Solitudine e Infinito

Forse, può darsi che solitudine e infinito siano sinonimi: in fondo è possibile che esprimano la stessa condizione interiore. Sta il fatto che la comprensione dell'infinito, spaziosità illimitata, distesa senza misura è realizzabile soltanto nella solitudine. Cioè nella condizione in cui nemmeno una pietra è ad occupare spazio, una stella a segnare confine, nessuno a chiedere qualcosa e tanto meno a prospettarsi come finalità. E' il semplice essere niente, è la liberazione da ogni attesa e tanto più da ogni pretesa. Perché anche l'aspettare spesso è imprigionarsi. E un chiudersi, il desiderio. E un legarsi l'amicizia.
Vi sono due modi di stabilire rapporti con il mondo, le cose, le persone, i problemi ecc. Il primo modo è quello a seguito del quale tutto può diventare importante, decisivo per il semplice fatto che si assolutizza il suo valore: diventa cioè essenziale, è impossibile farne a meno, condiziona, spadroneggia, occupa tutto. Questo modo di rapporto è determinato dalle cose, dalle persone, dai problemi ecc. Diventano motivi di vita. Entrano a far parte della vita e quanto prima in condizioni di dominio assoluto. Diventano la vita stessa. Quando questo succede si rimane senza spazio, senza respiro, senza nemmeno coscienza di se stessi. E' chiaro che diventa impossibile pensare, cioè provare la gioia di avere pensieri, capacità di riflessioni, semplicità e immediatezze di cuore. E' una terribile tristezza, a ben pensarci, questo vivere che non è per niente la propria vita, ma innumerevoli surrogati, questo essere totalmente sostituiti, questo terribile vuoto di se stessi. Può succedere di sapere tante cose (quante in questo mondo tutto informazioni, nozionistico e culturale) e non sapere niente di se stessi. Perché non esiste uno specchio nel quale vedere riflessa la propria interiorità. Il volto dell'anima chi lo conosce, chi ha guardato fin nel profondo di se stesso per scoprire e conoscere la propria identità?
Vi sono stati momenti in cui erano apparsi ideali stupendi all'orizzonte della vita. Poi sono scomparsi, svaniti. Ciò che li ha sostituiti sono realtà pratiche, concrete, è vero, ma terribilmente miserabili al confronto.
Si sono prospettate possibilità di scelte per progetti di vita adorabili, meravigliosi, esaltanti, ma poi ci siamo voltati da un'altra parte e abbiamo preso altra strada. Ogni tanto affiora il rincrescimento, qualche ritorno di memoria, attimi di un ripensare che forse sarebbe stato meglio diversamente. Ma poi con rassegnazione, come il cavallo il cavaliere e l'asino il suo basto, le spalle si curvano, ma più ancora il cuore, sotto il peso del fardello e si riprende il solito cammino sulla solita strada.
Piuttosto che il momento della rassegnazione che spesso è soltanto passività come fuoco che va spengendosi, sarebbe l'occasione propizia per tentare il secondo rapporto con le cose, il mondo, la vita ecc. Il momento cioè di affrontare con coraggio la solitudine e cercare di trovarvi la terra adatta, il clima giusto per riprendere vita, animarsi e riaccendere a fuoco vivo la speranza.
Perché la solitudine è immenso valore e fondamentale, nella vita. Il nascere è uscire da un rapporto di comunione e l'inizio della solitudine. Entrare nella vita è cominciare a vivere da soli. E' molto vero assai di più di quello che immaginiamo. Ognuno è unicamente se stesso nella vita fisica, almeno nelle realtà vitali, essenziali: la superficie epidermica del nostro corpo racchiude uno spazio che è solitudine. Viviamo fisicamente da soli e rifacendosi totalmente a se stessi e moriamo da soli. Ma così è anche il nostro spirito, la nostra interiorità. Dipendenti e condizionati spesso in maniere orrende, prepotenti e in misure da schiavizzazione, pure la personalità, cioè il noi stessi, non scompare nella soffocazione, si affaccia spesso ed emerge, forse in modi assurdi, ma rivela la propria esistenza. Ma tanto più il noi stessi è quel segreto che si muove nel nostro fondo e sottofondo, certa misteriosa sensibilità, strane paure, spesso impressioni inspiegabili: affiorano sogni, ideali, fascini improvvisi, da chiudere gli occhi per un attimo, come rapiti, portati via da visioni improvvise, per poi riscuotersi come costretti a ritoccare terra e viene da scuotere la testa come per scacciare qualcosa: no, sarebbe il momento giusto e infinitamente prezioso per fermare quelle visioni, quelle impressioni, quegli schiarori improvvisi. Perché è la solitudine del se stessi che si manifesta e reclama attenzione per un raccogliere ciò che è disperso, frantumato, richiamare il dimenticato, risognare il progetto. Il tuo vero essere, la tua umanità, il tuo te stesso, è quella solitudine, cioè il tuo essere solo, solo tu, unicamente tu.
La liberazione, cioè il ridimensionamento di tutte le cose, lo sgombrare ogni valore da accentuazioni artificiose e sciocche, il ritrovare pace e lasciar cadere ogni sopraffazione, la capacità istintiva - questa coscienza illuminata di dare a ciascuna cosa il suo giusto valore e decidere attivamente, per precisa scelta, la qualità e la misura di rapporto e di riflesso con se stessi e con la vita, - questa liberazione è avvio a prendere coscienza dell'insostituibile valore della solitudine.
E' cominciare a salire il pendio della montagna, lasciandosi dietro il mondo a rimpiccolirsi sempre più, a perdere cioè le dimensioni moltiplicate dai nostri egoismi e dalle nostre schiavitù. E' aprire la nascosta porta dell'eremo che è il proprio cuore, dove entrare e rimanere nel segreto a cercare di conoscere il «mio cuore». E poi il silenzio della vastità dello spirito s'impone e apre alla conoscenza dell'anima, cioè di quel mistero nascosto nella profondità del proprio «io». Perché non conoscere l'anima è non sapere nulla di se stessi. E allora è ridicola e penosa la conoscenza anche di tutte le scienze e filosofie e teologie...
In questa solitudine una volta ottenuta - e può essere indispensabile uno spazio di tempo e un lungo silenzio, ma più che tutto è problema di liberazione perché il silenzio potrebbe essere spengere il televisore o chiacchierare assai di meno o leggere qualcosa di più «silenzioso» e la realtà dell'anima è una montagna dalle sette balze e deserto sterminato per chi si mette sulle sue strade - in questa solitudine avverrà il miracolo di essere soli eppure meravigliosamente insieme. Perché I'incomunicabilità - questo cancro della pace del nostro tempo - è soltanto la solitudine accolta ed amata che può risolverla ed aprirla fino alla tenerezza e alla gioia del vivere insieme.
E' la solitudine che vince gli egoismi perché è superamento e liberazione dal particolarismo e, può sembrare strano ma è così, dal privato, dall'istinto della privatizzazione, dalla tentazione all'individualistico.
La solitudine è lo spazio abitabile da folle, moltitudini, popoli, umanità intera. L'unico spazio dove «l'altro» può ritrovarsi come a casa sua.
E più ancora Dio è nella solitudine. Cioè dove è possibile l'incontro d'Amore. Il tu per tu, a faccia a faccia, Dio e unicamente l'uomo. Spesso non c'incontriamo con Dio perché non siamo soli, cioè io solo, liberato e purificato da tutta quella sopraffazione che seppellisce la nostra identità fino alla sparizione, da non poter nemmeno scorgere l'ombra di noi stessi.
La solitudine è l'unica condizione di vita dove è impossibile l'idolatria.
E quindi dove Dio è veramente Dio.


Sirio


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1978, Ottobre 1978

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -