Otto anni e Cinquanta

Vorrei ma non l'ho voluto
che i bambini di oggi
avessero il mondo del primo giorno
il primo giorno di mille migliaia di anni.

Sole nuovo ad attraversare
cielo tersissimo
o velato da nubi
non caligine da fumaioli.

La pioggia a scorrere
su foglie cadute
nate da primavere felici
e soleggiate di solleoni estivi
e le pozzanghere dove giocare
torbide di fango pulito.

A me questo mondo nuovo
fu consegnato quand'ero bambino.

Io ho visto l'acqua dei fiumi
le strade sterrate e bianche
i carri tirati dai buoi
il contadino a raccogliere
lo sterco dietro il cavallo
per l'insalata del suo orticello.

Il lavoro duro, quello della vanga
e la creazione fatta dal fabbro
le tavole uscite dal tronco
la nave dall'ascia sapiente.

Porto adorabile l'odore nell'anima
del pane uscito dal forno
rotondo e caldo allineato
sulla lunga tavola coperta
tenuta a bilico dal cercine
sulla testa impettita della donna.

Gli operai a covare con gli occhi
il tubo colmo di vino di vite
a parlare anarchico
di circoli di mutua assistenza
e santamente ubriachi
la domenica sera.

Il sillabario sotto il braccio
il quadernetto e gli zoccoli in mano
ragazzi di scuola
e scazzottate sul sagrato.
Tu non sai bambino di oggi
com'era l'acqua dei fossi
cristallina e verde d'acquatiche
i ranocchi e le anguille.

Non conosci il tozzo di pane
e la bocca affondata nel ruscello
e il nido di fringuello
sull'incrocio del ramo d'ulivo.

Tu hai incredibilmente di più
e infinitamente di meno
i miei cinquant'anni
hanno ammazzato il tuo mondo.

Il sole, l'aria, l'acqua
e perfino le stelle
perché i lampioni accecanti
le hanno spente su in cielo.

Ti posso dare aerei a razzo
bombe nucleari nascoste
dagli imperi che dominano il mondo
e il progresso che conduce alla morte.

Ora respiri petrolio bruciato
la tua casa è periferia di città
e senza un filo d'erba e un raggio di sole
la piazza dove giuochi la tua ribellione.

Ho ucciso spietatamente il tuo domani
e fatta tramonto la tua aurora
ti ho costretto ad essere adulto
ragazzo, di appena otto anni.

Non ti chiedo perdono
perché non puoi perdonarmi
lo so che mi maledici e mi odi
non ti ho dato quello che ho avuto
ti ho rubato quello che ti saresti donato.

E' per via di te che ho terrore
e vergogna d'essere adulto
ho inventato un mondo
e te lo lascio, ragazzo,
ma non è di più che un cimitero.

Dove i cipressi scheletriti
sono senza preghiera
la preghiera dei passeri la sera.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA luglio 1979, Luglio 1979

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