Un segno sulla strada

Noi di questa piccola, insignificante, comunità con queste pagine di questa lettera stampata, salutiamo con fraterno Amore tutti gli amici che, pure spesso in condizioni di vita diverse dalle nostre, guardano a noi come a qualcosa che significa per loro una mano da stringere con particolare calore di affetto e di fiducia, come dire: di voi ci fidiamo totalmente.
Non è piccola responsabilità per noi questa fedeltà a tutta prova e sappiamo bene quanto sia allargata a valori non soltanto umani di amicizia, di onestà, di disinteresse ma anche e particolarmente, a motivi di Fede, di coerenza cristiana, di comunione e partecipazione a tutta la realtà umana di questo nostro tempo.
Forse, a ben pensarci, non siamo più di un semplice cartello stradale, di una segnaletica affettuosa e premurosa, per aiutare il cammino ormai diventato sempre più traffico caotico, congestionato, sulla strada della vita, della storia.
Un'indicazione semplice e umile, come un richiamo di memoria, che questa è la strada giusta per arrivare là dove vuoi arrivare, qui puoi fermarti a magiare e a bere o se non altro a riposare un poco nella pace, perché è possibile parlare, scambiare quattro chiacchiere a cuore aperto e posare a terra, almeno per un respiro, quel grosso fardello che ti pesa sul cuore.
Ma non solo tutto questo e molte altre cose ancora, sarebbe bellissimo che fossimo, ma - ormai le immagini si accavallano, forse provocate dal clima estivo e di ferie - ma vorremmo, anche essere una specie di carta topografica e meglio ancora geografica, dove trovi il mondo intero disteso lì davanti e, almeno con il dito e più ancora con l'anima, ti abbandoni ad itinerari al di là di ogni orizzonte, a vastità universali, planetarie, fino a perdersi in quell'infinito che non è parola vaga e nebulosa a indicare l'inesistenza ma spazio concreto dove lo Spirito vive la vita.
E dove quindi ogni giorno e ogni notte palpita il suo più vero vivere la nostra esistenza. Essere segnaletica sicura e fedele a indicare la strada sulla quale camminare la fatica di ogni giorno, di ogni momento verso queste terre e questi cieli, non è impegno da poco anche se dolcemente esaltante. Tanto più che esige un chiaro e preciso rapporto estremamente complesso e difficoltoso fra condizioni spesso, chissà perché, inconciliabili o almeno così sembra.
La liberazione, cioè il raggiungimento. di un minimo di livello di dignità, di verità umana, è tutta nel demolire questa prigione d'inconciliabilità e nell'ottenimento di questo dolcissimo, adorabile equilibrio che vuoi dire integrazione di valori, pienezza di vita, verità di esistenza.
E più ancora vuol dire il cento per uno dalla buona terra della Fede.
I problemi nei quali affogano gli ideali più prestigiosi e anche i sogni più esaltanti si seppelli-scono miseramente, sono il quotidiano, i tempi lunghi (quanto?), l'eterno. In altre parole: il personale, il collettivo, l'universale. In altre parole ancora: il privato, il pubblico, l'umanità.
L'immediato, il progetto, la storia. Qui, là dovunque. Oggi, domani, sempre...
L'immagine della Trinità è segnata, scritta nel destino di ogni essere umano. E il suo segno è indelebile, può essere coperto da un velo o da una montagna, ma esplode e si libera o prima o poi, per violenza d'Amore o per disperazione.
Perché la sbriciolatura, la frantumazione dei tre segni, realtà, valori, condizioni essenziali di vita, si cercano incessantemente, reclamati inesorabilmente da quel richiamo unitario che costituisce la vita vera, determinata dall'essere l'uomo immagine e somiglianza di Dio.
(Chissà perché dimentichiamo così tanto, anche noi credenti, questo destino che ci aiutereb-be, a luce piena, per vedere chiaro nella storia della nostra vita e in quella del mondo).
Il componimento delle separazioni, d'altronde così assurde, innaturali, nell'unità, è condizio-ne decisiva per il nostro ritrovarci e ricostruirei come essere umani e quindi per una speranza e, più ancora, per una concreta prospettiva di vita.
Bisogna che ciascuno di noi si sottoponga ad un'analisi accurata e coscienziosa (ah! quei tem-pi quando ti diceva tutto il padre confessore e più ancora il direttore spirituale e tu avevi soltanto quel dovere della «virtù» dell'obbedienza!).
Non è facile riordinare il privato con il pubblico e viceversa e illuminare a giorno gli angoli bui e tenebrosi alla luce del sole dell'universale. Dilatare il quotidiano nelle vastità di un progetto, precisando ideali e addirittura utopie, è sicuramente impresa poco saggia, sa di pazzia, di assurdità, eppure può decidere dello spalancarsi della tua prigione e di non essere più un ergastolano. Perché le quattro mura della tua casa (e quanto più è stracolma di ogni attrezzatura di benessere e di eleganza, tanto più) sono il carcere dove si rigira sempre più soffocante la tua solitudine, se, non apri finestre e porte all'umanità intera come all'aria nuova del mattino e al sole che nasce ogni giorno.
Perché siamo stati chiamati e destinati a respirare non a soffocare, alla libertà non alla schiavitù. Ma forse devi ancora imparare che tu non sei tutto, principio e fine di ogni cosa. La ragio-ne, l'importanza, il valore delle cose e delle persone, degli avvenimenti, della storia, non nasce da te. E' stupidità quella fatica di convergenza e spesso è così estenuante e richiede prezzi spaventosi quella convergenza di tutto e di tutti su quel punto che sei tu. Non sei un assoluto ma una pura e semplice relatività. Il tuo valore è proporzionale soltanto a quanto puoi significare per gli altri, in termini e valori di Amore, motivi di gioia, di liberazione, di speranza. Diversamente il tuo punto è uno zero che se non si trova allineato a ciò che è almeno un «1» non vale niente: non sei nemmeno un numero.
Piccoli eppure enormi problemi perché stanno caricando questo nostro tempo e la gente lo vive, di spaventosi pesi d'infelicità, che vuol dire, tradotta in esemplificazioni concrete questa infelicità, nel non trovare più ragione di vita, interesse al vivere, giustificazione al lavoro, capacità di Amore, la gioia di un bicchiere di acqua fresca, l'estasi di un cielo stellato, il dolcissimo stupore della novità, la sorpresa dell'imprevisto, l'attesa dell'imprevedibile, l'esaltazione della lotta, la contemplazione dell'utopia, la misteriosità adorabile di Dio...
Una freccia in cima ad un palo sul ciglio della strada, al crocevia: ecco è di qui! L'indicazione è perché quella strada è già stata percorsa, è conosciuta per esperienza: è soltanto questa la giustificazione per quella freccia, al bivio, che, può essere anche tanta presunzione, noi vorremmo essere e offrire.


in Lotta come Amore: LcA luglio 1979, Luglio 1979

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