Lettera a Giovanni Paolo II

Questa lettera l'ho scritta perché richiesto dagli amici del M.I.R. (Movimento Internazionale Riconciliazione) nella fiducia che arrivi sul tavolo del Papa.
Sono rimasto incerto per diverso tempo ma poi mi hanno persuaso a superare l'impressione di assurdità di scrivere una lettera al Papa, alcune riflessioni.
Queste, per esempio: la gravità del pericolo che pende sulla sopravvivenza del mondo, il desiderio di fare qualcosa (e che cos'è che si può lasciare d'intentato quando la casa sta per essere divorata dall'incendio?), perché la Chiesa, la Cristianità tutta si assumano l'angoscia di questa disperazione (perché di disperazione ormai si tratta dato che la distruzione totale è in mano di uomini) e perché il popolo aiuti e costringa (certo, ci vuol altro che una lettera!) l'autorità qualunque essa sia e tanto più quella del Padre universale che è il Papa a prendere coscienza della sua spaventosa responsabilità.
Ho preso la penna e tutto d'un fiato ho lasciato che mi venisse scritto qualcosa di tutto quello che mi lacera l'anima per lo sgomento che il tempo presente e tanto più quello avvenire, comporta e per il desiderio che tutto abbia a muoversi, contrastare e lottare, perché ciò che può succedere in un batter d'occhio. non avvenga né ora né mai.
Perché poi sarebbe tardi e tardi per sempre.
La lettera è stata poi ciclostilata, pubblicizzata, spedita con lunghissime liste di firme e anche in busta chiusa, a centinaia e centinaia.
Un semplice, povero, accoratissimo grido di popolo ai piedi del Vicario di Cristo. Ha servito a qualcosa?
La Speranza è come un gabbiano che vola, vola, senza stancarsi mai, finché trova dove posarsi, fosse pure sul velo azzurro del mare.
Se non altro, spedire una lettera al Papa, può aver responsabilizzato molta gente, convincendo che non è Fede stare sempre ad aspettare passivamente o al massimo battere le mani perché lo spettacolo è bello e commovente: bisogna premere e anche provocare, perché lo Spirito non è ipotecato o in esclusiva, percorre liberamente tutte le vie e manifesta i suoi segni ovunque. Chi sta in alto ha bisogno, assai più di ogni altro, che la voce del popolo non gridi, come se non ne conoscesse altre, che una sola parola: «viva» ma anche «Signore. salvaci perché siamo perduti».
Alla fine della lettera riporto un brano del discorso del Papa per il primo dell'anno, giornata dedicata alla pace.
Non è per dire a chi ha spedito la lettera: avete visto che ci ha risposto!
Anche perché noi del popolo non siamo quegli «scienziati» che hanno inviato al Papa quel rapporto (del resto nemmeno troppo scientifico perché riduttivo assai e alquanto generico) e al quale il Papa si riferisce per garantire la gravità della situazione.
In ogni modo è importante quello che il Papa ha detto se non altro per far correre nella schiena incurvata dalle devozioni, un brividetto di paura alla beata cristianità borghesemente preoccupata del proprio benessere materiale e spirituale, tranquilla nel lasciare che il mondo se lo divorino liberamente gli imperialismi di destra e di sinistra, a forza di terrore per le strade e di rampe missilistiche disseminate sempre più in Europa e nel mondo.
La risposta alla lettera e alla paura alle quali il Papa accenna, disgraziatamente è venuta per tutti, con quello che sta succedendo e Dio non voglia scatenandosi, nell'Iran e nell' Afganistan.
Come voleva dimostrarsi non sono parole la profezia, ma un evento, un fatto nuovo che sta per venire, pare quasi che stia bussando alla porta.
E' questa profezia che la Chiesa non ha trovato ancora il coraggio e la libertà di annunciare al mondo.

* * *

1 Novembre 1979
Beatissimo Padre,
è un vivo, profondo motivo di Fede che ci spinge a implorare, nel giorno della pace del primo gennaio 1980, l'inizio di un epoca nuova per la Chiesa, per tutta l'umanità.
Lo chiediamo a Dio questo inizio di tempi nuovi. quasi come una creazione di storia nuova che concluda quella passata e prepari e realizzi una storia secondo il Cuore di Dio.
La imploriamo questa fruttificazione di pace dall'albero prezioso della Redenzione. La speriamo confidando nella potenza dello Spirito Santo. Lui che rinnova la faccia della terra.
Crediamo fermamente che i tempi della storia abbiano condotto l'umanità ad una svolta che potrebbe essere decisiva. La coscienza dei popoli percepisce l'assoluta necessità e l'immediata urgenza che il camminare della storia umana imbocchi una strada diversa, totalmente nuova.
Costringe a questa rottura col passato, a questo inizio del nuovo, la consapevolezza che una storia come quella vissuta dall'umanità fino a questi nostri tempi, è arrivata alla sua conclusione.
Una storia di guerre, con tutti i loro orrori, è realmente conclusa perché il futuro può non esistere più: sovrasta ormai e domina l'esistenza dell'umanità e del mondo intero, la Distruzione.
La nostra Fede in Dio. creatore dell'universo, prova lo sgomento di sapere che l'uomo può attentare alla creazione e distruggerla.
Siamo forse al punto in cui volontà di Dio che è Creazione si scontra con volontà di uomo che è Distruzione.
Forse è vero che opera diabolica e non di dottrina perversa. ma di potenza spaventosa, in questi nostri tempi sta tentando (ne ha concretamente i mezzi) la famosa scalata al trono dell'Altissimo per distruggere l'opera delle sue mani.
In una chiarezza di coscienza illuminata dalla Fede, pensiamo che questo sia il peccato supremo, il sacrilegio orrendo, la somma di ogni malvagità. Inquadrando questa possibilità di distruzione perfino della sopravvivenza nelle mani di uomini, secondo un semplice criterio morale, il giudizio non può essere che di condanna totale.
Per una coscienza cristiana illuminata e retta, giudichiamo già responsabilità gravissima davanti a Dio e davanti agli uomini, non prendere chiara e scoperta posizione contro l'enormità di questo peccato. misurabile sulla concretezza di possibilità della distruzione totale.
L'Amore all'uomo richiede prima di ogni altro intervento, l'impegno per la sua sopravvivenza, la dichiarazione netta e precisa di quelle responsabilità che hanno esposto l'umanità al pericolo della distruzione, abbandonandone il destino nelle mani di pochi uomini. E' urgente dichiarare pubblicamente la responsabilità di uomini di governo e di precisi regimi di potere, di tutta una economia impegnata nel nucleare, di una civiltà consumistica necessariamente rivolta allo sfruttamento più impazzito, di una spartizione dell'umanità in privilegiati ed oppressi, di una ricerca scientifica disumanizzata a valore assoluto ed esposta e a servizio della strumentalizzazione del potere...
E a questo punto, Beatissimo Padre, ci permettiamo considerare anche le responsabilità della Chiesa, del suo Magistero e quindi della Cristianità tutta.
Pensiamo che anche per la Chiesa e la sua tradizione d'intervento e di presenza nella storia umana, si siano conclusi i tempi passati. Davanti all'aberrazione di una guerra e quindi alla possibilità del delitto supremo ipotizzato dal potenziale nucleare, è assurdità disquisire sulla giusta o ingiusta, guerra difensiva o offensiva ecc.
E' venuto il tempo in cui la guerra scopre senza possibilità di interessate giustificazioni e di assurde mistificazioni il suo volto macabro di sempre: la liceità a uccidere. Adesso dovremmo affidarle la giustificazione alla distruzione dell'umanità.
Tacere è responsabilità di non suscitare la paura e lo sgomento nel cuore degli uomini e non provocare quindi l'opinione pubblica a prendere nelle proprie mani la salvezza di se stessi e più ancora dei propri figli.
Non annunciare che l'umanità vive nella realtà dell'autodistruzione perché la potenza distruttiva è in atto, è pronta all'uso...
Non dichiarare che la Fede religiosa è particolarmente chiamata a salvare la creazione di Dio, strappandola al potere dell'uomo, impedendo il sacrilegio di una padronanza assoluta di pochi uomini sulla sopravvivenza o la distruzione di tutta l'umanità...
Non giudicare e non condannare l'immoralità di chiunque costruisce e istalla arsenali nucleari nel mondo e dei popoli e dei loro governi che non respingono ma accettano le istallazioni di rampe missilistiche, dei militari e di tutti gli addetti ordinati all'uso degli armamenti nucleari...
Non illuminare, non fare opera di evangelizzazione e di catechesi nei confronti delle popolazioni cristiane per una formazione all'obiezione di coscienza, alla ricerca coscienziosa, impegnando le forze politiche e sindacali, per una riconversione a produzione di beni civili, di tutte le fabbriche di armi, per promuovere una progressiva respinta di ogni esercito affidando la difesa della patria e della convivenza civile alla Difesa Popolare Non Violenta...
Non adempiendo fedelmente a tutti questi doveri di fedeltà alla Parola di Dio, particolarmente dichiarata attraverso i segni di questo nostro tempo, sentiamo nell'anima nostra la sofferenza di essere Chiesa non totalmente impegnata nella realtà del mondo secondo la misura e i modi richiesti da questo tempo in cui viviamo e che avvertiamo così profondamente decisivo per l'esistenza del futuro.
L'Amore fraterno ci costringe all'angoscia di essere noi, questo nostro presente, a costruire e quindi poi a non impedire ma piuttosto a favorire con la reticenza e la passività, che l'opera delle nostre mani diventi l'assassinio dei nostri figli e delle generazioni future.
E' a seguito di questa coscienza che ci carica di insopportabili pesi di responsabilità che ci rivolgiamo alla Santità Vostra perché nel messaggio di pace del primo dell'anno 1980, la Chiesa segni l'inizio di un Magistero dalla Parola "Sì, sì, no, no" nei confronti di una condanna inequivocabile di qualsiasi guerra anche difensiva, di tutto quello che può significare preparazione alla guerra e quindi di qualsiasi esercito, la condanna di ogni fabbrica di armi e del loro commercio a qualsiasi livello, la condanna delle armi atomiche e l'assoluta urgenza della distruzione dei loro arsenali nel mondo.
A seguito di questo insegnamento della Parola di Dio, del suo Mistero di Amore, della sua Volontà di salvezza, della fraternità umana, la Chiesa si assume il ministero della affermazione, della difesa e della promozione dell'obiezione di coscienza alla guerra. si impegna a promuovere una vera e propria evangelizzazione sul disarmo e per la cessazione della fabbricazione di armi.
Dal primo dell'anno 1980 l'annuncio di pace significhi, Beatissimo Padre, la promessa della potenza dello Spirito: "ecco, ora, faccio nuove tutte le cose".
Ecco. si fa per dire, la risposta. Ma sono parole pesanti anche se rammorbidite e diluite nella proclamazione di un anno giubilare dedicato a S. Benedetto. Oltre che le parole, le dichiarazioni che, come afferma il Papa, non bastano, "la fiducia bisogna meritarla con gesti e fatti concreti". Ci permettiamo ora aspettare anche dal Papa gesti e fatti concreti che meritino quella fiducia di cui l'umanità ha bisogno per credere nella propria salvezza.
Da "Avvenire" del 2 gennaio 1980



Recentemente ho ricevuto da alcuni scienziati una previsione sintetica delle conseguenze im-mediate e terribili di una guerra nucleare. Ecco le principali:
- La morte per azione diretta o ritardata delle esplosioni, di una popolazione che potrebbe andare da 50 a 200 milioni di persone;
- Una drastica riduzione di risorse alimentari, causata dalla radioattività residuata in larga estensione di terre utilizzabili per l'agricoltura;
- Mutazioni genetiche pericolose, sopravvenienti negli esseri umani, nella fauna e nella flora;
.- Alterazioni considerevoli nella fascia di ozono dell'atmosfera, che esporrebbero l'uomo a incognite maggiori, pregiudizievoli per la sua vita:
- In una città investita da una esplosione nucleare la distruzione di tutti i servizi urbani e il terrore provocato dal disastro impedirebbero di offrire i minimi soccorsi agli abitanti, creando un incubo terribile.
Basterebbero solo duecento delle cinquantamila bombe nucleari, che si stima che già esistano. per distruggere la maggior parte delle più grandi città del mondo.
E' urgente, dicono quegli scienziati, che i popoli non chiudano gli occhi su ciò che una guerra atomica può rappresentare per l'umanità.
Bastano queste poche riflessioni per farsi una domanda: possiamo continuare su questa strada? La risposta è chiara.
Il Papa discute il tema del pericolo della guerra e della necessità di salvare la pace, con molti uomini e in diverse occasioni. La via per tutelare la pace passa attraverso colloqui e i negoziati, bilaterali o multilaterali. Tuttavia, alla loro base dobbiamo ritrovare e ricostruire un coefficiente principale, senza il quale essi da soli non daranno frutto e non assicureranno la pace. Bisogna ritrovare e ricostruire la fiducia reciproca! E questo è un problema difficile. La fiducia non si acquista per mezzo della forza. Neppure si ottiene con le sole dichiarazioni. La fiducia bisogna meritarla con gesti e fatti concreti.



don Sirio


in Lotta come Amore: LcA gennaio 1980, Gennaio 1980

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