandosi nella coscienza popolare, costituiscono un punto di riferimento comune, una base di verifica che permette il discernimento nella molteplicità delle forme e dei rapporti che si vivono oggi.
Perché l'affermazione dei diritti non risulti solo dichiarazione verbale è necessario anche dotarla di strumenti perché sia possibile concretizzarla, almeno nelle istanze fondamentali. Ormai questo fa parte della consapevolezza di chiunque si muove sul terreno della partecipazione: inutile e avvilente quest'ultima se non è sorretta da reali possibilità di giocare un ruolo a livello istituzionale.
Mi pare questa la fase più difficile eppure decisiva di una lotta per una diversa democrazia, di uno stato di diritto soffocato da politiche economiche maldestre che finiscono per premiare la confusione dell' approfitto di singoli gruppi e quindi il diffondersi di una coscienza che ne fa il principio di ogni diritto.
Nei confronti dell'infanzia e della adolescenza si sprecano le parole ma si è molto "tirati" nell'impiegare energie se non quelle che producono incentivazione dei consumi specifici di massa e quindi in parole povere rendono quattrini. Si lavora sulla gioventù. E magari questo si limitasse allo sfruttamento di una delle tante fasce deboli di questo nostro sistema!
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Mentre scrivo queste cose vedo che sto sorridendo (o forse meglio sogghignando) di me stesso.
Questa mia pretesa di analisi sbrigativa, forse assai demagogica perché appunto sommaria, riguardo ai fenomeni che ci interrogano ogni giorno con gli occhi arroganti della. disperazione, non vuole essere altro che una dimostrazione di pazienza e di fiducia nella razionalità. Nello sforzo continuo di gente che crede ed impegna ogni energia in una rete sottile, ma resistente, di sostegno e solidarietà. nella fiducia, gettata oltre la siepe della cinica resa, di un cambiamento e di una novità. So che ogni diritto sarebbe inutile parola scolpita su vuoti frontali se non ci fosse l'anima di un popolo. Un popolo, nel nostro caso, spesso scompaginato e disperso che parla però il linguaggio di una umanità che aspira ad orizzonti diversi da quelli chiusi del profitto e della giustificazione di sé. Gente che parla linguaggi diversi, spesso così diversi da generare assurde gelosie e lotte intestine, piccole misere imitazioni delle autentiche lotte per il potere. Gente però capace di una qualche protesta a lampeggiare qua e là un cielo altrimenti troppo grigio e uniforme. Una battaglia per i diritti può dare un minimo di linguaggio comune per interessi comuni, per aggregazioni ormai lontane da quelle determinate dalle aree ideologiche...
Mi sembra però che la pazienza, l'attesa, la razionalità ed anche quella parola che ormai si trova in ogni discorso e cioè la laicità siano tutte sfaccettature - quando sono e spesso sono autentica vita vissuta e spesa con ammirevole generosità - di una stessa condizione di povertà. Dignitosa, umana, estremamente vera, la povertà è come una bocca aperta da indicibile fame che non esprime, non urla, non richiede: "è" parola, urlo, domanda, attesa silenziosa eppure così tremendamente espressiva: la povertà è condizione di presenza de "l'altro", Ed anche quindi "condizione" di profezia. Una profezia donata da chi legge nel cuore della storia degli uomini.
Con la nostra razionalità sappiamo se dare retta o meno ad Erode. Questa razionalità-povertà ci fa seguaci della stella, sapienti impegnati di diverse contrade e lingue e di modi di vivere. Vivere con i giovani ci dà di accogliere il bambino nella novità di un rapporto dove sia verità di carne e di sangue e non sentimento, illusione o fantasia che "il più piccolo tra di voi sia come il più grande".
Luigi
in Lotta come Amore: LcA dicembre 1987, Dicembre 1987
Luigi Sonnenfeld
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