In una fabbrica di armi

Avverto dei segnali importanti all'interno della fabbrica, che certamente vanno colti per quello che sono, «segnali», ma anche per ciò che possono produrre se danno il via a serie riflessioni e maturazioni umane e culturali. Nascono senz'altro dal particolare momento che attraversiamo e allo stesso tempo sono il prodotto di intuizioni e obiettivi che la classe operaia persegue da qualche tempo.
Mi riferisco al «grave disagio morale dei lavoratori delle fabbriche di armi».
Da anni lavoro come operaio in una fabbrica di armi, ma solo da poco tempo ho iniziato a riflettere con dei compagni di lavoro del nostro essere, di fatto, a servizio della distruzione. Fino ad oggi l'aspetto «morale» del problema è stato regolarmente rimandato ad altro momento, ritenendo prioritario e pregiudiziale quello politico-economico (divisione capitalistica della produzione, difficoltà di riconversione). L'acquisizione del diritto all'informazione sui programmi aziendali, conquistata negli ultimi contratti, ci ha posti di fronte al fatto di avvallare o contrastare determinate scelte del capitalismo. Si impone pertanto con molta urgenza l'utilizzo di tale informazione: i lavoratori devono decidere cosa produrre, perché produrla, per chi produrre, oltre a come e dove produrre.
Nel dibattito all'interno del Consiglio di fabbrica cominciano a venir fuori questi aspetti del problema, e risulta a tutti evidente come la coscienza morale dei lavoratori che producono, non è meno importante del vantaggio economico delle aziende, né di quello sociale derivante dal problema della riconversione dal militare al civile.
E' la forza dirompente della coscienza dei lavoratori, che, in tempi sempre più ravvicinati, partendo da un netto rifiuto di tale produzione imporrà alle aziende una soluzione definitiva nella linea della riconversione.
Giorni fa un delegato sindacale mi diceva che per lui è assolutamente assurdo pensare di trovare la benché minima motivazione che possa giustificare e stimolare a lavorare in una fabbrica di armi.
Certo, sapere che il proprio lavoro, altamente qualificato, con l'utilizzo di tecnologie avanzate, viene usato dal capitale per la distruzione di altri uomini, o per la perpetuazione dello sfruttamento di lavoratori e di interi popoli, non è per nulla stimolante né entusiasmante, come, al contrario lo è il sapere che il proprio lavoro contribuisce allo sviluppo e al servizio dei popoli nei campi della medicina, della istruzione, dell'alimentazione.
Mi è capitato sovente di sentirmi interrogare da compagni e da amici, come riuscissi a conciliare l'essere prete e lavorare nella produzione delle armi.
Questa domanda, certamente stimolante, nasconde a mio avviso dei preconcetti, e inoltre pone male il problema. Presenta il prete come uno che non si deve sporcare le mani, l'uomo del sacro, al di sopra dei conflitti (salvo poi a benedire le truppe e le armi!). Il problema morale pertanto non interesserebbe i credenti in Cristo (né tantomeno gli uomini) ma il prete in quanto ministro della Chiesa. Inoltre la domanda posta in tal modo relega il problema dell'aspetto morale, astraendolo dal suo contesto politico-economico. Io penso che in questo, come in altre situazioni della vita di fabbrica, che come preti operai viviamo quotidianamente, venga chiamata in causa la nostra «laicità», il nostro essere dentro a una realtà di ingiustizia assieme ai nostri compagni di lavoro, con una attenzione agli uomini, a ciascun uomo chiamato a, vivere in pienezza la sua vita, e nella fede ad essere figlio di Dio. E' questa particolare attenzione che deve renderci allergici a umanismi e compromessi, pronti alla denuncia e alla lotta per una autentica liberazione.
Con questi sentimenti mi sento di combattere chi, anche nella Chiesa, lascia costruire le armi della morte, e arriva a benedire gli eserciti e le fabbriche di morte. Questa estate il Cardinale Poletti, Vicario del Papa per la città di Roma, ha partecipato a Roma alla inaugurazione di una fabbrica di armi e ha impartito la benedizione. Benedizione da parte di chi? su chi? per cosa?


Baldassarre


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1979, Ottobre 1979

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