Dalla comunità degli amici

Ho letto con attenzione «Lotta come Amore» e non potete immaginare quante delle mie difficoltà e perplessità degli ultimi tempi vi abbia trovato.
Certo questo stato di crisi è generale, perlomeno tra i «compagni» e tutti quelli che in questi ultimi tempi hanno sperato in più o meno utopiche, più o meno vicine rivoluzioni.
Ora che i tempi si presentano lunghi se non disperatamente infiniti, la fatica ci è crollata improvvisamente addosso.
Intendiamoci, non si tratta di una fatica uscita dal nulla: essa covava sempre in noi, qualche volta usciva anche fuori, ma era sempre tenuta sopita dalla speranza; quando quest'ultima si è scolorita ecco che la fatica è rimasta libera di opprimerci, non solo facendosi sentire con tutto il suo peso, ma anche con tutti i suoi interrogativi. A che vale la fatica se non c'è più speranza?
Pure, non riesco ad arrendermi, e non solo perché finché c'è vita la speranza è dura a morire, riscopro in me le ragioni concrete che mi hanno portato, in una ormai lontana adolescenza, a lottare. Questa crisi a modo suo è stata, almeno nel mio caso, anche salutare. In fondo è estremamente facile vivere sugli entusiasmi, mentre la vita - e voi certo lo sapete meglio di me - è tutt'altro che costituita da questi ultimi. Questa crisi, con la sua distruzione dei miti e delle facili speranze, con il suo gettarci in faccia gli egoismi e la violenza del mondo, mi ha schiacciato contro la realtà. Ma non era questo in fondo quello che volevamo, non era la reale realtà che cercavamo?
Non è forse per essere reali, per agire nella realtà che siamo usciti dalle parrocchie, dall'aria umida e solitaria di inutili sacrestie? E la realtà del mondo, del mondo nel quale siamo chiamati ad agire, non forse fatta di egoismo, violenza, disperazione, ignoranza d'amore? Anche se non solo di questo, grazie a Dio.
Il mondo, tra Cristo e Barabba, sceglierà sempre Barabba, e non mancheranno mai le buone ragioni politiche per lavarsene le mani.
Nella tempesta della crisi alcuni lati della mia fede si sono incrinati ed è stata una fortuna perché erano proprio dei lati brutti. Facile avere fede quando tutto fila a gonfie vele, ma quando il vento cala molti preferiscono cambiare barca.
Oggi la mia fede è diventata estremamente povera, ridotta all'osso, ma per questo forse la sento più forte, e più forte sono io a tenere contro le intemperie della vita.
Per questo credo non mi arrendo. Perché se la mia fede mi fa forte nella fatica di vivere, tanto più forte (e spero sapiente) mi farà nella gioia di vivere.


Resistenza non resa
Ti scrivo con l'amarezza dentro per la strage fascista a Radio Città futura, e con la rabbia di assistere a tutti questi episodi di violenza e di intimidazione quotidiana, senza essere realmente organizzato con giovani, donne emarginati, che sono insoddisfatti per questa vita, per questa società, per queste ingiustizie, ma che purtroppo, come molti di noi, assistono assuefatti e sfiduciati ad una crisi che, secondo me, si fa sempre più profonda e diventa sempre più dolorosa per noi.
Certo questo, non ci deve spingere a mollare tutto, anche se la tentazione è forte; è forte però anche la convinzione della inutilità di una vita preservata e non compromessa, nelle lotte di liberazione. Ognuno nella propria realtà, cerca di creare un'aggregazione che riesca ad opporsi a questo stato di cose, che tuttavia spesso ci travolge senza che ce ne rendiamo nemmeno conto.
Questa disgregazione, questo stato di cose che sembra eterno ed irreversibile, spinge tanti come me ad abbandonare, o a scegliere la via diretta della violenza. Ma sia l'una e l'altra risposta creano maggiore disgregazione, maggiore scetticismo, maggiore chiusura delle mentalità, maggiore clima di paura, di restaurazione autoritaria, di impotenza ed inazione di massa.
Ecco allora chiaro il valore che ha una presenza di fede, un credere nell'utopia da realizzare, un aver speranza nell'agire anche laddove tutto sembra buio ed «irreversibilmente inesorabile», che è la presenza del cristiano, come segno di contraddizione, di lotta permanente, di fiducia nelle lotte intraprese per la dedizione totale alla Verità, a Dio, alla giustizia e all'amore da realizzare nel mondo tra gli uomini, soprattutto quando, come in questa epoca tutto crolla, nessun appiglio razionale sembra esistere, tutto è condizionato da giochi di potere, da interessi egoistici, da una dimenticanza totale del valore dell'uomo in se stesso e del suo rispetto.
«da una lettera di un amico»



in Lotta come Amore: LcA luglio 1979, Luglio 1979

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