Eravamo abituati a vedere il suo nome in calce a diversi articoli di questo giornalino. Ora lo apre, a dare quella notizia che mai avremmo voluto scrivere. Ma forse, tra chi riceve questi semplici fogli, c'è gente non ancora raggiunta dal triste e doloroso annuncio della morte di Sirio. Lui stesso aveva scritto, nel penultimo numero, della sua malattia. Con dignità e serenità, in un tempo in cui ancora stava lottando duramente per un vivere che sentiva ricco ancora di tanto amore e di tanta luce dentro di sé.
Dal tempo di Natale le sue condizioni sono andare ulteriormente aggravandosi ed è venuto il tempo di un vero e proprio calvario vissuto con lucida fermezza ed altrettanto ferma speranza. E si scusava con chi ne raccoglieva il lamento.
Ha ceduto il cuore soprattutto; quel cuore sofferente dagli anni giovanili e sostenuto poi, quasi miracolosamente, da scelte ideali che lo hanno impegnato oltre ogni misura nelle lotte, negli in-contri, nei rapporti personali vissuti sempre - come lui usava dire - «a gran cuore», «a cuore aperto». E a cuore aperto è stato operato a Pisa, in una condizione ormai disperata per le condizioni generali dei suoi organi seriamente compromessi. Nella notte tra l'11 e il 12 febbraio, dopo giorni di indicibili sofferenze per la strozzatura della valvola aortica, un intervento di oltre quattro ore da lui stesso accolto per tentare di fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di farla finita anche solo con quella immensa fatica appena a respirare...
Dopo l'operazione di sostituzione della valvola, Sirio non ha più ripreso conoscenza. Nella fredda solitudine della camera di terapia intensiva della cardiochirurgia di Cisanello, ha vissuto il suo ultimo eremitaggio. Chi lo ha visto - quasi di sorpresa, in quei giorni in cui eravamo tutti fermati da una porta chiusa, sospesi alla labbra dei medici - ha avuto l'impressione che dormisse: il volto sereno nella corona dei suoi capelli bianchi.
Dopo due giorni dall' operazione il filo di speranza coltivato in silenzio è andato via via indebolendosi e le notizie dei medici sono divenute sempre più scarne e imbarazzate. La notte del 19 febbraio siamo stati chiamati da un'infermiera: la pressione andava scemando, il polso si affievoliva sempre più. Abbiamo atteso alcune ore; senza parola. Appena prima dell' alba la porta si è aperta e abbiamo potuto abbracciare il suo corpo per l'ultima volta.
Un abbraccio caldo, affettuoso, semplice ed insieme intensissimo quello di tanti amici che lo hanno atteso alla Chiesetta dove è stato portato il giorno dopo, per quei legami burocratici che lo hanno oppresso oltre la fine. E le porte della sua casa si sono aperte ancora una volta ad accogliere gli amici e cioè tutti quelli che ne hanno varcato la soglia o si sono fermati davanti all'ingresso a riconoscere volti mai dimenticati di incontri antichi e recenti nella comune amicizia con Sirio. Ed anche il cielo si è colorato di azzurro e il sole caldo ha rivestito il mare dei colori della primavera.
Sono stati giorni molto belli, vissuti nella semplicità di segni capaci si suscitare gioia profonda nei cuori; e tanta, tanta pace. È apparsa piccola la morte, sopraffatta dal calore della vita: il suo spazio occupato dal dilatarsi di tanta serenità; Ed il dolore è stato accolto e sperimentato senza paura: come l'altra faccia dell' Amore.
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Abbiamo voluto raccogliere in questo giornale i testi letti nella veglia della sera del sabato. Un incontro «laico» e cioè di tutti gli amici al di là di ogni distinzione, motivazione, segni o bandie-re. Abbiamo lasciato parlare lui. Alcuni amici del tempo del teatro hanno scelto pochi, ma signi-ficativi brani, poesie, canti scritti da Sirio. E ci siamo scambiati nel silenzio, insieme ad una stretta di mano, l'immagine serigrafata della sua Chiesetta aperta come una strada sul cammino dell'umanità.
Poi la cronaca della domenica: una folla ad accompagnarlo tra i cantieri della Darsena fin dentro il grande padiglione del Nuovo Mercato Ittico, ultimo campo di lotta di Sirio insieme con i «suoi» pescatori.
Ed i testi biblici scelti con sapiente e delicato affetto. Poi due testimonianze, tra le più significative.
Un numero di «Lotta con Amore» scritto ancora per la gran parte da Sirio. Un ultimo numero in questo senso: non potrà infatti essere più come prima. Era essenzialmente Sirio questo suo giornaletto: dagli anni lontani de «La voce dei poveri» fino alle diverse edizioni di «Lotta come Amore». Era la sua lunga lettera agli amici, la sua voce nella Chiesa la sua esperienza mai vissuta per sé stesso ma come dono umile e semplice da comunicare. E gli amici vi trovavano posto perché lui stesso sollecitava e gli piaceva che fosse come la voce di una famiglia: «dài ragazzi, bisogna scrivere qualcosa».
Continueremo la pubblicazione di questa lettera di amici agli amici perché un'amicizia continua ad essere vissuta; ed un impegno, una ricerca di vita. Come ci riesce, secondo uno stile che non sarà più il suo perché non possiamo cercare l'imitazione, ma l'autenticità di cui ci è stato maestro.
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Ringraziamo qui tutti coloro che ci hanno sostenuto in questi giorni: con il pensiero, la preghiera, la presenza affettuosa e viva. Ad alcuni abbiamo scritto. Molti ci perdoneranno se lo faremo via via che l'occasione si presenterà. Intanto vi abbiamo tutti nel cuore come un grande, prezioso dono. Per aiutarci, tutti insieme, a continuare ad amare e lottare per amore. Perché la Fede sia provocazione vicendevole a crescere ad autentica misura di umanità. Perché la Speranza di un antico sogno renda nuova la Chiesa e il mondo. Perché l'Amore sia energia di novità e di verità nei rapporti umani.
Ora più che prima, con l'aiuto di Sirio.
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1988, Febbraio 1988
Luigi Sonnenfeld
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