(da AA. VV. «La resistenza in Versilia» - testo letto nella veglia)
Ogni volta - e quella sera con uno sgomento nel cuore e un cocente senso di vergogna ogni volta che penso ai morti della Resistenza e ai miei confratelli in modo particolare, mi viene su dall'anima con tanta angoscia di domandarmi: perché sono morti loro e io no? Non so cosa rispondermi. Ma penso che io non ero uomo vero, completo, pronto. Non mi sono nemmeno accorto che quello era il tempo di essere vivi fino a essere pronti a morire e non ho sentito il richiamo, a fascino irresistibile, della morte come a vittoria. Ero giovanissimo e appena mi ero affacciato, dalla finestra di scuola, al mistero della storia. Appena appena ero entrato con immensa timidezza nelle cose del regno di Dio...
Ma ora so. Tutto è chiaro adesso. E Dio e gli uomini e la storia e le vicende e i valori, le apparenze delle cose e l'essenzialità, ciò che salva e ciò che è perdizione. So cos'è la libertà, la giustizia, la dignità umana. Mi è stato insegnato dall' esperienza - spietata e meravigliosa come è sempre l'esperienza - che bisogna pagare con moneta fatta di carne e d'anima la ricerca dei valori assoluti, che intorno tutto, o quasi è lotta e contrasto e respinta più o meno violenta, che la solitudine rende deserto anche una città, che morire bisogna, anche se è morire a poco a poco, invece che fulminati dalla scarica di un mitra.
Ogni giorno, perché sempre, è lotta di Resistenza, di fedeltà assoluta a costo di tutto, di tenacia del cuore forte che non si arrende mai.
E ogni giorno in tutta la realtà di esistenza è dovere di affermazione dei valori supremi, quelli che reggono e determinano il vero, autentico esistere umano.
Allora la loro Resistenza è la mia Resistenza e la loro morte è nascita di vita incessante.
Sirio Politi
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1988, Febbraio 1988
Luigi Sonnenfeld
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