Processo per reato antinucleare

(1976-1988: le lotte per la pace. Testo letto nella veglia)
Sono molti gli amici che sanno già di questa mia incriminazione giudiziaria e individualmente o con lunghi elenchi di firme, mi hanno espresso la loro solidarietà. Siccome siamo arrivati al processo (tribunale di Grosseto, 14 Novembre) mi sembra giusto e doveroso raccontare come sono andate le cose.
In questo «pasticcio» che ho combinato non vi è assolutamente nulla di eccezionale, di eroico e nemmeno di contestativo.
Si tratta semplicemente di una fedeltà a quella lotta impegnata per una coerenza umile e lineare alle scelte fondamentali della mia vita, ai valori che credo e sento essenziali nel vivere umano, ai motivi di responsabilità determinati nella mia coscienza dalla realtà sociale, politica culturale, religiosa ecc. proprio di questo tempo nel quale mi ritrovo a vivere. Può darsi che chi verrà a sapere di questo processo lo giudichi una delle solite «avventure» che arricchiscono di tanta stranezza la mia vita. E può anche essere che il bisogno del «diverso» sia al fondo della mia coscienza alquanto inquieta e realmente mai rassegnata e abbandonata all'acqua del fiume.
E sarà colpa mia ma a volte mi viene da pensare che in fondo la necessità di gesti particolari e personali può essere determinata anche da condizioni di eccessivo e pacchiano tranquillismo che ristagna la convivenza attuale, dalla generale disponibilità a lasciar fare, dalla non volontà di coinvolgersi in problemi che dovrebbero trovare pronta reazione ed energica lotta di massa. Se la casa brucia (certo, bisogna esserne convinti che la casa brucia!) è pazzesco stare a coltivare i gerani alla finestra.
Ora io sono convinto che questo momento di storia che viviamo è decisivo per l'ultima possibilità di un'inversione di marcia che salvi l'equilibrio indispensabile al sopravvivere di una civiltà umana. E che dopo questo momento, la marea dell'industrializzazione, se non sarà bloccata, som-mergerà, affogandola, l'umanità nella pazzia del consumismo, nella sopraffazione della ragione economica, nel dominio assoluto del dio denaro e quindi nell'annientamento ecologico e della guerra nucleare.
Da anni non mi sento in coscienza di stare a guardare. Ho semplicemente pietà delle generazioni che verranno e per quanto dipende da me, mi brucia nell'anima l'ingiustizia di lasciare un mondo molto peggiore di quello che ho trovato e di averlo spinto fin sull'orlo dell'abisso della Distruzione.
La creazione di Dio non mi sento nella mia Fede di abbandonarla alla Distruzione, questo demonio che imperversa nel mondo. La redenzione, innestata dalla Croce e dalla Risurrezione di Gesù Cristo, nel cuore dell'umanità, nella mia Fede cristiana vuol dire la Vita che vince la Distruzione. E Amore contro qualsiasi egoismo e tanto più contro l'egoismo del dio benessere che non riconosce, né accetta limitazioni alla sua insaziabilità.
Può sorprendere che nella lotta contro il nucleare io raccolga motivazioni e responsabilità di coscienza davanti a Dio e davanti agli uomini, dalla Fede. E perché mi sono abituato a considerare Dio e ad adorarlo come presenza creatrice nel mondo. E penso che l'uomo è uomo nella misura con cui intuisce questa volontà creatrice e vi consente e vi si allinea con tutte le sue forze. "Tu non uccidere" è comandamento fondamentale nel rapporto con tutta l'esistenza.
E' impressionante e sconcerta quanto la Chiesa, nel suo magistero, non abbia ancora seriamente considerato la micidiale immoralità del consumismo: questo distruggere sempre più impazzito, i beni che sono la ricchezza dell'universo e la sua vita.
L'essere prete per me vuol dire l'aver assunto la missione di approfondimento incessante della conoscenza di Dio e di vivere la mia vita e quella dell'umanità e quella dell'universo nella luce del suo Pensiero e nell'adorazione della sua Volontà.
Da questo rapporto col Mistero di Dio nasce la mia precisa responsabilità di testimoniare tutto quello che la mia Fede mi chiarisce nell' anima nei confronti di questa visione sacra della vita umana e dell'esistenza dell'universo.
Questo ministero sacerdotale non può non richiedermi dei prezzi da pagare e io devo essere disponibile e pronto a questo pagamento, di qualsiasi genere e misura possa essere, con totale semplicità e serenità. Ciò che per altri può essere assurdità, per me può essere logica elementare, umile adempimento di un dovere.
La lotta contro il nucleare, centrale e arsenali atomici, il militarismo, l'industrialismo ecc. rien-tra nell'ambito di responsabilità della mia Fede cristiana e del mio ministero sacerdotale.
È chiaro che il metodo di lotta è unicamente non violento, non segue e non obbedisce ai mezzi usati dal nemico, ma già la lotta è rottura di una storia di violenza e di sangue e inizio dell' obiettivo da conquistare e cioè un'umanità diversa e nuova.
La guerra si vince con la pace. La violenza si sconfigge con l'Amore. La sopraffazione del potere si vanifica con la libertà.
Queste poche idee, mi è sembrato di accennare prima di raccontare come sono andate le cose che mi hanno indotto all'incriminazione di cui sarò in giudizio davanti al tribunale di Grosseto. Non ricordo bene il giorno, ma è nei primissimi mesi del '77. Promossa da un comitato di agitazione di Capalbio e di Montalto di Castro i due paesi della Maremma minacciati dalla costruzione di due centrali nucleari, fu organizzata una manifestazione nella piazza antistante alla Ferrovia Scalo di Capalbio. Un mare di contadini in lotta per cercar di salvare la propria terra dall'assurdità di due centrali nucleari. Presso le amministrazioni comunali, provinciali, regionali ecc. sordità totale. Un popolo che non sa più a che santo votarsi perché siano almeno ascoltate le proprie ragioni.
La manifestazione. Uomini, donne e bambini con i cartelli del «no, alla centrale» ripetuto e descritto in mille maniere.
Discorsi, canti c'era anche la banda musicale, scene teatrali improvvisate ecc.
Il rischio del folclore popolare è sempre il pericolo di ogni manifestazione non violenta. Perché sotto il folclore può non essere letto quel grido di rabbia che serpeggia in un popolo inascoltato, che chiede a vuoto il rispetto di un suo diritto.
Nasce l'idea di occupare la linea ferroviaria: occupazione intesa a costringere l'opinione pubblica dell'interessamento del problema del nucleare e del progetto di costruzione di due centrali a venti chilometri una dall' altra, in terra di Maremma.
Sono convinto che l'occupazione di una ferrovia sia azione limpidissima di lotta non violenta. Penso che provocare l'attenzione dei centri di potere sia giusto e doveroso. Che il fatto sia condannabile dal codice penale è comprensibile, in questo caso però i termini di reato non possono riscontrarsi per motivo che l'azione è ordinata ad un bene pubblico di eccezionale valore. Le forze dell'ordine presenti non accennano per niente ad una opposizione e una grande folla si riversa sui binari. Non so se i treni sono stati fermati alle due stazioni vicine. Non ricordo nemmeno quanto l'occupazione sia durata, se un'ora o due. I giornali la mattina dopo titolavano i loro servizi a gran pagina. Dopo qualche mese la Regione toscana esprimeva parere sfavorevole per la centrale di Capalbio e cadeva il progetto.
Ma il maresciallo dei carabinieri ha fatto l'esposto alla magistratura denunciando l'occupazione. Ha scelto una ventina di nomi. Quasi tutti contadini del luogo. Processo a Grosseto. Io vengo citato come testimone: un prete può sempre significare ordine e pace nell'aula di un tribunale... Viene il mio turno per la deposizione.
Il pretore mi fa giurare di dire sempre e soltanto la verità. Giuro. E mi domanda: lei si trovava alla stazione di Capalbio perché era venuto in treno da Viareggio? No, signor pretore, non sono venuto in treno.
Insiste: lei era in prossimità dei binari, perché aspettava il treno per rientrare a Viareggio? No, signor pretore, io ero sui binari perché... e comincio a spiegare il perché della occupazione: non tendeva a voler intralciare il normale traffico dei treni, ma soltanto richiamare l'opinione pubblica sul problema delle centrali nucleari... Ma il giudice mi interrompe e dichiara solennemente: lei non è più testimone ma incriminato ecc. si cerchi un avvocato. Rispondo con tutta ingenuità: signor giudice, mi ha fatto giurare di dire la verità, io gliela dico e lei m'incrimina ... e ora dove lo trovo un avvocato? Pensavo che mi occorresse subito questo avvocato!
Il14 Novembre il corso della giustizia per la manifestazione il Capalbio di tre anni fa, arriverà a conclusione.
Ho fiducia che questo processo aiuti in qualche modo la lotta che è diventata in questi ultimi tempi sempre più serrata e impegnativa, contro le centrali nucleari e quindi per un'alternativa al modello di sviluppo di questa nostra civiltà sempre più sull'orlo della sua autodistruzione. È poca cosa, da esser quasi ridicolo che processi siano imbastiti per simili reati, ma se questo «niente» richiederà un prezzo da pagare, eccomi qui, sarà pagato a gran cuore.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA febbraio 1988, Febbraio 1988

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