Poche settimane fa mi sono trovato a partecipare ad un seminario presso l'Accademia teologica Alfonsiana di Roma, sul tema: Scelte tecnologiche, energia nucleare e responsabilità morale. Il sottotitolo era tutto un programma di ricerca di chiarimento e di provocazione al coraggio: la posizione del cristiano, oggi.
Come sempre succede quando le ricerche teologiche non sono particolarmente ufficializzate, la partecipazione non è stata eccezionale. E la testimonianza dei temi, scientificamente rigorosa e anche appassionata, è rimasta discorso fra esperti anche se spesso espressione angosciosa di un problema che pesa sul destino dell'umanità come effettiva, concreta potenza già più che sovrabbondante, per quella che ormai viene disinvoltamente classificata autodistruzione.
Il dibattito: vivace e stanco, come una sofferenza intrisa di ribellione ma ripiegata per non dire rassegnata nella costatazione della propria sproporzionalità nei confronti della terribilità del problema, una coscienza profondamente turbata da una responsabilità equivalente al dovere di salvare il mondo ormai rotolato sull'orlo del suo abisso distruttivo e il toccare con mano il disinteresse, l'irresponsabilità, l'alienazione imperversante.
Da molto tempo, fin dall'inizio delle lotte contro la costruzione di centrali nucleari in Italia (non mi è assolutamente possibile distinguere nella mia coscienza le centrali nucleari dal «nucleare» in tutta la tremenda realtà del suo significato, quello così detto pacifico da quello militare, la distruzione del «cuore» della materia dalla distruzione di tutta la terra, l'inquinamento genetico dalla cancellazione dall'esistenza dell'umanità intera nel giro di pochi minuti...) da quest'inizio di lotte antinucleari, mi sono posto il problema della posizione del credente, del cristiano.
Cos'è questo «nucleare» davanti a Dio? La risposta ho cercato di viverla per le strade, per le piazze, nella preziosa e «amara» terra di Maremma, nelle agitazioni più provocanti di popolo, nelle lotte che pur nella più rigorosa non violenza, non possono non significare una ribellione nei confronti di quell'eterna sopraffazione del potere economico, politico, militare, sul diritto alla vita e alla vita umana dell'umanità.
Ma questa risposta concreta, fatta di scontro e di lotta, è motivata in me da sempre e direi unicamente, dall'adorazione di Dio, in una chiarissima scelta di Lui per una sicurezza che il suo Mistero, seriamente intuito, raccolto, vissuto, è la salvezza dei valori fondamentali o è possibilità del loro progressivo sviluppo, nella fatica di rendere la creazione, cioè l'ambiente dell'esistenza umana, nelle condizioni più favorevoli perché possa essere la «casa» dell'uomo, l'abitazione degna del suo vivere il tempo dell'attesa.
Non credo che mi si possa accusare d'integrismo e di nostalgie teocratiche se nella visione del mondo e nella ricerca della sua più profonda verità, mi splendono nell'anima chiarezze come luce di sole.
Affermare l'assoluto di Dio vuol dire semplicemente convinzione totale che tutto ciò che esiste è stato pensato e quindi finalizzato in un progetto esistenziale di continuità creativa perché tutta la realtà sempre più sia manifestazione, questa presenza, difenderla, svilupparla e progredirla, è crescita di creazione, di esistenza, di vita.
E' lavoro insieme di Dio e di Uomo. Nella preghiera entro nel raggio di luce che illumina l'universo e risalgo alla sorgente di questa luce perché è là che si «vedono» le ragioni di ogni cosa, si intuiscono i veri valori e si partecipa attivamente alla loro «gloria».
Affermare l'assoluto di Dio vuol dire anche e particolarmente negare l'assoluto dell'uomo confessando in piena gioia e profonda libertà, la relatività dell'uomo e di tutto l'umano, nel suo essere e nel suo convivere, ai valori di rapporto nei confronti di una essenzialità di uguaglianza, di collaborazione per l'edificazione dell'umanità.
L'assolutizzazione di ogni essere umano, di ogni uomo e di ogni donna, è la più grave sciagura perché è sempre menzogna: e sulla falsificazione si costruisce soltanto rovina.
Ridimensionare ogni essere umano nella Fede, nella preghiera, è crescerlo fino alle stesse misure di valore che sono quelle di Dio e nel frattempo ristabilire parità ed uguaglianza, abolendo ogni differenza, cancellando ogni separazione, spazzando via qualsiasi sfruttamento e oppressione.
E' dolcezza infinita, esaltante, sentire aleggiare nell'ora di preghiera, la liberazione che scende chiarissima dal Mistero di Dio e si posa sull'esistenza umana e sulla sua storia.
Allora questa liberazione non è possibile non assumerla come progetto concreto, storico e coinvolgervi tutto se stesso e tutto l'universo.
Perché anche la creazione va liberata dall'assolutizzazione umana e dei suoi insaziabili egoismi. Sottoporre a se stesso ogni cosa, fare del mondo schiavizzazione relativizzandosi tutta l'esistenza, fino a disporne a padronanza totale, è l'impazzimento, fino ai limiti estremi, del diritto di proprietà: è porre quindi i presupposti giuridici e quindi «morali» per la giustificazione anche dello scontro finale di cui col nucleare esiste già il potenziale bellico e con lo spazio cosmico il campo di battaglia.
Nel nostro tempo l'immoralità del rapporto uomo-creazione, sta particolarmente nell'aggiudicarsi il diritto di poter decidere da parte dell'uomo politico, militare, economico, scienziato, ecc. della sopravvivenza o della distruzione del mondo, di vita o di morte dell'umanità.
Con il nucleare la volontà di una ben precisata disumanità ha finalmente conquistato il potere per uno scontro frontale fra la volontà creatrice di Dio e la concreta possibilità di una volontà distruttrice di uomo.
Dio ha creato dal nulla l'universo. L'uomo può creare il nulla dall'universo.
Sconvolge e angoscia terribilmente questo scontro fra Dio e l'uomo che il cammino misterioso della storia ha spinto fino al punto da consegnare nelle mani dell'uomo la capacità di decidere del sopravvivere o del concludersi dell'esistenza.
Dio è il principio, l'uomo è sempre la fine. Una dissacrazione, un imperdonabile sacrilegio sta operandosi nel destino del mondo e del cammino della storia: il no alla volontà creatrice di Dio e l'attentato alla Sua unica e assoluta padronanza del mondo.
Un'opera di perdizione universale si sta sempre più opponendo alla redenzione e alla salvezza attuata da Gesù Cristo.
Uno scontro mortale è fra la potenza dello Spirito impegnato nella riunificazione di ogni valore perché tutto ritrovi l'unità e la disgregazione universale che nella scissione nucleare trova il suo segno di maledizione suprema.
E' molto facile e stupido giudicare questo terrore interiore per la percezione, perfino fisica, di questo peccato supremo, nel tempo della preghiera, cioè della visione e del giudizio del mondo nella luce di Dio, come esaltazione religiosa, esasperazione mistica, rapimento profetico per un eccessivo abbandono a sensibilizzazioni apocalittiche.
Sta il fatto che la storia che l'umanità ha iniziato a vivere è totalmente nuova e diversa: gli ultimi cinquant'anni ne costituiscono esatta indicazione e ne stabiliscono le leggi implacabili e irreversibili.
La cultura e la scienza possono non rendersene conto perché causa e affetto normalmente si annullano nella storia, vicendevolmente. La ragione economica è essenzialmente disumana e non si pone altri obiettivi e problemi se non di profitto a costo di tutto. La realtà politica, molto più di quello che non apparisca, obbedisce ciecamente e delittuosamente, a motivazioni di potere personale e di oligarchie spietate.
Questo destino di maledizione poggia i suoi orrori sul potenziale militare che significa distruzione totale. Potenziale inevitabilmente da accrescere e da rendere sempre più capacità distruttiva, di annientamento. Prospettiva alla quale lavora appassionatamente la scienza e la ricerca tecnologica, pressoché nella sua totalità.
L'irrisione suprema è apparsa in questi giorni a Vienna, quando due uomini (cioé due interessi di carriera politica personale) si sono incontrati e si sono abbracciati concordando di non fare del mondo il nulla e dell'umanità la morte.
Già la maledizione della storia ha compiuto il suo cammino spaventoso se due uomini legano la sopravvivenza o la fine del mondo ai loro personali interessi politici e di quei gruppi di potere che in loro si scontrano o si accordano.
Davanti a Dio ormai rimane l'unica preghiera: l'implorazione alla pietà. Non so più chiedere altro. Raccolgo nell'anima Dio e sempre più è spazio al di là di ogni misura, la condizione attuale di un'esistenza segnata di impossibilità di salvezza, perché è assurdità la fiducia nell'uomo e pazzia suprema sperare la salvezza confidando unicamente nella paura. Perché già il vivere affidato alla paura di morire, non è vita ma è morte.
Allora il nostro è tempo di pietà. E ho pietà di me, ma particolarmente di te, di tutti, dal più profondo e fino all'angoscia, dei bambini, del tempo che verrà. Dell'erba dei prati, dell'acqua dei fiumi, delle lucertole, dei passerotti.
Ho pietà di questa generazione che trema di paura perché non potrà più correre in macchina e dovrà tornare ad accendere una candela, la sera, e attizzare la brace nel caminetto. E non ha assolutamente paura di altro.
Ho pietà della Chiesa in lotta per la 382, le sue paure per la sorte del concordato e le sue esaltazioni per il «folleggiare» del nuovo papa. E non piange e non grida, la Chiesa e la cristianità, alla terra e al cielo, per l'umanità nella mano dello sterminatore.
C'è un ministero profetico, in certi momenti della storia, nel quale la Chiesa unicamente deve ritrovare il mistero della sua missione nel mondo e viverlo con coraggio e fedeltà totali: perché qui è il suo servizio all'uomo e all'umanità.
Perché sta succedendo quello che accadeva ai tempi di Noè. «Si mangiava e si beveva anche allora. C'era chi prendeva moglie e chi prendeva marito, fino al giorno nel quale Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e spazzò via tutti».
Lo stesso avvenne ai tempi di Lot: «la gente mangiava e beveva, comprava e vendeva, piantava alberi e costruiva case, fino al giorno in cui Lot uscì da Sodoma: allora dal cielo venne fuoco e zolfo e tutti furono distrutti». Così è scritto nel Vangelo di Luca.
E nella liturgia della parola la Chiesa dice: è Parola di Dio.
Non sappiamo cosa avverrà, sappiamo bene cosa sta avvenendo: uomini si costruiscono il potere di distruggere il mondo.
E ormai ciò che rimane è la pietà da parte di Chi è di più dell'uomo e lottare contro l'impazzimento dell'autodistruzione a motivo di quella pietà fraterna che ormai è l'ultimo legame che può promettere speranza.
E nel pomeriggio ho lasciato la sala dell'accademia teologica e sono andato a perdermi fra i trentamila che per le vie di Roma gridavano la rabbia di popolo contro il potere della logica distruttiva di un mondo consumistico ed egoista, pilotato verso la rovina, dalla ragione conomica del profilo ormai veramente impazzita. E fra tutta quella folla mi pareva di essere soltanto una pietà che camminava ad implorare, con questa liturgia, la salvezza.
Ma avevo quasi lo sgomento che quel camminare fosse come sulla strada del Calvario.
Sirio
P.S. La relazione sull'energia solare come speranza alternativa è stata tenuta dalla Prof.sa Giovanna Conforte, docente dell'Istituto di Fisica dell'Università di Roma. In quella occasione mi è stato dato di conoscere e apprezzare la profonda umanità della Conforto e porto nel cuore la convinzione dell'impossibilità di una sua qualsiasi responsabilità di collusione terroristica, della quale, a seguito dei noti avvenimenti, è stata incriminata.
E' giusto e doveroso per me esprimerle tutta la mia fraterna solidarietà comunque si risolvano i procedimenti a suo carico.
Sirio
in Lotta come Amore: LcA luglio 1979, Luglio 1979
Luigi Sonnenfeld
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